IL CONFLITTO TRA GRECI E PERSIANI

IL CONFLITTO TRA GRECI E PERSIANI

IL CONFLITTO TRA GRECI E PERSIANI


GUERRE PERSIANE
Con il termine Guerre Persiane si definisce la sequenza di conflitti combattuti tra le poleis greche e l’Impero Persiano, iniziati intorno al 500 a.C. e continuati a più riprese fino al 449 a.C.
Alla fine del VI secolo a.C., Dario, “Gran Re” dei Persiani, regnava su un impero immenso che si estendeva dall’India alle sponde orientali dell’Europa.
Nel 546 a.C. infatti, il suo predecessore, Ciro il Grande, fondatore dell’impero, aveva sconfitto il re della Lidia, Creso, e i suoi territori, comprendenti le colonie greche della Ionia, furono incorporate all’Impero Achemenide.
Le città stato ancora governate da sistemi tirannici condussero ognuna per proprio conto l’annessione all’impero persiano, la sola Mileto riuscì a imporre le proprie pretese. Questa situazione di frammentazione aveva comportato la perdita definitiva da parte delle colonie di ogni indipendenza e una drastica riduzione della loro importanza commerciale, a causa del controllo totale che i Persiani esercitavano sugli stretti di accesso al Mar Nero.
ECONOMIA
L’estensione dell’impero persiano era tale da comprendere territori con caratteristiche climatiche assai diverse.
La produzione economica perciò assicurava l’autosufficenza e le merci venivano rapidamente trasportate grazie alla capillare rete stradale, ma anche di favorire gli scambi sia con l’oriente (India,Cina,Arabia), sia con l’occidente.
CAUSE DELLA PRIMA GUERRA GRECO-PERSIANA
Lo sbarco in Grecia voluto da Dario andava contro la sua politica trentennale, basata sul consolidamento dei confini del vasto Impero Achemenide.
Infatti può essere considerato il suo primo vero tentativo di espansione territoriale, considerando la conquista della Tracia più utile a rendere sicure entrambe le sponde dell’Ellesponto.
La campagna intrapresa contro la Grecia ebbe ragioni più profonde e che non delineavano apertamente l’obiettivo finale.
Si voleva punire Atene ed Eretria, ritenute colpevoli di aver aiutato le città ionie ribelli nella rivolta ionia, o conquistare tutta la Grecia? Comunque sia, Erodoto sostiene che il sovrano chiese a tutte le poleis greche di fare atto di sottomissione, per poi intervenire contro quelle a lui ostiche.
Infatti Atene giustiziò gli ambasciatori quando seppe che ad Egina, la quale aveva ceduto alle pressioni persiane, era stata restaurata la tirannide del ben noto Ippia.
Sicuramente era intenzione di Dario vendicarsi contro coloro che avevano aiutato i rivoltosi ionii, città che vennero infine attaccate, ma le sue mire andavano più in là, oltre l’episodio di Sardi.
Dopo la cacciata di Ippia da Atene, egli trovò rifugio alla corte Achemenide chiedendovi aiuto per un suo ritorno come tiranno in patria, fornendo in cambio una base di appoggio dalla quale conquistare l’intera Ellade.
Forse questo motivò l’ambizione di Dario che avrebbe potuto con una guerra di espansione competere con le figure dei suoi predecessori: Ciro il Grande e Cambise II.
Da non sottovalutare che dopo la rivolta ionia, si era aperta una ferita nel mondo greco, tenere una popolazione metà nelle strutture dell’Impero e metà fuori non poteva che far esplodere nuove tensioni.

Nel 492 a.C. Mardonio tentò l’impresa della conquista greca, dopo aver eliminato tutti i tiranni nelle poleis asiatiche e soggiogato il regno di Alessandro I di Macedonia, ma fallì a causa di una terribile tempesta presso il monte Athos, nella penisola calcidica, che distrusse la flotta.
SINTESI DEGLI SCONTRI
Nonostante l’insuccesso, nel 490 a.C. la spedizione fu ritentata sotto il comando del generale Dati e di Artaferne.
La flotta persiana passò per Samo, espugnò Nasso, sottomise il resto delle isole Cicladi e proseguì verso Eretria e la distrusse.
Atene a quel punto si ritrovò da sola a fronteggiare l’esercito persiano: l’unico aiuto che ricevette fu quello della città beotica di Platea, che inviò un contingente di mille opliti.
Grazie alle capacità militari di Milziade riuscì a resistere alle truppe guidate da Dati e i Persiani furono sconfitti nella Battaglia di Maratona (settembre 490 a.C.) e respinti sulle navi.
Secondo il mito l’esito positivo di questo scontro fu riportato direttamente dal campo di battaglia ad Atene da Filippide: la sua impresa che consisté nel ricoprire tale distanza correndo è ricordata ancor oggi con, appunto, la gara atletica della maratona. A quel punto, il resto delle truppe persiane capitanato da Artaferne e pronto per un attacco via mare, pensò di sfruttare l’occasione: la flotta mosse verso Atene, doppiando Capo Sunio, con la sicurezza di poter sbarcare incontrastata al Pireo e trovare Atene indifesa, visto che tutto l’esercito si trovava a Maratona.
Milziade, però, intuito il piano nemico, ricondusse i suoi uomini a marce forzate verso la costa occidentale, così che, quando i Persiani arrivarono in vista del Pireo, trovarono l’esercito ateniese già schierato e rinunciarono all’impresa, tornando in Persia.
La polis a quel punto decise di intraprendere, nel 489 a.C., una spedizione per liberare le isole Cicladi dai Persiani, ma con esito negativo, poiché l’isola di Paros, alleata dei Persiani, resistette.
La sconfitta costò a Milziade la carriera; fu anche accusato di complicità con il nemico e di aspirare alla tirannide, e subito dopo morì, a causa di una ferita alla gamba, riportata durante la battaglia, non curata e perciò andata in cancrena.

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