IL CINQUE MAGGIO

IL CINQUE MAGGIO

ANALISI

Alessandro Manzoni


Il 5 maggio del 1821 Napoleone moriva nell’esilio dell’isola di Sant’Elena, nel centro dell’Atlantico. La sua scomparsa destò un’enorme impressione, nonostante l’imperatore fosse uscito di scena ormai da sei anni.

Si racconta che Manzoni, profondamente colpito da quella morte, compose l’ode in soli tre giorni. La straordinaria esistenza di Bonaparte rappresentava, ai suoi occhi, la manifestazione più emblematica del raggiungimento della gloria mondana e della sua eclissi. La morte pone gloria e caduta di fronte al giudizio della storia e soprattutto a quello di Dio.


METRO

Diciotto strofe di sei settenari ciascuna. Il primo, il terzo e il quinto verso sono sdruccioli e privi di rima; il secondo e il quarto sono piani e rimanti tra loro; la rima tronca del sesto verso lega le strofe a due a due.


ANALISI 

Ciò che per prima cosa colpisce l’orecchio, alla lettura del Cinque maggio è il ritmo fortemente scandito dei suoi settenari. L’abbondante presenza di versi sdruccioli comporta, oltre alla scelta di un certo numero di latinismi (solio, sonito, subito, Tanai, scernere, manipoli, floridi, coltrice), il continuo ritrarsi e allungarsi della cadenza e l’uso frequente dell’enjambement. Le parole sdrucciole, infatti, sono in maggioranza aggettivi e avverbi (immobile, immemore, attonita, subito, ecc.), categorie grammaticali che raramente concludono la proposizione. Le inarcature dopo i versi sdruccioli risultano, perciò, marcate dal sovrapporsi di due opposte tensioni: quella a staccare i versi, dovuta alla metrica (lunga pausa bisillabica dopo l’ultimo accento), e quella a legare i versi, dovuta alla sintassi. Anche all’inizio del verso, Manzoni opera in modo da evitare una monotona uniformità ritmica dei settenari; il tipo di verso scelto, piuttosto breve, permette la prima battuta solo sulla prima o la seconda sillaba, ma questa possibilità di variazione è sfruttata appieno, con una continua alternanza delle due scansioni ritmiche iniziali, che producono una cadenza palpitante, come di sistole e diastole. 

La sintassi dell’ode alterna frequentemente (specie nella prima metà) sentenze concise e proposizioni più ampie; ne risulta così un ritmo espressivo oscillante tra contrazioni e rilassamenti, che riprende, sotto un altro aspetto, lo stesso movimento già notato a livello metrico. Si prendano ad esempio i primi due periodi: il primo occupa due sillabe (Ei fu), il secondo si stende sino al termine della seconda strofa, e mentre uno consiste in una sola proposizione, l’altro è composto da una principale e da quattro subordinate. La forma sintattica dei periodi tende ad imitare gli stati emotivi suggeriti dal contenuto. Dopo l’ Ei fu iniziale, altre frasi brevissime e analoghe alla prima per costruzione (tutto ei provò…Ei si nomò… ei fe’ silenzio…E sparve) segnano i nodi essenziali della narrazione. Quando l’atteggiamento è riflessivo, le frasi si dispongono con complesse articolazioni di subordinate, inversioni sintattiche e ricchezza di aggettivazione (vedi ad es. i vv 1b-12, 19-24, 32b-36, 61-68, 91-96, 99-102). Per contro, le serie di parole coordinate o correlate compaiono nella III strofa (cadde, risorse e giacque), ritornano nella V (Dall’Alpi alle Piramidi…) per culminare nell’VII, occupata da un solo verbo, dalla sequenza di cinque complementi diretti e da una duplice frase nominale (due volte nella polvere, / due volte sull’altar). La presenza via via più ampia della paratassi, nelle prime strofe, corrisponde all’accentuarsi della concitazione narrativa ed emotiva. Dalla X strofa in poi, l’ode è complessivamente dominata da un tono meditativo, ma nella XVI strofa, dove il turbinoso movimento delle azioni militari riprende forma nel ricordo, ricompare il ritmo incalzante e la costruzione paratattica dell’VIII. 

Anche a livello tematico, l’ode può essere suddivisa in due sezioni, che hanno rispettivamente per oggetto il tempo della gloria e il tempo del silenzio nella vita di Napoleone. Nella prima, l’immagine dell’ex imperatore morto costringe il poeta – e il mondo intero – a rievocare la storia grandiosa delle sue imprese (vv. 1-54). La decima strofa fa da cerniera tra le due parti: segnala il permanere dei sentimenti suscitati dal Bonaparte (invidia, pietà, odio, amor), e l’uscita della sua persona dalla scena politica (espressa in modo lapidario: E sparve). Nella seconda sezione dell’ode (vv. 61-87), si smorzano di colpo i clamori e le accese emozioni della ribalta mondana, e il testo si volge a raffigurare la vita interiore e sconosciuta di Napoleone in esilio. Già nelle prime strofe il poeta si è dichiarato immune da sentimenti personali nei confronti del grande personaggio e si ritiene  perciò abilitato a penetrare nel segreto di quell’anima.

Le strofe dedicate all’isolamento di Sant’Elena racchiudono, a loro volta, due movimenti simmetrici e opposti alla parabola politica del Bonaparte: la caduta (ma questa volta spirituale, nella disperazione) e la risalita (nella speranza religiosa). L’intera esistenza di Napoleone appare allora una vicenda esemplare sulla quale sviluppare una riflessione morale. Nonostante la rapida stesura, il Cinque maggio non è affatto una lirica improvvisata, ma nasce dalla lunga meditazione sulla sorte degli uomini, ed è pertanto legata agli Inni sacri (C.F. Goffis); la composizione dell’ode avvenne infatti durante il travagliato periodo di gestazione della Pentecoste, con cui presenta contatti linguistici, figurativi e concettuali.