IL CAVALIERE INESISTENTE

IL CAVALIERE INESISTENTE

Romanzo di Italo Calvino


TRAMA

Suor Teodora è intenta a scontare la  penitenza affidatale dalla badessa, che consiste nello scrivere un libro. La religiosa descrive un pomeriggio di prima estate caldo ma nuvoloso: sotto le mura di Parigi è schierato l’esercito di Carlomagno, l’imperatore passa in rassegna i paladini. Tra sporcizia, fango e sangue, un cavaliere sembra quasi irreale: l’armatura bianca, senza alcun graffio, il  pennacchio dai colori cangianti, la voce metallica e vibrante e il portamento regale. Si tratta di Agilulfo Emo Bertrandino dei Guildiverni e degli altri di Corbentraz e Sura, cavaliere di Selimpia Citeriore e Fez, detto anche il cavaliere inesistente, la sua armatura è vuota, ed esso sussiste solo grazie alla sua grande forza di volontà. Agilulfo era il più abile e anche il più triste soldato dell’esercito francese, aveva atteggiamenti alteri che lo rendevano sgradito a tutto l’esercito, e per questo era privo di amici.


*      *     *

Agilulfo una notte, vagando tra i padiglioni, si imbatté in un giovane cavaliere, di nome Rambaldo, angosciato al pensiero della battaglia prevista per l’indomani. Rambaldo rimase molto colpito dalla sicurezza di Agilulfo e da subito provò grande ammirazione per lui, e per i suoi modi razionali. Il giovane cavaliere era molto deluso dalla vita nell’accampamento. La sufficienza con cui i componenti dell’esercito svolgevano le proprie mansioni lo aveva lasciato profondamente amareggiato. Nonostante tutto, spinto dalla volontà di vendicare suo padre ucciso dall’argalif Isoarre, si presentò sul campo di battaglia deciso a raggiungere il suo scopo, dopo una cruenta battaglia riuscì ad uccidere l’assassino di suo padre, anche se poco onorevolmente. Sulla strada del ritorno cadde in una imboscata di due cavalieri arabi, dalla quale fu salvato da un misterioso cavaliere, inseguendolo con l’intento di ringraziarlo, lo sorprese nei pressi di un fiume, capendo che il suo salvatore era in realtà una donna. Tornato al campo scoprì da alcuni compagni che si trattava di Bradamante, una coraggiosa donna amazzone dal carattere scontroso. Il giovane si innamorò della guerriera, non sapendo che essa era presa d’amore per il paladino Agilulfo. Rambaldo vagando ancora per l’accampamento incontrò Torrismondo, un altro giovane cavaliere, scontroso e sognatore, anch’egli deluso dalla vita militare. Questo, stufo dell’atteggiamento perfezionistico del paladino inesistente, durante un banchetto organizzato per i paladini alla presenza dell’imperatore, accusò Agilulfo di non potersi fregiare del titolo di cavaliere, in quanto la donna da lui salvata dai briganti quindici anni prima in realtà non era vergine, ad Agilulfo sarebbe spettato solamente un riconoscimento ma non il titolo di cavaliere. Torrismondo affermò di essere figlio di quella donna, e così, negando di essere figlio dei duchi di Cornovaglia ricusò anch’egli il titolo di cavaliere, che tuttavia gli sarebbe spettato se avesse dimostrato di essere figlio di un dei cavalieri del Santo Graal. Fra i due cavalieri si aprì un acceso dibattito che destò molto scalpore nell’accampamento, e Carlo Magno invitò i due interessati a fornire delle prove per suffragare le proprie tesi. Agilulfo partì alla ricerca della vergine con il folle scudiero Gurdulù, affidatogli da Carlomagno in persona.  Bradamante, sconvolta dalla notizia della partenza di Agilulfo, si preparò rapidamente a partire con l’intento di inseguirlo; al suo seguito partì Rambaldo, deciso a seguire Bradamante. Dopo avere girato per il mondo Agilulfo giunse al monastero dove Sofronia, la donna da lui salvata, si era rifugiata dopo l’incontro con il paladino, lo trovò distrutto e seppe da un contadino che tutte le suore erano state rapite dai saraceni e portate in Marocco. Così il cavaliere si imbarcò su una nave e partì alla volta del Marocco deciso a ritrovare la donna. La nave durante il viaggio si scontrò con una balena e naufragò. Grazie alla sua stravagante natura Agilulfo, affondato a causa del peso della corazza, giunse ugualmente in Marocco camminando sul fondale del mare, ivi Sofronia era stata promessa in sposa al Saladino di quella regione; con estrema abilità l’eroe liberò la donna e con lei si imbarcò per la Francia su di una nave, che naufragò anch’essa in prossimità delle coste francesi. Agilulfo riuscì a portare in salvo la donna e, lasciandola in una grotta a riposare, corse da Carlo Magno per riferirgli del ritrovamento, aveva scoperto oltre tutto che la monaca era ancora illibata. Intanto Torrismondo aveva raggiunto i cavalieri del Santo Graal e deluso dalle loro eccentriche ideologie cominciò ad errare per le nazioni senza una meta. Giunto in una grotta, vi trovò proprio Sofronia, e, folgorato dalla sua bellezza se ne innamorò. Sopraggiunti, Agilulfo e Carlo Magno sorpresero i due amanti: Agilulfo non potendo provare la verginità della donna, fuggì disperato per aver perso il suo onore. Anche Torrismondo si allontanò non sopportando l’umiliazione di avere provocato l’orribile incesto, tuttavia tornò ben presto indietro, accorgendosi che la donna non poteva essere sua madre, in quanto fino al loro incontro, era vergine. Sofronia spiegò la verità ai presenti, ella non era infatti la madre di Torrismondo, bensì la sorellastra. Rambaldo, felice, corse allora dal paladino per portargli la buona notizia, ma, arrivato in un bosco, trovò l’armatura bianca, abbandonata e vuota, e un foglio scritto dal paladino, che conferiva al giovane il diritto esclusivo di usare la sua splendida armatura.


*        *        *

Così Torrismondo poté sposare Sofronia e trasferirsi con lei in Curvaldia, una terra assegnatagli da Carlo Magno.

Agilulfo, dopo aver perso la forza di volontà che lo faceva esistere, svanì misteriosamente. Rambaldo errò per anni in cerca di Bradamante e infine la trovò in un convento, in cui era entrata con il nome di Suor Teodora.


PERSONAGGI

Agilulfo

Il Cavaliere Inesistente, che da titolo al libro. Viene descritto come un cavaliere dall’armatura tutta bianca -sempre intatta e priva di graffi anche dopo le battaglie più cruente- sormontata sull’elmo da un pennacchio dai colori cangianti; la voce metallica, come se fosse proprio la lamiera, vibrando, con lievi rimbombi d’eco, a formare le parole. Si presenta come Agilulfo, Emo Bertrandino dei Guildinverni e degli Altri di Corbentraz e Sura, cavaliere di Selimpia Citeriore e Fez, investito cavaliere per aver salvato una fanciulla di sangue reale da un attacco di briganti. È in realtà noto a tutti come il cavaliere “inesistente”, egli è infatti privo di corpo, è possibile  per lui combattere per la “sante causa” solo attraverso la forza di volontà e la profonda fede, che lo tengono “in vita”.  Prima di imbattersi nella principessa egli era un semplice guerriero dall’armatura bianca che girava il mondo alla ventura. Apparentemente è da considerare il migliore soldato presente nell’accampamento dei francesi, si dimostra infatti scrupoloso e intransigente: passa le giornate a dare ordini e controllare il lavoro svolto dagli altri paladini, e la più piccola manchevolezza nel servizio gli procura una sofferenza acuta, per questo motivo prova piacere nel dimostrare agli altri la sua profonda erudizione in ogni campo del sapere militare e non. Agilulfo però è anche il soldato più solo ed infelice dell’accampamento. Non esistendo egli non ha bisogno né di mangiare né di bere e di dormire . Dimostra in certi punti invidia e senso di superiorità confrontandosi con gli uomini “normali” non riuscendo a concepire le loro facoltà innate e la loro fragilità corporea. È ossessionato dalla razionalità e dai ragionamenti logici, , incapace di provare qualsiasi sentimento, nei momenti di libertà di fatto si distrae disponendo in file regolari e piramidi piccoli oggetti. Si dimostra spesso anche nobile nell’animo, sempre pronto a risanare i torti ed ad aiutare donne e uomini in difficoltà. Alla fine del racconto sentendosi ferito nell’orgoglio e nell’onore si ritira e abbandonando la sua armatura svanisce.

Rambaldo di Rossiglione

Figlio del marchese Gherardo di Rossiglione, morto durante una crociata per mano dell’argalif Isoarre. Il giovane cavaliere che si trova da un giorno all’altro catapultato nel campo militare franco, desideroso di vendicare suo padre, trova un appoggio nell’ufficiale Agilulfo, con il quale vorrebbe instaurare un rapporto confidenziale. Trovandosi in un mondo che non gli appartiene viene subito assalito dall’insicurezza e le sue illusioni sulla guerra e sulla cavalleria crollano immediatamente. Si innamora follemente della guerriera Bradamante; il cavaliere inesistente, in questa fase, diviene per lui rivale in amore. Tuttavia alla fine del racconto dimostra il suo riconoscimento e la sua stima per Agilulfo rincorrendolo per i boschi, e lo stesso paladino, che lo aveva freddamente trattato per tutto il romanzo, alla fine gli concede in regalo la sua armatura, ossia quanto di più caro abbia mai posseduto. Cresce scontrandosi con la dura realtà della guerra, alla fine egli apparirà appunto come un guerriero valoroso.

Bradamante o Suor Teodora

Viene assunta dall’autore come narratrice dei fatti, non rivela fino alla fine la propria identità. Si presenta come Suor Teodora, religiosa dell’ordine di San Colombano. Dice di scrivere le sue storie desumendo da vecchie carte trovate nel monastero, e da testimonianze sentite nel parlatorio del convento. Si mostra come una donna pia, che non conosce nulla di guerre ed amori. In realtà è una bella e coraggiosa donna, nonché abilissima amazzone. Aveva intrapreso la vita della cavalleria per l’amore che lo portava verso tutto ciò che era severo, esatto, rigoroso, conforme alla regola morale e alla precisione di movenze. Porta un’armatura splendente, un mantello color pervinca e una sottoveste color topazio, nella battaglia è abile e leggiadra. Il suo carattere si presenta forte e ostinato, e il suo rapporto con gli altri personaggi muta nel corso della storia repentinamente: inizialmente, stanca della monotonia degli uomini ricerca un compagno “perfetto”, per questo si dimostra altera e fredda con l’impacciato Rambaldo mentre perde ogni contegno e fierezza non appena si trova davanti ad Agilulfo. Al termine della vicenda contro ogni previsione abbandona il convento fuggendo con Rambaldo.

Torrismondo

Cadetto dei duchi di Cornovaglia. È un cavaliere cupo e fosco, che arriva all’accampamento insieme a Rambaldo, dalle sue riflessioni si evince la sua concezione pessimistica della vita e di tutte le cose. Dichiarerà di esser figlio di Sofronia, la figlia del re di Scozia, e di uno dei cavalieri del Sacro Gral, mettendo così in pericolo la legittimità del titolo di cavaliere di Agilulfo e del suo stesso titolo di Cadetto dei duchi di Cornovaglia. Per questo motivo il giovane andrà alla ricerca dell’ordine del santo Gral per far valere il suo onore.Si scoprirà poi che Torrismondo è in realtà il figlio della regina di Scozia e di uno dei cavalieri del santo Gral, quindi fratellastro di Sofronia, il suo diritto a essere cavaliere rimane quindi intatto. Nel corso del romanzo abbandona le proprie illusioni giovanili, legate soprattutto al Sacro Gral, e assume ideologie personali, sposa Sofronia e parte per la Curvaldia, dove si stabilisce con la moglie . Alla sua comparsa è presentato come anti-eroe del buon Agilulfo, ma nella continuazione dell’intreccio, le avventure in Inghilterra e la scoperta della verità sulla sua famiglia lo propongono come personaggio buono.

Gurdulù

Noto anche come Omobò, Martinzùl, e tantissimi altri nomi. Viene definito da coloro che lo conoscono come un uomo che c’è e non sa di esserci, è dunque per certi versi opposto ad Agilulfo, che sa di esistere ma non c’è. È un personaggio instabile e folle, che assume l’identità di qualsiasi cosa gli stia attorno, credendosi di volta in volta anatra, rana, zuppa e cavallo. Parla molto in fretta, mangiandosi le parole, passando senza interruzione da un dialetto all’altro e pure da una lingua all’altra, sia cristiana che mora. Frequenta spesso gli degli accampamenti, sia franchi che pagani, gira il mondo senza un ordine né una meta; per questo fatto è noto in ogni paese con un nome diverso e conosce tante lingue. Carlo Magno lo assegna come scudiero ad Agilulfo, e spesso il folle  si rivela più un peso che un aiuto per il paladino, ma tuttavia impara a seguirlo con devozione e rispetto, seguendolo in numerose avventure. Una volta svanito il suo padrone seguirà Torrismondo in Curvaldia.