IL CARATTERE DI DON ABBONDIO

IL CARATTERE DI DON ABBONDIO

IL CARATTERE DI DON ABBONDIO


Don Abbondio è senz’altro il personaggio più popolare dei Promessi Sposi, nonché il primo ad essere presentato. E’ la figura con cui Manzoni sfoggia tutta la sua capacità comica; la figura di Don Abbondio è infatti comicizzata da una serie di eccessi inaccettabili, nonostante siano causati da debolezze legate alla situazione del tempo e dunque causa di condizionamenti storici a cui è difficile sottrarsi. Questi eccessi sono evidenziati soprattutto dal confronto con personaggi inseriti nel suo stesso contesto sociale ma culturalmente inferiori, come vediamo nel dialogo tra Perpetua e Don Abbondio, in cui si rivela ancora il carattere schivo e pauroso del prete, che è esattamente l’ opposto di quello della sua domestica. Perpetua era dotata di una dose di determinazione, dote che certo mancava al curato. per esempio Perpetua, che è capace di trovare soluzioni accettabili ai problemi che angosciano il curato. La comicità di Manzoni dunque fa leva sulla sproporzione tra le cause e gli effetti dei fenomeni e cioè tra una realtà difficile da affrontare ed il comportamento del curato, povero di prospettive e strategie. Attraverso la comicità, intesa come parodia delle debolezze umane, Manzoni esprime una critica: Don Abbondio è infatti un personaggio negativo dei Promessi sposi in quanto male incarna i valori cristiani. Il carattere di Don Abbondio si delinea fin dalle prime pagine dei Promessi Sposi, vale a dire fin dalla scena dell’ incontro con i bravi: la paura che prova, le speranze di vedere qualcuno nei campi circostanti a cui chiedere aiuto, il desiderio di fuggire, il fatto di affrettarsi a raggiungere i bravi pur di abbreviare l’ angoscia che provava nel vederli e nell’aver capito che i due stavano aspettando proprio lui, rivelano il suo carattere vile e insicuro. Il timore di Don Abbondio si può capire poi anche dai dialoghi, dove il curato si limita a balbettare o a far ricadere la colpa su qualcun’ altro; nel primo capitolo, per esempio, attribuisce la colpa a Renzo e a Lucia, ai quali era passato per la testa di sposarsi. Non dice mai una parola che riveli coraggio, nonostante essere un curato avrebbe dovuto garantirgli una certa protezione da parte della Chiesa. Manzoni spiega inoltre il motivo fondamentale che aveva spinto Don Abbondio a diventare prete: l’ assoluta mancanza nel Seicento di leggi che proteggessero i deboli dai prepotenti e dai malvagi. Così Don Abbondio, che non era certo nato con un cuore da leone, si era presto accorto di essere nella società in cui viveva ” come un vaso di terracotta, costretto a viaggiare in compagnia di vasi di ferro “. Il curato aveva pertanto deciso di diventare sacerdote, cosa che gli avrebbe permesso di trascorrere una vita quieta e comoda, lontano dai disagi e dai problemi. All’epoca, infatti, la scelta religiosa era spesso dettata dalla volontà di acquisire immunità se non privilegi, in un tempo in cui le difese dei soggetti che non fossero legati alle strutture di potere erano ben poche. Il personaggio di Don Abbondio è quasi l’incarnazione dell’inettitudine intesa come incapacità di far fronte alle situazioni della vita, di relazionarsi con gli altri nei casi difficili, in cui occorra mostrare un po’ di decisione. Manzoni ci dice che l’inettitudine di don Abbondio è solo in parte frutto della sua indole. E’ vero che il religioso ha vissuto un’intera vita evitando impicci per non doversi trovare davanti a scelte rischiose. Ma è stata questa quasi una sua scelta obbligata in un secolo in cui “la forza legale non proteggeva in alcun modo l’uomo tranquillo, inoffensivo e che non avesse altri mezzi di far paura altrui…”. Egli cercava di non far torti a nessuno e quando doveva scegliere da che parte stare, stava sempre dalla parte del più potente. L’unica strategia conosciuta da Don Abbondio è la fuga; del resto, non sa ascoltare i pratici consigli di Perpetua e subisce anche psicologicamente tutti gli effetti della scomoda situazione in cui è coinvolto.
L’inettitudine di Don Abbondio, però, non è esclusivamente spontanea, dettata dalla sua indole, ma anche necessariamente utilizzata per proteggersi dai soprusi del tempo. Trovatosi a vivere in una società retta da prepotenti, Don Abbondio si è fatto prete senza riflettere sugli obblighi e sugli scopi della missione sacerdotale, badando soltanto a procurarsi una vita agiata e tranquilla. Si lascia governare dalla paura che, unita alla coscienza della propria debolezza e ad un eccessivo attaccamento alla vita, lo rende egoista ed irragionevole. Per la paura non vede più la luce della verità, non ode più la voce del cuore e della mente, non segue la via del dovere. Uomo meschino, soggiogato dal terrore e dal sospetto, vive schiavo delle minuzie della vita; privo di volontà, cede a tutti, dopo breve resistenza; incapace per natura a compiere il male, per viltà si fa complice e strumento dei violenti. E’ privo di cultura, è attaccato al denaro, è diffidente di tutti. Eppure, da questo spirito così meschino, il Manzoni ha ricavato il suo personaggio più attraente.
Il ritratto sapiente ed arguto è splendido di note fisiche e spirituali, di colori etici e storici, sicchè, per mezzo di don Abbondio, non solo l’autore delinea con profonda psicologia una figura eterna di uomo, ma penetra ad indagare gli aspetti più vari di un’età perversa e violenta.

Caratterizzazione sociale Don Abbondio è uno dei rappresentanti del ceto ecclesiastico. Egli è un parroco di paese troppo preoccupato a risolvere i propri problemi per essere il punto di riferimento dei suoi compaesani. Presentazione Incontriamo don Abbondio nel I cap. del romanzo, dove Manzoni ci dà l’opportunità di comprendere meglio il personaggio grazie ad una breve digressione storica sulla sua vita. «.. Don Abbondio (il lettore se n’è già avveduto) non era nato con un cuor di leone. Ma, fin da’ suoi primi anni, aveva dovuto comprendere che la peggior condizione, a que’ tempi, era quella d’un animale senza artigli e senza zanne, e che pure non si sentisse inclinazione d’esser divorato. […] Il nostro Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s’era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d’esser in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro. Aveva quindi assai di buon grado ubbidito ai parenti che lo vollero prete. […]Il suo sistema consisteva principalmente nello scansar tutti i contrasti, e nel cedere in quelli che non poteva scansare. Neutralità disarmata in tutte le guerre che scoppiavano intorno a lui…» Ritratto psicologico La storia di don Abbondio è la storia della sua paura e delle varie e diversissime manifestazioni attraverso le quali questa sua debolezza si rivela. Sotto tale aspetto, il personaggio viene studiato dall’autore con sottile penetrazione e sorridente arguzia, e con una tale sicurezza di tratti da fare di lui la figura più famosa del romanzo. La vita di don Abbondio si svolge tutta nell’orbita di un personaggio, Don Rodrigo, e sotto l’influsso di un incomodo difetto, la paura: paura quindi di Don Rodrigo, delle sue minacce e della sua forza. La nostra conoscenza di don Abbondio ha inizio quando, durante la sua famosa passeggiata serale, si incontra con due bravi di Don Rodrigo, e da lui ci congediamo quando, esultante per la morte del tiranno, si decide finalmente di unire i due giovani in matrimonio. Il Manzoni, nonostante l’uso dell’ironia come arma di disapprovazione per l’atteggiamento estrinseco di don Abbondio nei confronti della religione, in tutto il romanzo non è mai aspro con lui («il nostro don Abbondio»), poiché in caso contrario, l’asprezza avrebbe sminuito la comicità del personaggio. Egli fa strazio del suo personaggio ma nello stesso tempo è indulgente verso le sue debolezze. Tipo/individuo Don Abbondio non è un uomo cattivo, perché, per essere cattivi, occorre una buona dose di intraprendenza e coraggio, quasi quanta n’è richiesta per essere integralmente e cristianamente buoni. Ma don Abbondio non è neppure buono. Egli vive in un mondo tutto suo, costretto nella paura; soffre e si arrovella, e passa momenti che non si augurerebbero a nessuno. È un tipo, che non riesce a imparare dalle vicende che lo colpiscono. Egli non solo teme il pericolo, ma vede ostacoli e insidie anche dove non ci sono, e si crea pregiudizi e timori infondati, rinchiudendosi in un ottuso egoismo, che gli impedisce, nel modo più assoluto, di distinguere con serenità il bene dal male.