IL CANZONIERE DI PETRARCA
STRUTTURA
Petrarca si attendeva la fama e il prestigio dalle sue opere latine invece lo ottenne grazie al Canzoniere, un’opera scritta in volgare. Si riteneva continuatore degli autori classici e li emulava. Chiamava le sue opere in volgare con termini dispregiativi come bazzecole (nugae). Petrarca era fermamente convinto della superiorità del latino tanto che disse che Dante se avesse scritto la Commedia in latino avrebbe avuto più successo. Egli sosteneva anche che la lingua latina aveva raggiunto il suo massimo splendore e poteva solo essere copiata e non innovata, mentre il volgare era “vergine”. Infatti trascorse molti anni della sua vita a limare i suoi versi in volgare fino a renderli ai suoi occhi perfetti. Francesco voleva ridar lustro alla lingua antica e elevare il volgare alla dignità formale del latino. Nell’Umanesimo si avrà prima un predominio del latino poi si affermerà la letteratura volgare basata sui classici.
Al contrario di Petrarca, Dante puntava tutto sul volgare, lo difese, scrisse un trattato di retorica per il volgare illustre e scrisse il suo “poema sacro” in questa lingua. Con Petrarca il latino riconquista la sua supremazia, ma non si tratta più del latino medievale, bensì Petrarca cerca di riprodurre l’idioma letterario antico in tutta la sua purezza. Il volgare di Petrarca non è lo stesso di Dante, ma è una lingua selezionata e raffinatissima che vuole uniformarsi alla regolarità del latino.
Petrarca iniziò a scrivere versi in volgare sin dalla prima giovinezza a Bologna. In seguito raccolse questi versi e gli studiosi sono riusciti a ricostruire ben 9 redazioni diverse. La sistemazione definitiva risale al 1374, l’ultimo anno di vita del poeta ed è contenuta nel manoscritto vaticano 3195 scritta in parte dal poeta stesso. Questo fatto è molto importante perché ci evita delle incertezze nella trasmissione testuale che sono proprie dei testi anteriori alla stampa. Un altro testo chiamato codice degli abbozzi che contiene stesure diverse di componimenti, con note scritte di pugno dal poeta dove si può vedere il suo lavoro di correzione che porta alla perfezione del verso. Petrarca chiama questa opera “Frammenti di cose in volgare” (Rerum vulgarium fragmenta). L’opera si può chiamare Rime sparse, prendendo il nome dal primo verso del poema o Canzoniere. E’ costituito da 366 componimenti, soprattutto sonetti ma anche ballate canzoni, o tutte le forme metriche precedenti.
La materia del Canzoniere è l’amore per Laura che incontra il dì sesto d’aprile venerdì santo in una chiesa di Avignone. Nel libro si percorre il diagramma di una passione tutta umana e terrena che non esclude l’aspetto sensuale. E’ un amore inappagato e tormentato, il poeta soffre e piange e ha conflitti interiori. Prima il poeta tesse intorno alla donna complesse architetture d’immagini giocando simbolicamente sul nome Laura (rime dafnee) poi contempla l’immagine della donna creata dal sogno, perché Laura è lontana e si nutre di vane speranze, poi lamenta la sua crudeltà e indifferenza e invoca pietà per le sue sofferenze. Talvolta prega Dio e dice che si vergogna di quello che sta dicendo, ma la passione lo riprende e lo domina.
Alla morte della donna amata 1348 il mondo sembra scolorire, farsi vuoto e pallido. La passione non si estingue e il poeta si volge indietro credendo di vedere Laura oppure la contempla in cielo dicendo che ha lasciato sulla terra il suo corpo che suscitava in lui i suoi desideri. Nel sogno Laura appare più bella e meno altera. Il poeta vedendo che il tempo porta via le cose belle e fuggevoli sente il desiderio di purificazione. La morte appare come un dubbioso passo pieno di insidie e difficoltà. Il poeta ha il desiderio di trovare la pace che è l’ultima parola che chiude il libro.
Petrarca raccoglie le sue poesie in modo tale da formare una precisa vicenda. Non va interpretato come un diario perché risulterebbe una interpretazione troppo moderna; infatti si tratta di una trasfigurazione letteraria, una costruzione ideale che segue determinati codici e si allontana dalla realtà da cui prende le mosse. La figura di Laura è diversa da quella degli stilnovisti o quella di Dante, ma la sua figura resta evanescente, i particolari su cui insiste il poeta non compongono un’immagine definita ma rispondono ad un insieme di formule tradizionali. Il vago profilo di Laura è quello di una donna bionda che si staglia su uno paesaggio naturale, ma anche il paesaggio non si delinea e il tutto risulta stilizzato. Le situazioni come il paesaggio e la donna risultano codificate dalla lirica amorosa precedente. Dopo la Commedia che abbracciava il reale in tutte le sue manifestazioni con Petrarca il mondo torna a restringersi entro i limiti di un’esperienza soggettiva e privata. L’unica realtà è quella interiore del poeta.
La sua opera va letta come una lucida analisi della coscienza. La tormentata esperienza interiore va interpretata come simbolo di una generale condizione interiore. Intorno al nucleo stabile del tema amoroso il poeta concentra l’accanita esplorazione interiore. Petrarca aspira all’assoluto, ad un approdo stabile dove l’animo trovi una pace perfetta, ma in contrasto sente con angoscia la labilità delle cose umane. Le cose che gli uomini inseguono come la gloria o i beni materiali sono cose che si dissolveranno dopo la morte.
Il Canzoniere vuole offrirsi come la vicenda di un’anima che si libera dalle impurità umane e si innalza a Dio, trovando in lui pace e salvezza, secondo il modello della “conversione” delle “Confessioni” e della “Commedia. Ma a differenza della Commedia, nel Canzoniere il viaggio dell’anima non può concludersi poiché il dissidio al termine del libro non trova una soluzione.