IGNAZIO SILONE

IGNAZIO SILONE

IGNAZIO SILONE


La vita
Pseudonimo di Ignazio Tranquilli, Silone nacque a Pescina dei Marsi, in provincia de L’Aquila, l’1-5-1900. Figlio di una tessitrice e di un piccolo proprietario terriero, rimase orfano all’età di 14 anni. Interrotti gli studi liceali, prese parte attiva alle lotte contro la guerra e al movimento operaio rivoluzionario. Venne processato e imprigionato, divenne segretario dei giovani socialisti. Si oppose al fascismo fin dalle origini, fu direttore de L’Avanguardia (organo della gioventù socialista) e redattore de Il Lavoratore di Trieste. Dopo le leggi eccezionali divenne attivista clandestino accanto a Gramsci. Nel 1930, ricercato, riparò in Svizzera. A quell’anno risale la rottura col movimento comunista, caduto sotto la tirannia staliniana. In seguito venne espulso dalla Francia e dalla Svizzera e solo nel dopoguerra ha potuto recarsi in Inghilterra e negli USA.
Muore colpito da ictus cerebri, dopo una lunga serie di malattie, in una clinica di Ginevra il 18 agosto 1978.
La biografia di Silone riveste una notevole importanza. Per sua stessa ammissione le sue opere attingono a piene mani alle esperienze personali.

Le opere
Fontamara (1933); Vino e pane (1936); La scuola dei dittatori (1938); Il seme sotto la neve (1941); Una manciata di more (1952); Il segreto di Luca (1956); La volpe e le camelie (1960); Uscita di sicurezza (saggistica, 1965); L’avventura di un povero cristiano (1968); Severina (postumo, 1981)

Fontamara
Intreccio
Fontamara è un luogo della mente, un paese della Marsica inventato, sulla scorta delle esperienze e dei ricordi infantili di Silone.
La vicenda si svolge nei primi anni della dittatura fascista, che ormai incide sulla vita nazionale anche in quelle che sono le sue zone più periferiche. Il romanzo racconta la storia della violenza che i fontamaresi devono subire da parte di un Impresario, che ha dalla sua parte le autorità fasciste, essendo lui stesso diventato podestà del comune.
L’Impresario s’impadronisce con un raggiro delle acque di un ruscello con le quali i fontamaresi irrigano le loro terre e abbeverano il loro bestiame.
Quando i fontamaresi levano le loro voci di protesta, saranno di nuovo raggirati da lui, con la complicità dell’ex-sindaco, l’avvocato Don Circostanza, tipica espressione del clientelismo liberale del Sud.
Berardo Viola, conscio che l’ignoranza dei cafoni non può nulla contro chi gestisce il potere, si pone a capo dei contadini e piuttosto che discutere consiglia l’azione diretta contro i beni dell’Impresario.
Militi, inviati dal podestà, saccheggiano il paese, violentano una donna, quindi schedano i paesani come sovversivi. Il furto dell’acqua mediante l’inganno, fa sì che nell’estate successiva i campi dei fontamaresi si inaridiscano. Berardo, innamoratosi di Elvira e deciso a togliersi dai pericoli che comporta la lite dei contadini con l’Impresario, emigra a Roma per trovare lavoro. Ma non lo trova, perché sprovvisto dei necessari documenti. Scambiati per sovversivi, Berardo e il suo compagno vengono rinchiusi in carcere. Qui il giovane muore per le sevizie ricevute.
Nel frattempo, a Fontamara i veri sovversivi offrono ai cafoni i mezzi per stampare e diffondere un giornale. I militi intervengono nuovamente, soffocando nel sangue la ribellione. Il sacrificio dei contadini non sarà inutile perchè contribuirà a far nascere una coscienza di classe contro l’oppressore.

Critica
Fontamara è forse il romanzo italiano del Novecento più tradotto all’estero. Scrivere per Silone è continuare a combattere quelle cose contro cui ha sempre lottato, in un modo diverso rispetto all’attività politica. Il romanzo rappresenta, dunque, l’eterna lotta fra contadini e oppressori.
Emerge nel racconto una problematica sociale, rappresentata dallo sfruttamento dell’ignoranza dei cafoni. Ai contadini manca una coscienza di classe. La figura dell’Impresario rappresenta la traduzione della visione marxista del capitalista-fascista. Per Silone il fascismo ha origine dal capitalismo. Lo scrittore abruzzese denuncia la misera situazione delle plebi meridionali che il fascismo, negatore di libertà, ha aggravato. Diventa una delle voci più autorevoli che si occupano della cosiddetta “questione meridionale”.
Attraverso il personaggio di Berardo Viola, Silone sembra indicare la necessità che alcuni stimolino l’azione, soprattutto alcuni intellettuali, per smuovere la coscienza politica dei cafoni. Sotto il fascismo, le loro condizioni economiche, morali, civili sono peggiorate ulteriormente. Le cause dello stato di oppressione dei contadini vanno ricercate nell’ignoranza favorita da una struttura sociale ancora feudale, la terra poco fertile, la necessità di lavorare duramente e la conseguente impossibilità di studiare.
Berardo acquisisce una coscienza di classe durante la permanenza in carcere con un “sovversivo”.

Vino e pane
Il problema politico prevale su quello sociale.
Il protagonista è Pietro Spina, benestante e privilegiato (studi in collegio). Malato e braccato dalla polizia, rientra nel proprio paese, Pietrasecca. Travestito da prete, cambia il proprio nome in Paolo Spada. Presto Pietro entrerà in collisione anche col proprio partito, reo di imporre ai militanti la rinuncia allo spirito critico.
Ci sono nel romanzo evidenti riferimenti autobiografici. Quando Pietro diventa prete, si pone problemi che mai si era posto, un po’ come Silone dal ritorno dal viaggio in Russia.
Pietro Spina è ideologicamente convinto di mettersi al servizio del popolo. Ma entra in crisi rispetto all’organizzazione di cui fa parte (crisi dell’individuo rispetto all’organizzazione). Avverte l’impossibilità di conciliare le proprie convinzioni con quelle dell’organizzazione. Il momento che nel romanzo evidenzia questa crisi è l’incontro con l’amico a Roma.

Vino e pane è il secondo romanzo scritto da Silone. È il libro che lo legittima come scrittore, che lo consacra come narratore. Divine un best-seller negli Stati Uniti. Rispetto a Fontamara, Vino e pane rappresenta l’angoscia dell’intellettuale di sinistra alle prese con una realtà refrattaria alle sue teorie. Egli, tuttavia, non sarà vittima della propria crisi: la sua opposizione alla dittatura resterà assoluta e inconciliabile. La sua resistenza, non più sorretta da teorie pseudoscientifiche, troverà alimento in quella che lo stesso Silone chiamerà più tardi la riscoperta dell’eredità cristiana.
Il protagonista di Vino e pane, Pietro Spina, è un tipo di rivoluzionario inconfondibile nella letteratura contemporanea. La differenza fra lui e gli altri ribelli immaginati da autori della medesima epoca consiste nel fatto che quelli sono abitualmente descritti nell’esecuzione di atti temerari, mentre Spina, a causa della delazione e della malattia, è costretto all’inattività.
La rivolta di Spina è un fatto interiore. Fino a che punto la vicenda di Pietro Spina rispecchi, pur nei limiti della finzione letteraria, l’esperienza e i problemi dell’autore coi loro contrasti, può essere arguito da altri suoi scritti più direttamente autobiografici, in particolare da Uscita di sicurezza.
In Vino e pane, Silone precorre di una trentina d’anni il dibattito ideologico che poi si svilupperà in Italia. Alcune sue critiche alla Chiesa saranno fatte proprie dai gruppi cattolici del dissenso.
Come gli altri libri scritti in esilio, anche questo romanzo fu pubblicato dapprima in edizione tedesca, a Zurigo, nel 1936. In Italia il romanzo di Silone venne immediatamente bollato dalla stampa fascista come una codarda diffamazione del popolo italiano.

La scuola dei dittatori
Al suo apparire in USA e in Inghilterra venne consacrato come un classico della democrazia.
Dialogo fra un aspirante dittatore, Mr. Doppio vu, il prof. Pickup, suo ideologo personale e Tommaso il Cinico, un esiliato la cui personale vicenda ha reso esperto di dittature.
Il libro si presenta come una sorta di manuale di storia e tecnica della dittatura.

Il seme sotto la neve
Si tratta del romanzo più complesso di Silone. Prolisso, tortuoso, ricco di digressioni e di colpi di scena, sublime e banale, il romanzo esprime compiutamente il pensiero di riformatore sociale del suo autore, che aspira a un cristianesimo laico, a un socialismo cristiano, fondato sull’amicizia, il disprezzo della ricchezza e il rifiuto del potere.
Il romanzo riprende le vicende di Vino e pane. Protagonista è Pietro Spina, rivoluzionario senza partito e santo senza Dio, che non accetta né i valori tradizionali del passato, incarnati dalla nonna donna Maria Vincenza, né la società basata sul denaro, l’oppressione e la corruzione del presente. Fonda perciò una comunità, basata sull’amicizia e la povertà. Con lui, un gruppo eterogeneo di outsider: Simone-la-faina, un benestante che si è spogliato dei suoi beni, Infante, un sordomuto senza parenti, don Severino e donna Faustina, cui in paese hanno affibbiato l’etichetta di donna facile.
I nostri intendono condurre un’esistenza, la più semplice ed elementare, tuttavia l’epilogo della vicenda è drammatico: Infante si macchia dell’omicidio del padre tornato dall’America e Pietro si autoaccusa del delitto, consegnandosi ai carabinieri.
Il romanzo sembra esprimere la disperazione dell’autore circa un possibile riscatto dei cafoni.

Una manciata di more
Si tratta di uno dei romanzi di Silone meglio riusciti. Assume l’andamento di una parabola evangelica. Rocco de Donatis, reduce dalla lotta partigiana, fa il funzionario del Partito Comunista. Entra però presto in contrasto con le gerarchie, che gli pare antepongano le ragioni del potere a quelle della giustizia. Lascia perciò il partito per divenire il punto di riferimento dei contadini più poveri. Insieme alla fidanzata, Stella, a don Nicola e ad altri personaggi persegue un’utopia che tenti di coniugare il comunismo col cristianesimo.
Anche qui, ma in secondo piano, una denuncia del fascismo e della passività della popolazione nei confronti del regime. I personaggi principali sono, dunque:

* Rocco (alter ego dello scrittore), dapprima entusiasta del partito, poi disilluso da un viaggio nell’Unione Sovietica, di cui constata la mancanza di libertà. Ciò determinerà un distacco dal partito;
* Stella, legata sentimentalmente a Rocco e quindi anche ideologicamente. Non ha una propria autonomia di pensiero e di giudizio.

Il linguaggio è semplice, ma ha grande efficacia rappresentativa.

Il segreto di Luca
Si tratta di una storia d’amore, che assume l’andamento di un racconto poliziesco.
Fanno ritorno al paese Andrea Cipriani, un maestro che ha fatto carriera politica e un amico di suo padre, Luca Sabatini, un ex ergastolano, condannato per un delitto che non ha commesso.
Sarà lo stesso Andrea a ricostruire la sua storia in nome di una vecchia frequentazione. Luca ha avuto una relazione, platonica, con una donna sposata, Ortensia. Per non compromettere il nome di lei si lascia accusare passivamente di un omicidio. La donna intanto lascia il marito e si ritira in convento.
Per i paesani, anche per quelli che conoscono la verità, Luca rimane colpevole, in quanto ex-ergastolano.
In questo libro Silone abbandona l’intransigenza politica in favore di un racconto connotato da un’intransigente passione amorosa.

La volpe e le camelie
E’ la prima opera narrativa di Silone a non essere ambientata nell’Italia meridionale, bensì nel Canton Ticino e precisamente nel lembo di terra bagnato dal lago Maggiore, al di là della frontiera italo-svizzera.
In quegli anni (1930-35) la frontiera costituiva una temibile barriera che divideva non solo gli Stati, ma anche gli uomini, gli amici, le famiglie. I personaggi del racconto sono svizzeri e italiani, variamente alle prese con lo spietato ingranaggio del tempo.
La storia di una volpe, che insidia i pollai dei contadini e che per molto tempo sfugge alla loro caccia, s’intreccia, nel corso di tutta la narrazione con la vicenda di altre insidie in cui le parti dei persecutori e dei perseguitati si capovolgono varie volte.
Un giovane fascista, Cefalù, viene ospitato da un antifascista, Daniele, la cui figlia, la bella e generosa Silvia, si innamora di lui. Cefalù tradisce la fiducia accordatagli, rubando documenti compromettenti. Preso dal senso di colpa, poi, si suiciderà.
Silone, in questo romanzo, ha saputo sottrarre i suoi personaggi a ogni rigida classificazione in buoni e reprobi. Da questo punto di vista il sentimento più forte che il libro comunica è la pietà. Romanzo non completamente riuscito, ci invita a cercare l’uomo anche nel nemico.

Uscita di sicurezza
Raccolta di scritti autobiografici e testimonianze.
Silone ripercorre le ragioni che lo hanno fatto aderire al Partito Comunista, fin dal 1921 e quelle che lo indussero ad uscirne, dopo un lungo travaglio interiore, dieci anni dopo. Principalmente, Silone prese coscienza della degenerazione burocratica e autoritaria della società sovietica. I viaggi che compì in URSS lo convinsero della “mostruosa ambiguità del comunismo”.
Tormentato. inquieto, Silone sembra trovare un’ancora di salvezza nei valori propugnati dall’eredità cristiana.

L’avventura di un povero cristiano
Ripercorre la storia di Celestino V, al secolo Pietro da Morrone, che dopo tre mesi di papato abdicò in favore del Cardinal Caetani, che prenderà il nome di Bonifacio VIII.
Si scontrano due tipi di concezioni “religiose”: da una parte che sta con gli umili, i semplici, la carità e l’amore per il prossimo; dall’altra chi sceglie la gloria, il potere, la ricchezza.
Silone sta totalmente dalla parte di Celestino V e della povertà evangelica.

Conclusioni. Silone è uno scrittore di grandi capacità satiriche, alla Grosz, alla Bosch, nel dipingere i ricchi borghesi, gli oppressori degli umili, i voraci dominatori del mondo. Si mostra in grado di scrivere pagine di ilare comicità (come ad esempio in Fontamara, ma non solo), richiamandosi alla tradizione della farsa, della burla, su su fino alla fabula atellana e a Plauto.
Si mette in rotta di collisione con le due Chiese più potenti del mondo contemporaneo: quella cattolica e quella comunista e questo determinerà l’ostracismo della critica letteraria nostrana alle sue opere.
Per Silone, la burocratizzazione e le gerarchie soffocano ogni nuova idea, impongono l’atrofizzazione dello spirito critico.
Come rimedio egli propugna una conciliazione anarchica fra gli ideali marxisti e quelli cristiani.
Apprezzato da intellettuali di tutto il mondo, scrittore dallo stile scabro e semplice, alfiere della lotta dei diseredati per la libertà, Silone si è visto rimproverare dalla critica un certo moralismo, lo stile informe, la prolissità e il velleitarismo ideologico.