I MI TROVAI FANCIULLE UN BEL MATTINO

I MI TROVAI FANCIULLE UN BEL MATTINO

ANGELO POLIZIANO


TESTO

I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino
di mezzo maggio in un verde giardino.

Eran d’intorno violette e gigli
fra l’erba verde, e vaghi fior novelli
azzurri gialli candidi e vermigli:
ond’io porsi la mano a côr di quelli
per adornar e’ mie’ biondi capelli
e cinger di grillanda el vago crino.

Ma poi ch’i’ ebbi pien di fiori un lembo,
vidi le rose e non pur d’un colore:
io colsi allor per empir tutto el grembo,
perch’era sì soave il loro odore
che tutto mi senti’ destar el core
di dolce voglia e d’un piacer divino.

I’ posi mente: quelle rose allora
mai non vi potre’ dir quant’eran belle:
quale scoppiava della boccia ancora;
qual’eron un po’ passe e qual novelle.
Amor mi disse allor: «Va’, co’ di quelle
che più vedi fiorite in sullo spino».

Quando la rosa ogni suo’ foglia spande,
quando è più bella, quando è più gradita,
allora è buona a mettere in ghirlande,
prima che sua bellezza sia fuggita:
sicché fanciulle, mentre è più fiorita,
cogliàn la bella rosa del giardino.


PARAFRASI

Il poeta, ponendo come narratrice una fanciulla, immagina un dialogo tra questa e le sue amiche. La giovane racconta di essersi trovata in un mattino di metà maggio in un bellissimo giardino, in cui la circondavano, fra l’erba, fiori di tutti i tipi: violette, gigli e fiori novelli.

Per questo motivo ella si china a coglierli: vi adorna i suoi biondi capelli leggiadri e li incorona con una ghirlanda.

Quando poi la fanciulla ha riempito di fiori un lembo della veste, ella vede le rose e non di un solo colore: la giovane corre allora per riempirsi tutto il grembo, poiché il loro odore è così soave che si sente destare il cuore di dolce voglia e di un piacere divino.

In quel momento la fanciulla pensa che non avrebbe mai potuto spiegare ad altri quanto siano belle: alcune ancora nella piena fioritura, altre un po’ appassite ed altre in bocciolo.

In quel momento Amore suggerisce alla fanciulla di cogliere le meglio fiorite poiché quando la rosa fa fiorire ogni suo petalo, quando è più bella e più gradita, allora è buona da mettere in ghirlande prima che la sua bellezza sia fuggita.

In conclusione, la fanciulla spiega alle sue compagne le parole di Amore, incoraggiandole a cogliere la bella rosa del giardino quando è più fiorita.


Commento

Il brano analizzato è “I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino”, una ballata composta da Angelo Ambrogini, detto il Poliziano, esponente dell’Umanesimo che nacque a Montepulciano nel 1454. Visse un’infanzia triste e misera a causa della morte del padre ucciso per vendetta, e fu affidato a parenti che abitavano a Firenze.
Dimostrò subito una buona disposizione letteraria, che affinò con gli studi di filologia e degli autori classici latini e greci e che gli consentirono di diventare il più grande poeta umanista in volgare.

In questa ballata una fanciulla esprime ciò che ha provato una mattina di maggio, mentre si trovava in un giardino. Le immagini utilizzate dall’autore sono un esempio dell’ideale di bellezza perfetta a cui miravano gli Umanisti.

Il componimento, chiaramente allegorico, descrive una visione di Amore che invita a godere la giovinezza poiché troppo fugace; un invito espresso con straordinaria freschezza e purezza, anche per la meravigliosa cornice dell’ambiente naturale: il verde giardino fiorito dove è sempre primavera. Il verde degli alberi, il colore dei fiori, il cielo azzurro fanno infatti da scenario al racconto della fanciulla.

L’esortazione del poeta, celata nell’io narrante femminile che si rivolge con grazia e spontaneità alle compagne, è quello di cogliere la rosa soave quando è al massimo del suo splendore, prima che la sua bellezza sia irrimediabilmente fuggita.

In particolare, le prime due strofe descrivono la fanciulla che racconta alle amiche le sensazioni vissute nel giardino fiorito di primavera. La terza strofa ha carattere riflessivo ed esprime simbolicamente le gioie della vita e dell’amore che la fanciulla vuole cogliere. L’ultima strofa contiene l’invito che ella rivolge alle compagne, lo stesso che ha avuto da Amore: cogliere la rosa (che simboleggia la bellezza) nel momento di maggiore splendore, perché la giovinezza è breve e destinata a sfiorire.

Per quanto riguarda l’ambientazione, la descrizione poetica dello spazio presenta le caratteristiche del luogo ameno (il locus amoenus dei poeti classici), in cui gli elementi della natura (verde giardino, violette, gigli, fior’ novell azzurri, gialli, candidi e vermigli… rose, e non pur d’un colore) accolgono l’uomo e lo invitano a godere i piaceri della vita. Questa concezione edonistica, cioè di un puro e innocente abbandono ai piaceri, si vela di malinconia, perché il tempo è fugace e le cose belle sono fuggevoli; di qui l’invito del poeta a godere di esse prima che si dissolvano.