I FUNERALI DI ETTORE

I FUNERALI DI ETTORE

I FUNERALI DI ETTORE


I due quindi, il giovane eroe e il vecchio re, siedono a tavola,
l’uno di fronte all’altro. L’ammirazione è reciproca: Achille è
forte e valoroso; Priamo, saggio e prudente. Entrambi sono
d’eguale nobiltà.
Domanda infine Achille:
«Per quanti giorni vuoi onorare la sepoltura di tuo figlio?».
«Nove giorni lo piangeremo, e lo seppelliremo al decimo.
All’undicesimo, poi, banchetteremo in suo onore. Saremo
pronti, infine, a riprendere la guerra» risponde Priamo.
«Allora per dodici giorni io sospenderò ogni ostilità» mormora
Achille; e in segno di lealtà stringe la vecchia mano del re.
Poco dopo, mestamente, Priamo sale sul carro ove è stato
posto il cadavere del figlio e nel grande silenzio della notte
ritorna a Troia.
Dall’alto d’una torre, la figlia Cassandra lo vede arrivare, e
urla:
«Venite tutti, Troiani! Accorrete a vedere Ettore restituito alla
patria!».

Tutti s’affrettano, e la porta della città si apre, per far passare
il carro del re con il suo triste carico. Il corpo di Ettore è
sistemato nel centro della sala della reggia; e tra il pianto e i
gemiti e i lamenti, ecco avanzare la vedova dell’eroe, la bella
Andromaca, che s’inginocchia, e guardando il volto pallido del
marito mormora:
«Troppo giovane muori, Ettore, e mi lasci, e lasci con me il
nostro bambino. Non sa ancora parlare; e io, Ettore, temo che
non conoscerà nemmeno la giovinezza, ora che non ci sei più
tu a difenderlo…».
Piange Andromaca; piangono vicino a lei la vecchia Ecuba3
e la bellissima Elena. Piange, nel palazzo e nella città, una
immensa folla.
Ma Priamo ordina:
«Basta così, ora! Portate legna per il rogo, e andate a raccoglierla
liberamente fuori dalle mura! Non abbiate alcun timore. Achille
mi ha promesso che sospenderà la guerra per dodici giorni!».
Per nove lunghe giornate, dunque, mentre continuano
i lamenti, si raccoglie legna nella campagna; si forma una
gigantesca catasta, sulla quale è finalmente collocato il corpo di
Ettore. Poi s’appicca il fuoco.
Quando le ultime braci del rogo sono state spente con il vino,
le ceneri dell’eroe sono raccolte in un’urna d’oro che, avvolta
in teli di porpora, è posta in una tomba, coperta da gigantesche
pietre. Poi, secondo l’usanza, tutti si radunano nella reggia di
Priamo, e siedono al banchetto funebre.
Questi furono gli estremi onori resi a Ettore domatore di
cavalli.
La morte di Ettore non segna però la fine della guerra, che
è destinata a durare ancora, e non terminerà nemmeno con la
morte di Achille, trafitto da una freccia scoccata dall’infallibile
arco di Paride.
Il destino dell’eroe, che ha scelto di avere vita breve, ma
gloriosa, si è compiuto. Ma Troia ancora resiste.
Essa cadrà solo per inganno: cadrà quando i Greci, accettando
il consiglio di Ulisse, fingeranno di partire e di abbandonare

l’assedio, lasciando sulla riva del mare, là dove sorgeva il loro
campo, un gigantesco cavallo di legno.
In tale cavallo (che i Troiani, credendolo un segno divino,
sospingeranno nella loro città) si sono nascosti i più forti
guerrieri greci: usciranno dal loro nascondiglio a notte fonda, e
la città non avrà scampo alcuno: le sue porte verranno aperte e
i Greci, ritornati dal mare col favore della notte, vi entreranno
inesorabili.
Stragi e incendi segneranno la fine di Troia; morranno quasi
tutti i suoi difensori, morrà il piccolo figlio di Ettore, morrà il
vecchio Priamo. Ma la loro memoria durerà eterna come quella
dei loro vincitori.
Per sempre verrà celebrato Achille e per sempre sarà onorato
il suo sfortunato rivale, Ettore, morto in difesa della sua patria
e del suo popolo.

(Tratto da S. Martelli, Iliade. La guerra di Troia, Giunti, Firenze, 2005)