HUME RAGIONE E PASSIONE

HUME RAGIONE E PASSIONE

Il brano è tratto dal secondo libro del Trattato sulla natura umana, interamente dedicato alle passioni e che fa da introduzione al terzo, che si occupa invece della morale. Hume interviene nel dibattito circa la preminenza, nella determinazione dell’azione, delle ragioni o della passione. La scelta a favore di quest’ultima conferma la posizione empiristica di Hume ed è fondata in gran parte sulla teoria della conoscenza elaborata nel primo libro dell’opera.

Il testo si concentra sulla rispettiva incidenza di moventi razionali e moventi passionali nella determinazione dell’azione, sostenendo che la ragione, da sola, non è mai il motore dell’azione, nella cui scelta entrano piuttosto componenti passionali di piacere o dolore che sfruttano come rinforzo la potenza della ragione. Con queste posizioni Hume si inserisce a pieno titolo nel dibattito settecentesco sul senso morale.

 

Non c’è nulla di più comune in filosofia, e anche nella vita quotidiana, che parlare del conflitto tra passione e ragione per dare la palma alla ragione, e per affermare che gli uomini sono virtuosi solo nella misura in cui obbediscono ai suoi comandi. Si sostiene che ogni creatura razionale ha l’obbligo di regolare le proprie azioni secondo i dettami della ragione; e che, nel caso in cui ci sia qualche altro motivo o principio che pretenda di determinare la sua condotta, deve opporsi a esso finché non sia completamente domato o almeno conciliato con quel principio superiore. La maggior parte della filosofia morale, antica e moderna, sembra fondarsi su questo modo di pensare, e non c’è nulla che offra maggior spazio sia alle disquisizioni metafisiche, come alle declamazioni popolari, quanto questa presunta superiorità della ragione sulla passione. Si sono poste nella miglior luce l’eternità, l’invariabilità e l’origine divina della prima; mentre si è continuamente insistito sulla cecità, incostanza e falsità della seconda.Per dimostrare come tutta questa filosofia sia erronea, cercherò di dimostrare in primo luogo che la ragione, da sola, non può mai essere motivo di una qualsiasi azione della volontà, e in secondo luogo che la ragione non può mai contrapporsi alla passione nella guida della volontà.

[…] Il ragionamento astratto o dimostrativo non influenza mai nessuna dalle nostre azioni se non in quanto guida il nostro giudizio riguardo alle cause e agli effetti, cosa che ci porta alla seconda operazione dell’intelletto.

È ovvio che quando prevediamo che un certo oggetto ci darà dolore o piacere, noi avvertiamo una conseguente emozione di avversione o propensione e siamo portati a evitare o a ricercare ciò che ci dà questo dolore o questa soddisfazione. È anche ovvio che questa emozione non si ferma qui, ma facendo volgere il nostro sguardo in tutte le direzioni, si estende a tutti quegli oggetti che sono collegati con quello mediante la relazione di causa ed effetto. Proprio qui interviene il ragionamento per scoprire tale relazione, e, a seconda del variare del nostro ragionamento, varieranno anche le nostre azioni. In questo caso, però, risulta evidente che l’impulso non nasce dalla ragione ma è solo guidato da essa. È appunto dalla prospettiva del dolore o del piacere che deriva l’avversione o la propensione verso un oggetto; e queste emozioni si estendono alle cause e agli effetti di quell’oggetto non appena questi ci vengono indicati dalla ragione e dall’esperienza. Non ci preoccuperemmo affatto di sapere che questi oggetti sono cause e questi altri effetti, se tanto le une quanto gli altri ci fossero indifferenti. […]

Poiché la ragione da sola non può mai produrre un’azione o suscitare una volizione, ne inferisco che la stessa facoltà è ugualmente incapace di ostacolare una volizione, o di contendere la preferenza a qualche passione o emozione. […] Risulta quindi chiaro che il principio che si contrappone alla passione non può coincidere con la ragione e solo impropriamente lo si chiama così. Non parliamo né con rigore né filosoficamente quando parliamo di una lotta tra la passione e la ragione. La ragione è, e deve solo essere, schiava delle passioni e non può rivendicare in nessun caso una funzione diversa da quella di servire e obbedire a esse. Poiché questa opinione può sembrare alquanto strana, non sarà inopportuno confermarla con qualche altra considerazione.

Una passione è un’esistenza originaria, o, se preferite, una modificazione originaria, e non contiene nessuna qualità rappresentativa che ne faccia una copia di una qualunque altra esistenza o modificazione. Quando sono in collera, sono effettivamente in preda a questa passione, e in tale emozione non vi è maggior riferimento a qualche altro oggetto che quando ho sete o sono ammalato o alto più di cinque piedi. Perciò è impossibile che questa passione possa essere ostacolata dalla verità e dalla ragione o possa contraddirle, poiché la contraddizione consiste nel disaccordo fra le idee, considerate come delle copie, e gli oggetti che esse rappresentano. […]

Poiché una passione non può mai dirsi, in alcun senso, irragionevole se non quando è basata su di una supposizione falsa, o quando sceglie dei mezzi insufficienti allo scopo prefisso, allora è impossibile che ragione e passione possano mai essere in contrasto reciproco, o contendersi il governo della volontà e delle azioni. Nel momento in cui percepiamo la falsità di una supposizione o la insufficienza di un mezzo, le nostre passioni cedono alla nostra ragione senza alcuna opposizione. Posso desiderare un frutto perché immagino che abbia un sapore eccellente, ma se mi convincete del mio errore, il mio vivo desiderio scomparirà. Posso volere il compimento di certe azioni quali mezzo per ottenere un bene desiderato; ma poiché il mio volere queste azioni è solo secondario ed è fondato sulla supposizione che esse siano cause dell’effetto che mi propongo, non appena scoprirò la falsità di questa supposizione tali azioni mi diverranno certo indifferenti.

(D. Hume, Estratto del Trattato sulla natura umana, a cura di M. Dal Pra, in D. Hume, Opere filosofiche, vol. I, Laterza, Roma-Bari 1987)