EUGENIO MONTALE HO SCESO DANDOTI IL BRACCIO

EUGENIO MONTALE HO SCESO DANDOTI IL BRACCIO

-Ho sceso dandoti il braccio, almeno un milione di scale-

-Poesia di Eugenio Montale


Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.


Ho sceso, dandoti il braccio…

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale1
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino2.
Anche così è stato breve3 il nostro lungo viaggio.
Il mio viaggio4 dura ancora, e non occorrono più
le coincidenze, le prenotazioni5,
le trappole, le beffe6 di chi crede
che la realtà sia quella che si vede7.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non tanto perché con quattro occhi8 forse si vede di più.
Le ho scese con te perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille9, sebbene tanto offuscate10,
erano le tue.

1 Lo scendere le scale è una metafora della vita.
2 Col rischio di cadere.
3 Un’altra metafora della vita, lunga ma sempre troppo breve.
4 La mia vita.
5 Le coincidenze e le prenotazioni fanno parte dell’esperienza di un viaggio in treno o in aereo.
6 Scorno vuol dire vergogna, umiliazione, beffa che seguono ad un’umiliazione o a una sconfitta.
7 Al contrario, la realtà non sempre è quello che appare.
8 In due.
9 La pupilla è una parte degli occhi. Vere pupille sono gli occhi buoni.
10 Dalla miopia, da cui era affetta Mosca.


NOTE HO SCESO DANDOTI IL BRACCIO

Questa poesia fa parte della raccolta Satura, che comprende tra le altre diverse liriche* dedicate alla memoria della moglie di Montale, Drusilla Tanzi, detta Mosca, morta nel 1963. Il poeta ci presenta due metafore* della vita: la prima, le scale che si scendono, molto originale; la seconda, il viaggio, frequente nella storia della letteratura ma qui ravvivata da dettagli pratici quali le coincidenze e le prenotazioni. Alla fine di entrambe le strofe* ritorna il tema della vista, che non è necessario sia molto aguzza per comprendere la realtà che ci sta intorno. Questo sia a livello pubblico, con le sciocche prese in giro da parte di chi crede che la realtà sia quella che si vede, sia a livello privato, con la moglie miope che è in grado di aiutare il poeta nella discesa delle scale evitando il vuoto ad ogni gradino. Notate infine il bell’endecasillabo* È stato breve il nostro lungo viaggio nascosto all’interno del terzo verso.


FIGURE RETORICHE


Iperbole: Ho sceso almeno un milione di scale, con questa espressione il poeta vuole semplicemente far capire a chi ascolta la poesia che il cammino accanto alla donna amata è stato lunghissimo.

Metafora: Ho sceso almeno un milione di scale, con questa espressione il poeta vuole semplicemente far capire a chi ascolta la poesia che il cammino accanto alla donna amata è stato lunghissimo.
Anafora: Ho sceso… Ho sceso, questa figura retorica consiste nel ripetere a inizio di due versi diversi la stessa parola (o le stesse parole). L’effetto che il poeta vuole rendere è quello di un pensiero ripetitivo che torna sempre in testa e quindi di un dolore costante
Ossimoro: breve/lungo, Montale contrappone due termini di significato opposto, vuole far capire che la vita insieme alla moglie, anche se effettivamente durata tanti anni, adesso sembra brevissima.
 
In questa poesia si rivela un grande dolore per la perdita della moglie. Il poeta ripensa alla vita trascorsa insieme a lei e ci dice che la sua donna è stata una guida per lui, l’unica capace di accompagnarlo attraverso le difficoltà della vita. È molto bello notare il gioco di parti che si invertono: sua moglie aveva una malattia agli occhi e quindi non vedeva quasi per niente. La guida “reale” era quindi Montale che, appunto per aiutarla a camminare, la teneva sottobraccio e l’accompagnava camminando, ma se lui era stato per lei una guida fisica, la donna risulta essere al contrario una guida “spirituale” per il poeta che infatti, senza lei, adesso sente solo un grande vuoto. 
Il linguaggio utilizzato è semplicissimo e quotidiano. Se dovessimo togliere ogni termine dalla poesia potremmo tranquillamente inserirlo in una chiacchierata con gli amici. Non è un linguaggio aulico o arcaico che richiama lo stile classico e poetico della tradizione italiana. Nonostante ciò il poeta, con la sua sensibilità, riesce a rendere tutto su un piano “alto”: anche parlare di una scalinata o di una prenotazione diventa una grande prova poetica. 

Questo accade grazie al ricorso al correlativo oggettivo, tipico della poesia di Montale che viene spesso definita “poetica dell’oggetto”. Vengono accostati oggetti, immagini o attività comuni che, messe una accanto all’altra perdono la loro semplicità iniziale e diventano oggetti poetici. Se parliamo di una scala e del vuoto come entità separate non ci troviamo granché di poetico, ma avvicinare “vuoto, scale, gradino” rende un sentimento profondissimo e un grande tormento. Ecco la grandezza e la profonda sensibilità del poeta.


PARAFRASI HO SCESO DANDOTI IL BRACCIO

Ho sceso, aiutandoti e facendomi aiutare, moltissime scale ed ora che tu non ci sei mi sento sempre più solo ed ogni gradino per me è vuoto. Anche vivendo assieme a lungo tempo, io sono infelice in quanto il tempo passato con te e la nostra vita insieme non sono durati abbastanza. Il mio viaggio dura tuttora, e non mi servono più le coincidenze dei treni, le prenotazioni degli alberghi, i viaggi, le umiliazioni della gente che crede che la vita vera sia quella che si vede. Ho sceso moltissime scale aiutandoti e facendomi aiutare, non perché con quattro occhi si vede di più e meglio. Le ho scese con te perché sapevo che tra di noi, i veri occhi che vedevano la realtà più profonda, anche se indeboliti dalla miopia erano i tuoi.

 

 

 


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