Ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale

Ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale

DI EUGENIO MONTALE


-FIGURE RETORICHE


Iperbole: Ho sceso almeno un milione di scale, con questa espressione il poeta vuole semplicemente far capire a chi ascolta la poesia che il cammino accanto alla donna amata è stato lunghissimo.

Metafora: Ho sceso almeno un milione di scale, con questa espressione il poeta vuole semplicemente far capire a chi ascolta la poesia che il cammino accanto alla donna amata è stato lunghissimo.
Anafora: Ho sceso… Ho sceso, questa figura retorica consiste nel ripetere a inizio di due versi diversi la stessa parola (o le stesse parole). L’effetto che il poeta vuole rendere è quello di un pensiero ripetitivo che torna sempre in testa e quindi di un dolore costante
Ossimoro: breve/lungo, Montale contrappone due termini di significato opposto, vuole far capire che la vita insieme alla moglie, anche se effettivamente durata tanti anni, adesso sembra brevissima.

 
In questa poesia si rivela un grande dolore per la perdita della moglie. Il poeta ripensa alla vita trascorsa insieme a lei e ci dice che la sua donna è stata una guida per lui, l’unica capace di accompagnarlo attraverso le difficoltà della vita. È molto bello notare il gioco di parti che si invertono: sua moglie aveva una malattia agli occhi e quindi non vedeva quasi per niente. La guida “reale” era quindi Montale che, appunto per aiutarla a camminare, la teneva sottobraccio e l’accompagnava camminando, ma se lui era stato per lei una guida fisica, la donna risulta essere al contrario una guida “spirituale” per il poeta che infatti, senza lei, adesso sente solo un grande vuoto. 
Il linguaggio utilizzato è semplicissimo e quotidiano. Se dovessimo togliere ogni termine dalla poesia potremmo tranquillamente inserirlo in una chiacchierata con gli amici. Non è un linguaggio aulico o arcaico che richiama lo stile classico e poetico della tradizione italiana. Nonostante ciò il poeta, con la sua sensibilità, riesce a rendere tutto su un piano “alto”: anche parlare di una scalinata o di una prenotazione diventa una grande prova poetica. 
Questo accade grazie al ricorso al correlativo oggettivo, tipico della poesia di Montale che viene spesso definita “poetica dell’oggetto”. Vengono accostati oggetti, immagini o attività comuni che, messe una accanto all’altra perdono la loro semplicità iniziale e diventano oggetti poetici. Se parliamo di una scala e del vuoto come entità separate non ci troviamo granché di poetico, ma avvicinare “vuoto, scale, gradino” rende un sentimento profondissimo e un grande tormento. Ecco la grandezza e la profonda sensibilità del poeta.
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