HITLER E MUSSOLINI

HITLER E MUSSOLINI

HITLER E MUSSOLINI


Sul rapporto tra Mussolini e Hitler, i due dittatori fascisti capi dei due totalitarismi di destra europei, si potrebbero scrivere libri. Anzi, si sono scritti libri. Il mio intento in questa ricostruzione fatta per punti sarà quello di approfondire il loro rapporto a livello di stima e ammirazione dell’ uno verso l’ altro. Per questa precisa scelta gli avvenimenti storici saranno lasciati leggermente in secondo piano.
Partiamo dal 1933: in quell’ anno Hitler divenne cancelliere della Germania e l’ anno dopo il Führer del Reich tedesco, il capo unico e incontrastato.
Da subito Hitler guardò al suo collega italiano, al potere stabilmente ormai da molti anni (definitivamente dal 1924-5 con le ‘leggi fascistissime’) come a un modello da seguire. Ma, soprattutto, il Führer vedeva in Mussolini un uomo degno di ogni ammirazione per la sua decisione e la sua statura politica. Il dittatore italiano era un uomo d’ azione, e lo aveva dimostrato con la sua energica presa del potere a Roma, che Hitler tentò di imitare, senza alcun successo, a Monaco nel 1923. Il Duce, dal canto suo, era felice solo in apparenza di avere un altro dittatore fascista in Europa perché, in realtà, temeva il potenziale di una Germania in armi.
L’ anno seguente Hitler si recò per la prima volta in visita di stato in Italia, dove venne ricevuto da un Mussolini tronfio come non mai e padrone della scena con la sua maestosa e decoratissima uniforme, che si beò per tutto il tempo del suo esercito sfilante per cercare di impressionare il capo tedesco. Hitler, all’ epoca ancora inesperto, fece la figura dell’ “apprendista stregone” con il suo scialbo impermeabile e i suoi modi impacciati. Il Führer rimase impressionato dalla disciplina del regio esercito e forse per questo si convinse, erroneamente, che l’ Italia potesse essere una grande potenza militare, anziché il “ventre molle d’ Europa” (come la definiva Churchill). Ma soprattutto la sua stima per l’ energico camerata romano aumentò, e rimase inalterata anche quando Mussolini gli sbarrò la strada della sua Austria in quello stesso anno.
Nel giro di pochi anni i ruoli dei due dittatori si invertirono; Hitler si trovò a capo della più potente macchina da guerra del mondo, mentre Mussolini doveva far fronte alla drammatica mancanza di risorse del suo paese. Ciò nonostante Hitler teneva sempre in massima considerazione l’ Italia fascista, che si sforzò in tutti i modi di farsi amica (ad esempio riconoscendo immediatamente il titolo di Imperatore di Etiopia a Vittorio Emanuele). Col passare dei mesi il Führer fu sempre più l’ unico tra i vertici tedeschi a credere nella potenza italiana ma, in fondo, era anche il solo il cui parere contasse davvero a Berlino.
Nel ’36 Mussolini visitò la Germania, venendo trattato come un vero e proprio eroe; Hitler lo definì “un altro personaggio (oltre a lui ndr) che non è NELLA STORIA ma FA LA STORIA” e si disse “fortunato” per avere l’ onore di vivere nella sua stessa epoca. Mussolini, sensibile ai commenti positivi, definì il suo viaggio “un trionfo” e disse, profeticamente: “Quando un fascista ha un amico marcia con lui fino in fondo” (anche se probabilmente si riferiva più al marciare che al perire insieme).
Nel 1938 Hitler convocò la conferenza di Monaco proprio su consiglio “del suo amico e alleato Mussolini”. Nel 1936 le due nazioni si erano infatti unite nell’ Asse Roma-Berlino.
Nel 1939, a poche ore dall’ inizio della Seconda guerra mondiale Hitler prese in considerazione una sola proposta di mediazione, quella del suo collega italiano. Mussolini, invece, negli anni si era sempre più sgonfiato: si sentiva inferiore a Hitler e alla sua macchina bellica, soprattutto dopo i primi trionfi tedeschi nella guerra. Hitler, invece, continuava ad ammirarlo sinceramente e a considerarlo un amico e l’ unico leader mondiale a meritare di essere sul suo livello. Pensate che pochi giorni prima della guerra comunicò che per le sorti della Germania era necessario che Hitler non fosse oggetto di attacchi terroristici tanto quanto (e per la mentalità di Hitler questa era una cosa incredibile) non ne fosse vittima il Duce.
Il Führer perdonò a Mussolini il tradimento del 1939, quando il Duce non marciò con lui contro la Polonia e anche dopo il maldestro e codardo intervento italiano in guerra, condotto malamente e fatto di umiliazioni, Hitler mantenne la promessa che aveva fatto a Mussolini quando quest’ ultimo gli aveva lasciato infine l’ Austria: egli lo avrebbe assistito “quand’ anche tutto il mondo gli si fosse opposto”; “non mi dimenticherò mai di ciò che Mussolini ha fatto per me”, disse il Führer tedesco. Per una volta, egli mantenne la sua parola: quando il Duce fu esautorato e catturato dal re traditore Hitler insistette nel dare massima priorità alla sua liberazione. Per giustificare questa presa di posizione (assurda nel contesto della guerra) Hitler definì Mussolini un “prezioso oggetto” anche se tutti sapevano che militarmente non lo era.
Dopo la liberazione per mano di Otto Skorzeny, Mussolini abbracciò calorosamente Hitler. Forse per la prima volta nella sua vita gli era davvero riconoscente. Negli anni aveva sviluppato per Hitler uno strano sentimento, un misto di ammirazione, perché il capo della Germania era un uomo d’ azione come e forse anche più di lui, rispetto, diffidenza, senso di superiorità personale, amicizia e risentimento. Risentimento dovuto al fatto che l’ essere stato spinto dai tedeschi a legare indissolubilmente le fortune della sua Italia alla Germania nazista con il Patto d’ acciaio del 1939 aveva fatto sì che quando la campana iniziò a suonare a morte per il Terzo Reich altrettanto successe per l’ Italia fascista.
Negli anni il Duce era divenuto l’ alleato minore dell’ Asse, la ‘scimmia’ o il ‘cane’ di Hitler (a seconda delle caricature), e se ne rendeva assai amaramente conto. Come si rendeva conto che stava affondando per colpa di una guerra che non avrebbe mai scatenato. Ciò nonostante non poteva non provare un grande rispetto per quell’ uomo così deciso e risoluto; inoltre negli anni aveva quasi sicuramente sviluppato un sentimento simile a quello di Hitler: si era forse affezionato al collega con il quale aveva condiviso tante trattative, tante manifestazioni, tante battaglie, tanti trionfi e tante sconfitte. Il Duce era entrato in guerra, nonostante l’ opposizione del Papa, del Re e del suo genero nonché ministro degli esteri Galeazzo Ciano (da sempre sospettoso verso i tedeschi), sicuro che l’ Asse avrebbe trionfato in breve e che la sua Italia avrebbe guadagnato molto dal solo fatto di potersi sedere al tavolo dei vincitori. Il capo nazista si disse “commosso” dalla notizia.
Il Duce era invidioso della potenza di Hitler e si vergognava di non esserne all’ altezza, proprio lui che aveva sempre sognato la gloria sui campi di battaglia. Sperava, come disse, “che i tedeschi pagassero cara la vittoria in Russia”, perché la dava per scontata. Hitler lo aveva salvato in Grecia e in Africa. E in seguito gli aveva anche evitato la vergogna di essere esposto come trofeo di guerra dagli Alleati; in tutti gli anni in cui era stato al potere il Führer tedesco aveva maltrattato e disprezzato tutti i dittatori alleati (o sarebbe meglio dire satelliti), imponendo loro la sua volontà; solo Mussolini era stato al suo fianco come alleato e come amico, anche dopo la sua caduta e negli anni della fallimentare R.S.I., anni in cui Mussolini si ridusse a burattino nelle mani dei tedeschi, tra i quali godeva della considerazione sempre più del solo Hitler, che gli imposero addirittura di fucilare Ciano.
I due dittatori marciarono insieme fino alla fine. Affondarono con la loro folle “comune causa” (per citare Hitler). Nel loro ultimo incontro, dopo l’ attentato al Führer del luglio 1944, i due un tempo trionfanti alleati dell’ Asse, ormai consumati da anni di guerra, sembravano due fantasmi, come dissero i presenti all’ incontro.
Prima di suicidarsi Hitler rivolse ancora un pensiero al vecchio dittatore alleato, a quel pettoruto Cesare romano che dietro le pompose apparenze era fatto di cartapesta. Anche se ormai al di là del bene e del male, i testimoni riferirono che fu assai impressionato e addolorato dalla misera fine che toccò a Mussolini il 28 aprile del 1945, due giorni prima del suo suicidio.
In conclusione, e questa è una tesi del tutto mia e perciò non necessariamente condivisibile, Hitler in tutta la sua carriera politica fu onesto e leale con pochissime persone e tra queste solo a due diede più di quanto ebbe in cambio, a tutti i livelli: il primo fu Heinrich Himmler, il traditore capo delle SS, e il secondo fu proprio Benito Mussolini, che si associò a lui per convenienza e che invece ricevette da Hitler un rispetto e un’ amicizia autentici, anche oltre le convenienze politiche e militari.

FONTI:
-William L. Shirer, “Storia del Terzo Reich”, Fabbri Editori, Milano, 1978;
-Documentari, siti internet e informazioni apprese negli anni; per approfondire trovate materiale in enorme quantità nelle biblioteche e videoteche, nelle librerie e sul web.


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