GUIDO GOZZANO BIOGRAFIA

GUIDO GOZZANO BIOGRAFIA

La vita

Nasce a Torino nel 1883. Frequenta la facoltà di giurisprudenza a Torino, senza terminare gli studi.
La sua breve vicenda biografica si svolge fra Torino e villa di Agliè Canavese, dove frequentemente amava soggiornare.
Due avvenimenti principali caratterizzano la sua esistenza: la relazione, tra il 1907 e il 1909, con la nota poetessa Amalia Guglielminetti e l’insorgere della tisi, che lo conduce alla morte, avvenuta nel 1916.
Alla malattia è collegato un viaggio in Oriente, intrapreso con la speranza di guarire.

Opere

La via del rifugio (1907); I colloqui (1911)

La consapevolezza ironica

Gli esordi di Gozzano sono dannunziani.
In un componimento, L’altro, del 1907, è già possibile tuttavia individuare ciò che distingue Gozzano dagli altri poeti crepuscolari e cioè la consapevolezza ironica.
Se anche nei versi di Gozzano si trovano tutte le situazioni e i luoghi comuni della poesia crepuscolare, egli proietta però su tutto questo armamentario una luce ironica, che non è altro che la dimostrazione, sul piano poetico, della sua mancata adesione sentimentale a questo mondo.
Mondo creato e accarezzato, ma nel contempo dissolto, visto in controluce, con la consapevolezza che a quel mondo, a quel rifugio di ingenuità provinciale il poeta non può aderire.
Gozzano azzera la mitologia dannunziana, contrapponendo alla vita inimitabile del pescarese, la mediocrità piccolo-borghese o provinciale, utilizzando immagini e situazioni tipiche della scuola crepuscolare, salvo poi, a questo mondo scelto in funzione antidannunziana, aderire solo fino a un certo punto.
Il suo è un difficile equilibrio tra rievocazione e sorriso, tra affetto e ironia.

Demitizzazione della funzione della poesia

L’ombra del sogghigno, costantemente presente nell’opera di Gozzano, finisce con l’investire la funzione stessa del poetare, travolgendo in un inclemente processo di demitizzazione l’idea di gloria poetica e di poeta-vate, che proprio in quegli anni D’Annunzio alimentava.

L’amica di nonna Speranza
Componimento che, subito, divenne proverbiale.
Il poeta, sfogliando un album, ha rinvenuto la fotografia di un’amica della nonna, un dagherrotipo scattato nel 1850, quando la nonna e l’amica avevano da poco varcato i tre lustri, ed era ancora in vita la Torino di un tempo, con le mille “buone cose di pessimo gusto”, che erano proprie delle famiglie dabbene.
Gozzano si abbandona a vagheggiare, a ricordare le immagini perdute. L’unica donna, che avrebbe potuto amare è proprio quella dell’antica fotografia, quella cioè che più non esiste e presuppone un altro “guidogozzano”, non lo scrittore disincantato e ironico del Novecento.

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