GOLDONI E LA LOCANDIERA

GOLDONI E LA LOCANDIERA

La riforma goldoniana, inserita nella battaglia che l’Arcadia combatté contro il cattivo gusto e le sregolatezze barocche, mirava ad accordare il ritmo teatrale con la rappresentazione completa del ritmo della vita, attraverso l’approfondimento psicologico e la coerenza umana e poetica dei personaggi e, concentrando l’attenzione sui protagonisti, si avvicinò (per complessità di temi, caratteri, sentimenti) alle nuove prospettive del dramma borghese europeo.Perciò, nelle commedie del G. CARATTERE e AMBIENTI si commisurano in una dimensione integrale della vita umana.

La “LOCANDIERA”, tra le più famose commedie goldoniane, è un esemplare d’intreccio amoroso dagli sviluppi psicologici molto marcati, scritta (secondo le stesse parole dell’Autore) per mettere in guardia gli uomini contro l’arte seduttrice delle donne. Quindi – sotto questo profilo – la più morale, utile, istruttiva, anche se, nei fatti, Mirandolina è una donna da accettare così com’è, e proprio nella sua astuta vendetta consiste l’efficacia del personaggio.

Il mondo g. è dominato dalle donne: la serva padrona, l’innamorata capricciosa…con il loro chiaccherio, pettegolezzi, piccole furberie.

Infatti, commedie come “LA PUTTA ONORATA”, “LA BUONA MOGLIE”, “LA VEDOVA SCALTRA” (donne spregiudicate ma moralmente virtuose) anticipano Mirandolina, il cui comportamento – apparentemente illogico – nasconde l’astuzia nel condurre l’azione scenica al fine propostosi.

G.(v.Pref.) vuol avvertire gli incauti e i colpevoli, sottolineare il crudele e ingiurioso disprezzo, con cui le donne ( sirene incantatrici) si burlano spesso dei poveri uomini.

Qui nn abbiamo più il “tipo” della servetta furba e brillante (v. Commedia dell’Arte), ma la donna calata nel reale spazio socilae del ‘700 veneziano: contrasto tra nobiltà e borghesia è evidenziato dalla finezza psicologica, con cui sono resi l’animo della donna borghese e la mentalità dei suoi nobili ospiti, senza disperdere la sottintesa carica polemica (farsi beffa degli spasimanti, anacronostici nella loro altezzosità).

Mirandolina è donna di grande vitalità, garrula, frizzzante, puntigliosa e fiera, tutta lusinghe e ritegni, promesse e cautele sdegni simulati e generosità sorvegliate, testimonianza scenica del legame sottile e inestricabile che c’è tra FINZIONE e PASSIONE, tra ARTIFICIO e AMORE. Ha una certa frigidità da “donna in carriera”, grande abilità da teatrante, finge, simula, recita, domina ( con accorta perizia) la dinamica degli eventi, le altrui debolezze, in equilibrio tra maliziosa ( ma onesta) seduzione e razionale padronanza di sé; gioca un po’ col fuoco, si diverte a far girare la testa ai clienti, poi si mette la testa a partito, licenzia i nobili e sposa Fabrizio. La sua “debolezza2 (presente in tutte le donne)è vedersi servita, desiderata, adorata; vuol godere la sua libertà usa tutte le arti per sconvolgere i cuori duri dei suoi sapsimanti, ma poi da donna brillante, si ridimensione in una “borghese” qualunque, con i suoi interessi e la sua logica di classe, e – dopo un attimo di cedimento – trova la soluzione ai suoi problemi.

Commedia dolce – amara, in cui civetteria e seduzione quasi sfiorano il dramma, ma si mantengono sempre in una atmosfera gaia, leggiadra, luminosa.

è maestro nella resa dei caratteri femminili: Mirandolina ben rappresenta “l’eterno femminino”, la donna che sembra nata per recitare, che gioca con le passioni umane, abile nelle trasformazioni. Grazia, spirito, malizia, forza morale, naturalezza, dolcezza non svenevole, buon senso, autocontrollo femminile, simile e nessun’altra creatura artistica, una Colombina (la futura “soubrette”) abilissima nelle metamorfosi, avvolta in un velo di civetteria onesta e leggiadra. Anche se non incipriata, ci fa pensare alle Dame del ‘700 (come non mai) padrone e sovrane.

Con uno sguardo, una parola, un sorriso fa girare intorno a se tanti poveri innamorati; il suo cuore è libero e freddo, ma i suoi sentimenti sono eccitati e accesi nel gioco della seduzione.

Quando lei intuisce quale tipo di donna potrebbe essere amata dal Cavaliere misogino, si trasforma in “quel” tipo, creando con lui una insidiosa solidarietà e complicità, un’equivoca amicizia, sotto cui si insinua la sua civetteria; e quando è presa nel vortice, che essa stessa ha scatenato, vacilla, si smarrisce, ma – nella stupenda scena della stiratura – essa scopre le sue carte: il cavaliere freme di rabbia impotente, Mirandolina finge di non credere alla sua passione ma infine, intimorita, si fa scudo di Fabrizio. Ed ecco che tutti (poveri pupazzi) restano chiusi nella loro meschinità, tutti burlati compresa la stessa Mirandolina, che finisce per decidersi a sposarsi un servo. Non si può immaginare, dunque, Mirandolina senza i tre spasimanti, e nn si può immaginare una conclusione tragica della vicenda, il cui tema dominante è la grazia seduttrice di Mirandolina: nelle inesauribili risorse, nelle mille sfumature della sua finzione per vincere la rude scontrosità del Cavaliere, ammiriamo la ricchezza di possibilità di questa donna nel campo amoroso.

Mirandolina, dunque, si rivela uno dei personaggi più giudiziosi del teatro goldoniano.Né corruzione, né deformità morale è in lei, non desidera ricchezze o titoli nobiliari, non dimentica il proprio stato di padrona, il rpprio prestigio. La sua vitalità esuberante supera ogni ostacolo, che si frappone alla sua volontà, al suo desiderio di essere corteggiata, di agire a modo suo e, insieme, di badare ai propri affari. All’energia del personaggio corrisponde una singolare efficacia nella “costruzione organica” della commedia, che accoglie una vera sostanza di umanità, cioè incarna uomini vivi, tolti dalla vita di tutti i giorni, dal Mondo (come dice Goldoni).

In tal modo Goldoni rivela il suo carattere chiaramente “illuministico”, l’adesione ai gusti e alle esigenze della borghesia progressista, aliena da ogni forma di evasione, tutta protesa alla serena costruzione dela propria vita, attraverso un’arte autentica, concreta, tutta cose, democratica negli spiriti e nelle forme, e riesce ad equilibrare il massimo di “tipizzazione” dei personaggi col massimo di “individualizzazione”.

Su questa strada, come il Manzoni giunge a delineare un personaggio immortale come Don Abbondio, così Goldoni giunge a Mirandolina, Rusteghi, a sior Todaro…

Col suo realismo, “magico” in quanto eco di un’epoca che crede ingenuamente nell’innata bontà della natura umana, G.ritrae storie di piccole anime, inserite magistralmente in pittoreschi in pittoreschi ambienti familiari borghesi o popolari, senza fare satira di costume, ma annotando saggiamente atmosfere interessanti della vivace, gaudente, irrequiet, società veneziana, colta negli aspetti più decadenti e più appariscenti (campielli, canali, botteghe, caffè cicalecci di donne, alterchi di gondolieri, vociare di maschere carnevalesche, follie di ieri e di oggi).

Così Goldoni, portato dalla natura a una visione serena e armoniosa del mondo, evitando i profondi contrasti del pensiero e le passioni complicate, riesce a farci dimenticare quello che di tragico c’è nella vita e a darci l’illusione che la vita sia un sorriso, un pettegolezzo, un intrigo di liete avventure mentre dal fondo della sua coscienza emergeva un insegnamento modesto sì, ma tale che, se compreso, basterebbe da solo a cambiare la faccia a mezza umanità (v. le parole della Siora Felicita né “I Rusteghi” : “Amè se volè esser amai”).

L’urbanità della sua satira ci riporta all’oraziano “castigat ridendo mores”, perché la società veneziana aveva bisogno di correzioni, di richiami al dovere, ma G. preferiva cogliere debolezze e difetti sopportabili; il suo riso non è mai cattivo, non punge, non morde, non flagella, non arriva mai a giudizi di approvazione o condanna, anche se evidente la sua simpatia per tutto ciò che è buono ed esemplare, senza programmi di battaglie ideologiche, sociali o politiche.

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