GOFFREDO MAMELI BIOGRAFIA

GOFFREDO MAMELI BIOGRAFIA


-Goffredo Mameli , nome con il quale è più noto Gotifreddo Mameli dei Mannelli (Genova, 5 settembre 1827 – Roma, 7 luglio 1849) è stato un poeta, patriota e scrittore italiano. Annoverato tra le figure più famose del Risorgimento italiano, morì a seguito di una ferita infetta che si procurò durante la difesa della seconda Repubblica Romana. È l’autore delle parole dell’attuale inno nazionale italiano.

BIOGRAFIA

I genitori erano Giorgio (Giorgio Giovanni), della famiglia aristocratica sarda dei MAMELI o MAMELI dei MANNELLI, nonché Cavaliere dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, contrammiraglio della Regia Marina Sarda (aveva percorso tutta la carriera nella marina iniziando da ufficiale, spostandosi per ricoprire la carica a Genova), parlamentare a Torino; la madre era Adelaide (Adele) Zoagli, della famiglia aristocratica genovese degli Zoagli (figlia a sua volta del Marchese Nicolò Zoagli e di Angela dei Marchesi Lomellini).
Giorgio Mameli, il padre, aveva comandato a Genova una squadra della flotta del Regno di Sardegna (capitali Torino e Cagliari).

Goffredo Mameli, docente nel collegio di Carcare (Savona), fu autore, all’età di 20 anni, delle parole dell’inno nazionale italiano, il Canto degl’Italiani (1847), più noto come Inno di Mameli, musicato da Michele Novaro.

Mameli venne presto conquistato dallo spirito patriottico e, durante i pochi anni della sua giovinezza, riuscì a far parte attiva in alcune memorabili gesta che ancor oggi vengono ricordate, come ad esempio l’esposizione del tricolore per festeggiare la cacciata degli Austriaci nel 1846.

Nel marzo 1848 organizzò una spedizione per andare in aiuto a Nino Bixio durante l’insurrezione di Milano e, in virtù di questa impresa coronata da successo, venne arruolato nell’esercito di Giuseppe Garibaldi con il grado di capitano.

Tornato a Genova riuscì a dedicarsi alla composizione musicale diventando contemporaneamente direttore del giornale Diario del Popolo e senza dimenticare di pubblicizzare le sue idee irredentiste nei confronti dell’Austria.

La sua opera di patriota venne anche svolta: a Roma, nell’aiuto a Pellegrino Rossi e per la proclamazione del 9 febbraio 1849 della Repubblica romana di Mazzini, Armellini e Saffi; e in una campagna, svolta a Firenze, per la fondazione di uno stato unitario tra Lazio e Toscana. Nel suo continuo vagabondaggio si trovò nuovamente a Genova, sempre al fianco di Nino Bixio nel movimento irredentista fronteggiato dal generale Alberto La Marmora, quindi nuovamente a Roma nella lotta contro le truppe francesi venute in soccorso di Papa Pio IX (che nel frattempo aveva lasciato la città).

La sua morte avvenne in seguito a delle circostanze accidentali: nella difesa della Villa del Vascello durante la breve Repubblica romana del 1849 fu ferito in maniera non particolarmente grave da un commilitone, con la baionetta, ad una gamba. Morì per la sopravvenuta infezione il 6 luglio 1849 a soli 22 anni, all’ospizio della Trinità dei Pellegrini.

Fu sepolto al Verano, dove è ancor oggi visibile il suo monumento. Tuttavia le sue spoglie vennero traslate nel 1941 al Gianicolo, dove il fascismo belligerante aveva spostato e ricostruito il “Monumento ai caduti per la causa di Roma Italiana” eretto inizialmente (nel 1879) lì presso, nel piazzale di San Pietro in Montorio.

Fonte: wikipedia

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