GLAUCO E DIOMEDE

GLAUCO E DIOMEDE


-Nel mentre Achille sta corrucciato sotto la sua tenda, le battaglie continuano, anche con intervento diretto delle divinità dell’Olimpo, con una prevalenza dei Troiani dovuta al temporaneo favore di Zeus. In una di queste, uno dei più forti eroi Achei, Diomede, figlio di Tidéo re di Argo, sta per scontrarsi con Glauco, nobile della Licia, alleato dei Troiani. Durante la mischia tra Teucri e Achei si scontrano Glauco, figlio di Ippòloco, re dei Lici e alleato dei Troiani, e Diomede, fortissimo eroe acheo, l’alter ego di Achille. Sulla base del codice eroico, un combattente non può scontrarsi con un avversario di rango inferiore: quindi, i due eroi, prima di combattere, illustrano la loro genealogia. Diomede parla per primo, dicendo di non aver mai visto l’altro guerriero, e che se si tratta di un Dio, non ha intenzione di combattere contro di lui. Diomede infatti in un combattimento precedente, narrato nel Libro V, ha ferito due divinità, Afrodite ed Ares, che combattono dalla parte dei Troiani: forse teme di esagerare e di provocare l’ira di Zeus. Gli risponde Glauco, ricordandogli che le stirpi si estinguono e non sono fondamentali per riconoscere un uomo. Ugualmente però si identifica, citando la propria stirpe. Ecco che i due eroi scoprono che i loro avi sono stati congiunti dal vincolo dell’ospitalità (cfr. Mito di Bellerofonte nella pagina successiva) e tale legame di solidarietà ricade anche sui discendenti. Pertanto, non è possibile che i due eroi combattano l’uno contro l’altro: Diomede pianta la lancia a terra, e ricorda proprio come una volta Oineo, nonno di Diomede, avesse ospitato Bellerofonte, da cui discende Glauco, e come i due si fossero fatti doni. Così propone di evitare lo scontro; per entrambi ci sono molti altri guerrieri Troiani ed Achei da uccidere. I due quindi si separano da amici, dopo essersi scambiati dei doni di ospitalità, che sanciscono il legame personale e costituiscono parte integrante del concetto di ospitalità.


TRADUZIONE 

Iliade, libro VI (Glauco e Diomede): VV144-165

A lui disse a sua volta il fulgido
figlio di Ippoloco:
“Tidide magnanimo, perché
domandi la stirpe?
Quale è la stirpe delle foglie, tale è
quella degli uomini.
Le foglie, alcune il vento le sparge a
terra, altre la selva
Rigogliosa le fa nascere, e giunge la
stagione di primavera;
così la stirpe degli uomini, una
nasce, una si spegne.
Ma se vuoi sapere anche questo, per
conoscere bene
la nostra stirpe, essa a molti uomini
è nota:
c’è la città di Efira, nella valle di
Argo che nutre cavalli,
e viveva lì Sisifo, che fu il più astuto
degli uomini,
Sisifo figlio di Eolo: ed egli generò
un figlio,
Galuco, e Glauco generò l’eccelso
Bellerofonte.
A lui gli dèi concessero bellezza e
amabile ardire,
ma sventure gli macchinò nel suo
animo Preto, che lo cacciò
dal popolo degli Argivi, poiché era
assai potente;
Zeus infatti li aveva sottomessi al
suo scettro.
La moglie di Preto, la divina Antea,
era folle dal desiderio
di unirsi con lui in amore nascosto;
ma non lo convinse,
l’assennato Bellerofonte dalle
oneste intenzioni.
Ella, allora, si rivolse mentendo al
Re Preto:
“Che tu possa morire, o Preto, se
non uccidi Bellerofonte,
che voleva unirsi con me contro la
mia volontà”.


GLAUCO E DIOMEDE

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