GIUSEPPE UNGARETTI PENSIERO E POETICA

GIUSEPPE UNGARETTI PENSIERO E POETICA


Il pensiero e la poetica

La produzione poetica di Ungaretti viene divisa in tre fasi.

La prima ( corrispondente agli anni giovanili e all’esperienza di combattente in trincea) è caratterizzata da una forte sperimentazione linguistica. Sono componimenti brevi, in cui il poeta si impegna molto nella ricerca di parole che siano sonore, ritmiche ed evocative di emozioni.

Le opere di questo periodo hanno una forte componente autobiografica e rievocano sia gli anni della giovinezza trascorsi in Egitto, sia la cruda esperienza del fronte.

La concezione di poesia che ne emerge è quella di una ricerca laboriosa di “ciò che di segreto rimane in noi, indecifrabile”; perciò il poeta deve tuffarsi in un “abisso” per recuperare l’essenza più intima della realtà. Sul piano stilistico queste sono le novità:

  • la scomparsa della punteggiatura, con il semplice accostamento delle parole;
  • alle parole della tradizione classica sostituisce quelle comuni, della lingua parlata, della prosa, capite e usate da tutti, le sole adatte a esprimere l’intimo del pensiero perchè “scavate” nella vita (un linguaggio, dunque, non poetico);
  • la riduzione del verso alla misura della singola parola, considerata come improvvisa illuminazione e apertura sull’Assoluto;
  • l’abolizione della rima e del verso tradizionale (le strofe con rime e ritmi ben scanditi e misurati) sostituendole con ritmi spezzati, con versi liberi, lunghi e brevi;
  • l’adozione di un linguaggio scarnoessenziale, frammentario;
  • l’uso frequente di spazi bianchi, pause, silenzi, che inducono il lettore a tentare di integrare e ricostruire una trama visibile solo in parte.
  • Sconvolge la sintassi tradizionale e rompe i “sintagmi” cioè i gruppi di parole legate logicamente tra loro e che costituiscono una parte della frase.

Dopo la guerra, con l’avvicinamento del poeta alla religione cattolica, ha inizio la seconda fase, caratterizzata da poesie che hanno come tema la riflessione sul tempo e sulla morte.

I versi brevissimi della prima fase vengono sostituiti da componimenti più articolati e densi vicini alle forme metriche tradizionali.

Ungaretti sceglie il recupero della sintassi, della punteggiatura e delle forme metriche tradizionali, in particolare dell’endecasillabo. Alla poetica dell’attimo e del frammento il poeta sostituisce una diversa percezione del tempo, inteso come continuità ma anche come fugacità, in opposizione all’eternità. Il sentimento del tempo si lega così alla meditazione sulla morte e sul “sentimento della catastrofe”. Anche il linguaggio si fa più ricercato e ricco di aggettivi.

La terza fase inizia con le poesie di straziante tenerezza scritte in morte del figlio Antonietto. Si fa più profonda la meditazione e la riflessione sul destino dell’uomo.

Nella terza fase il poeta si orienta invece verso il recupero della tradizione classica attraverso nuovi ritmi, fatti di pause e suggestioni musicali, e attraverso una forma ancora più ampia e solenne. Il tono delle liriche è meno intimo e volutamente isolato, ma si apre al colloquio con gli altri uomini nel trattare contenuti più umani e concreti, nel comunicare il proprio dolore, quello per la morte del figlioletto, e quello dell’umanità intera, per la seconda guerra mondiale.


  1. MARTINO DEL CARSO (1916)

(da L’ALLEGRIA, sezione IL PORTO SEPOLTO)

Il poeta usa parole essenziali e scarne per esprimere il senso tragico della distruzione di un paese e dell’ animo del poeta, “ il paese più straziato”. Un paese del Carso, San Martino, viene distrutto dalla furia della battaglia. Le case sono ridotte a “qualche brandello di muro” e tanti cari amici sono stati uccisi dalle cannonate. Ma tutti sono presenti e vivi nel cuore del poeta, che soffre al ricordo di quei giorni di morte.


Fratelli

 In questa poesia il poeta cerca di esprimere il senso della fragilità della vita sconvolta dalla follia della guerra. É notte. L’aria è squarciata dai lampi della battaglia. Due reparti combattenti si incontrano sulla linea del fronte. Mentre si salutano e si scambiano notizie, ecco nel buio risuonare la parola che il mondo impazzito sembra aver dimenticato: fratelli!  La parola “fratelli” si leva timidamente (“tremante”) nella notte come una “foglia appena nata”. Nell’aria straziata dai lampi dei proiettili e dagli scoppi di bombarde (“spasimante”) la parola “fratelli” è come un grido di rivolta dell’uomo consapevole della sua fragilità (“dell’uomo presente alla sua fragilità”) contro le atrocità della guerra.“Fratelli” è la parola chiave che apre e chiude la poesia.