GIUSEPPE PARINI IL GIORNO ANALISI

GIUSEPPE PARINI IL GIORNO ANALISI


-Il giorno è una satira in cui si racconta la vita del Giovin Signore divisa nelle quattro parti della giornata: Mattino, Meriggio, Vespro e Notte di cui il Vespro è la parte più breve. È scritto in endecasillabi sciolti ed è rimasto incompiuto. Il mattino e il meriggio sono le due parti che sono state pubblicate quando Parini era ancora in vita (1763-1765). L’idea originaria era quella di una triade di poemetti: il mattino il meriggio e la sera che fu suddivisa in due parti: il vespro e la notte (stesi nel 1795). 

Il poema mira innanzitutto ad una critica nei confronti della nobiltà settecentesca italiana, ambiente che lo stesso Parini aveva frequentato come precettore di famiglie aristocratiche, e che quindi conosceva molto bene. Libertinismo, licenziosità, corruzione ed oziosità sono solo alcuni dei vizi che l’autore denuncia, con ironia, nella sua opera, incarnati perfettamente da questa classe sociale che, a giudizio del poeta, aveva perso quel vigore necessario a farsi guida del popolo, come invece era stata in passato. Parini infatti non si pone come nemico della casta nobiliare, ma si fa portavoce di una teoria secondo la quale l’aristocrazia vada rieducata al suo compito di guida della società, compito che giustifica tutti i diritti ed i privilegi di cui gode. Ciò fa sì che quest’opera rientri nel genere della poesia didascalica molto diffusa nell’epoca classica e nell’Illuminismo. È emblematica la definizione del Giovin Signore data nel proemio del Vespro: colui “che da tutti servito a nullo serve”; giocando sull’ambivalenza del verbo “servire”, che può anche significare “essere utile a”. Partendo da questo punto, si può cogliere come il poeta abbia intenzionalmente costruito l’intera opera sul gioco dell’ambiguità: se per una lettura superficiale il componimento può apparire un’esaltazione ed un’adesione agli atteggiamenti della classe nobiliare, un approfondimento fa invece emergere tutta la forza dell’ironia volta ad una vera e propria critica. Ad accentuare il senso di monotonia oppressiva è la collocazione della narrazione sempre in ambienti chiusi o ristretti, come chiusa è la mentalità dei personaggi che li popolano. La lentezza e la monotonia della vita ripetitiva del Giovin Signore è data infatti anche dal lungo soffermarsi della narrazione su tolette, specchi, monili e quant’altro di invidiabile Parini notava nella vita signorile. la descrizione pariniana non è semplice descrizione ma, grazie all’influsso sensista, è evocazione di ciò che viene percepito dai sensi del poeta. Lo stile è senza dubbio di alto livello tipico del poema epico antico e della lirica classica.

Parini utilizza in tutto il componimento le “favole mitologiche”. È presente la favola su Amore e Imene e quella che narra l’invenzione della cipria nel Mattino, la favola sul Piacere nel Meriggio, una sulla Fama nel Vespro e l’ultima nella Notte sull’origine del canapè. Il Settecento illuminista ha riflettuto sul significato di queste favole attribuendo due principali funzioni. 

La prima è quella di formare un codice aristocratico; le favole erano quindi il simbolo di una cultura raffinata, che conosce le vicende mitiche di un mondo lontano e noto solo a una ristretta cerchia di persone. 

La seconda è quella dove il mito rappresenta una forma di pensiero umana contrapposta a quella filosofica. Il mito acquista quindi il valore di uno strumento strumento di interpretazione della realtà che permette di leggere meglio la condizione umana. 

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