GIUSEPPE MAZZINI RIASSUNTO

GIUSEPPE MAZZINI RIASSUNTO

GIUSEPPE MAZZINI RIASSUNTO


Nato a Genova il 22 maggio del 1805 da Giacomo, professore universitario ex giacobino e da Maria Drago, donna di alta sensibilità morale e religiosa. Il fanciullo impara con inusitata volontà e perizia a leggere in casa mentre studiano le sorelle. Il colonnello d’artiglieria Giuseppe Patroni, cugino della madre, presagisce in una lettera del 28 agosto che “Questo caro fanciullo è una stella di prima grandezza che sorge brillante di una luce per essere ammirata un giorno dalla colta Europa”

– 1820 Mazzini a soli 15 anni è ammesso all’Università; avviato in un primo tempo agli studi di medicina, passa a quelli di legge. – 1826 Scrive il suo primo saggio letterario, Dell’amor patrio di Dante, pubblicato poi nel 1837 – 1827 Ottiene, il 6 aprile, la laurea in “Jure Utroque”. Entra a far parte della Carboneria, società segreta. Mazzini fu studente in legge nella sua città natale ma fin dall’adolescenza si mostrò più aperto agli interessi politici e letterari che non alla giurisprudenza: egli si riteneva un rivoluzionario diverso da molti altri in quanto concepiva la rivoluzione non come rivendicazione di diritti individuali non riconosciuti bensì come un dovere religioso da attuare in favore del popolo. A tal fine aderì alla Carboneria, per la quale svolse incarichi vari di carattere organizzativo in Liguria e in Toscana. 1828 Collabora, con una decina di articoli e varie note bibliografiche, all'”Indicatore genovese”. Questo giornale, la cui nuova serie era iniziata il 28 maggio, viene soppresso dal governo Piemontese il 20 dicembre. – 1829 Collabora all'”Indicatore livornese”.

– L’Indicatore Genovese e l’Indicatore Livornese, erano due giornali che si professavano letterari, presto soppressi dalla polizia sabauda e toscana, perché in essi la ragione letteraria non era che una copertura, peraltro poco nascosta, dell’intenzione politica. Di qualche interesse è il Saggio sopra alcune tendenze della letteratura europea nel secolo XIX, con il quale egli indirizzava il romanticismo nell’alveo democratico e laico. – 1830 Viaggia di Mazzini in Toscana per aggregare aderenti alla Carboneria. E’ a Genova il 21 ottobre, ma è tradito e denunciato alla polizia quale carbonaro.

Il 13 novembre è arrestato e chiuso in carcere nella fortezza di Savona. – 1831 – E’ prosciolto per mancanza di prove e liberato il 28 gennaio, ma restano i dubbi e gli si impone di scegliere tra il confino in qualche sperduto borgo del regno sotto la sorveglianza della polizia o l’esilio. Sceglie la via dell’esilio ed esce dal Regno Sardo, si reca a Ginevra, dove incontra alcuni esuli. Rientrato in Francia passa a Lione e vi trova alcuni proscritti italiani; poi fonda a Marsiglia la Giovine Italia, che ha come sottotitolo “Serie di scritti intorno alla condizione politica, morale e letteraria dell’Italia, tendenti alla sua rigenerazione”. si propone di costituire la Nazione ” Una, Indipendente, Libera, Repubblicana”. che si propone di costituire la Nazione ” Una, Indipendente, Libera, Repubblicana”. Ma fa comunque stampare una lettera aperta a Carlo Alberto, appena salito al trono per esortarlo a prendere l’iniziativa della riscossa italiana. Grazie allo spirito profondamente religioso e alla dedizione verso lo studio degli avvenimenti storici, egli aveva compreso come solo una stato di tipo repubblicano avrebbe potuto permettere il raggiungimento degli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità propri della Rivoluzione Francese. Per questo formulò il programma più radicale fra tutti quelli dibattuti nel corso del Rinascimento (non è un errore: molti dicevano rinascita o rinascimento invece di risorgimento) italiano e, fedele alle sue idee democratiche, avversò la formazione di uno stato monarchico. Ma ancora il 3 ottobre 1859,anche a Vittorio Emanule II, scrisse una lettera, molto simile: “Repubblicano di fede, ogni errore di Re dovrebbe, s’io non guardassi che al mio partito, sorridermi come elemento di condanna alla monarchia. Ma, perché io amo più del mio partito la patria, e voi poteste, volendo, efficacemente aiutarla a sorgere e vincere, io vi scrivo da terra italiana…”

(vedi la lettera nell’ANNO 1859) Un capitolo interessante da esplorare è costituito dai rapporti di Mazzini e della sua Giovine Italia con i movimenti di opposizione diffusi in quegli anni. Nonostante fosse accolto nella I Associazione Internazionale dei Lavoratori come rappresentante dell’Italia – ma erano gli anni dell’esilio londinese – Mazzini non riuscì mai a comprendere la lotta di classe e ne fa prova il suo irriducibile antimarxismo e la sua continua opposizione ai movimenti socialisti (lotta contro la stessa I Internazionale e sconfessione della Comune); altrettanto problematici furono i rapporti con le società segrete guidate da Filippo Buonarroti che avevano la loro forza nel numero e nei legami con i gruppi contadini attratti dal programma collettivista. Mazzini tentò un’alleanza con i Buonarrotiani (1832), ma la loro lotta di classe ed il loro attaccamento all’Ottantanove francese produssero ben presto la rottura (1833) privando i mazziniani di ogni influenza sulle masse operaie e contadine.
Non potendo contare sull’aiuto di un sovrano, Mazzini si trovò nella necessità di cercare la propria base di azione nel popolo. Si dette così a fissare le linee programmatiche di un’associazione che affrontasse con spirito e mezzi nuovi il problema dell’indipendenza e dell’unità della patria. Nessuno più di lui era convinto che la Carboneria non potesse in alcun modo condurre il popolo italiano al suo riscatto a causa di alcuni gravi difetti, quali:

  1. • la mancanza di un’azione unitaria e di visione nazionale del problema politico italiano;
  2. • l’eccessiva fiducia nei sovrani locali e stranieri;
  3. • l’incertezza nel programma (repubblicano? monarchico? federale?)
  4. • la mancata diffusione di questo presso i più diversi strati sociali anche per mezzo della stampa;
  5. • la conseguente assenza del popolo dai moti rivoluzionari;
  6. • la presenza perlopiù di aristocratici, intellettuali, ricchi borghesi o ufficiali dell’esercito decisi a costruire, anche dopo la vittoria, una classe privilegiata cui avrebbe dovuto essere affidata, la direzione dello Stato.

Ecco perché, secondo Mazzini era giunto il momento di dire e di fare qualcosa di nuovo, rivolgendosi non soltanto ad un ristretto numero di persone, bensì a tutti gli italiani attraverso programmi chiaramente espressi e resi di pubblica ragione.
E’ sulla base di queste convinzioni che Mazzini aveva creato a Marsiglia la Giovine Italia: “giovine” perché destinata a fondarsi soprattutto sull’entusiasmo rivoluzionario dei giovani e non più sui sottili calcoli politici delle vecchie generazioni; “Italia” perché espressione di un movimento unitario a base nazionale, interprete dei bisogni e delle speranze di tutta la penisola. La nuova associazione doveva inoltre ispirarsi a principi “repubblicani” perché:

  • • “tutti gli uomini di una nazione sono chiamati, per la legge di Dio e dell’umanità, ad essere uguali e fratelli”;
  • • “l’istituzione repubblicana è la sola che assicuri questo avvenire”;
  • • “l’esistenza di un re vizia l’uguaglianza dei cittadini e minaccia la libertà di un paese” in quanto lascia che al vertice della scala sociale qualcuno goda di straordinari privilegi con grande pericolo per tutti gli altri;
  • • la sovranità risiede non già in un individuo, anche se nobile e valoroso, ma in tutto il popolo, la cui volontà discende direttamente da Dio ed è la sola capace di esprimere il volere divino negli ordinamenti di uno stato (“Dio e popolo”): sacro è perciò il suo sdegno, sacre sono le sue rivoluzioni contro quanti pretendono di soffocare la libertà;
    Di qui il programma politico spirituale, che Mazzini attraverso la nuova associazione desiderava realizzare e che si può così sintetizzare:
  • 1. provvedere all’educazione e alla formazione di una nuova coscienza popolare quale indispensabile premessa di ogni azione.
  • o La Giovine Italia si definiva “associazione tendente anzitutto a uno scopo di insurrezione, ma essenzialmente educatrice fino a quel giorno e dopo quel giorno”, e perciò era necessario che il suo programma venisse diffuso il più ampliamente possibile, venisse “gridato dai tetti”, affinchè esso fosse chiaro in tutti i suoi punti.
  • o La clandestinità, della quale le precedenti sette si compiacevano, rimaneva ovviamente necessaria per gli aspetti organizzativi dell’associazione, per i nomi degli aderenti, ma doveva cessare completamente per quanto riguarda appunto i propositi e i fini della Giovine Italia.
  • o L’importanza attribuita all’educazione non deve far pensare a un atteggiamento accademico e libresco, perché al contrario la formula mazziniana “pensiero e azione” mira appunto a sottolineare il legame fra la maturazione morale e l’impegno nella lotta, condannando ad un tempo ogni cultura puramente intellettualistica.
  • 1. fare dell’Italia con una “rivoluzione di popolo” una nazione saldamente unita, indipendente dallo straniero, libera nei suoi ordinamenti e sovrana, padrona cioè di sé e del suo destino;
  • 2. fondare una repubblica democratica basata sul suffragio universale, in quanto solo il popolo, senza distinzione di classe, di ricchezza o di religione, è sovrano e ha quindi diritto di autogovernarsi;
  • 3. lottare per un sistema sociale migliore sulla base di una più giusta distribuzione delle ricchezze;
  • 4. rinnegare il predominio di una nazione sull’altra e contribuire invece al pacifico progresso di tutta l’umanità.

Se la precedente azione era fallita, ciò si doveva, secondo Mazzini, anche alla mancanza di un’intima ispirazione religiosa, alla fiducia ancora accordata ai principi, all’aver creduto nel valore delle costituzioni piuttosto che nell’azione creativa del popolo, la sola capace di costruire un edificio duraturo.
Religiosità, democrazia e nazione sono per il Mazzini una cosa sola: senza la fede in un principio superiore, in un Dio di verità e di giustizia, che per lui non si identifica con quello della tradizionale religione, gli italiani avrebbero continuato ad occuparsi del proprio interesse particolare e non avrebbero sentito nascere in se stessi quel sentimento di solidarietà e di dignità che è necessario per una rinascita;
senza un regime di piena democrazia repubblicana, essi sarebbero rimasti dei semplici oggetti di storia, succubi degli stranieri o dei tiranni e principi locali;
infine, senza religione e senza democrazia non ci può essere nazione, quando anche si sia conseguita l’indipendenza territoriale, perché la nazione non si identifica con l’unità etnica o con le tradizioni comuni, ma si fonda invece sull’unità dei propositi che si possono pienamente manifestare solo grazie alla conquista di un regime di completa libertà.
In sintesi: “Dio e popolo” significa appunto che Dio si manifesta attraverso il popolo; significa che la nazione deve considerarsi come “un’operaia al servizio di Dio”, cioè al servizio dell’Umanità.
Come ogni singolo ha un proprio dovere da compiere, così ogni nazione ha una propria missione. Mazzini assegna all’Italia quella di farsi ispiratrice del movimento di liberazione di tutti i popoli europei: non un primato di potenza politico-militare, ma piuttosto una vocazione di solidarietà e di libertà: in questo senso egli poteva dire di amare la propria patria in quanto amava tutte le patrie. e fondava nel 1834 la “GIOVINE EUROPA”, (diramata in quattro organizzazioni locali: la “Giovine Germania”, la “Giovine Polonia”, la “Giovine Italia”, la “Giovine Svizzera”) al fine di condurre tutti i popoli all’insurrezione liberatrice, dopo la quale, rovesciati i governi, riconoscersi come fratelli.

La presenza di Mazzini – che sul piano dei fatti fu in un certo senso il grande sconfitto del Risorgimento – fu essenziale e determinante per la realtà italiana, infatti egli non seppe solo creare una coscienza di “popolo” e di “patria” presso tutte le classi sociali, ma seppe anche essere nei paesi europei il simbolo stesso del nostro Risorgimento e dell’assoluta necessità di dare ai problemi italiani una soluzione adeguata.
La propaganda mazziniana ebbe ampia diffusione in Toscana, negli Abruzzi, in Sicilia, ma soprattutto in Piemonte e in Liguria, dove raccolse vaste adesioni, specialmente negli ambiti militari degli ufficiali inferiori e dei sottufficiali. Appunto in queste ultime regioni, che gli erano meglio note, il Mazzini avviò nel 1833 il suo primo tentativo insurrezionale, che avrebbe dovuto trovare i suoi centri di iniziativa a Chambèry, Torino, Alessandria e Genova. La stessa vastità della congiura e i metodi assai più aperti della “Giovine Italia” permisero però al governo sabaudo di venirne a conoscenza ancora prima che essa venisse attuata, e poichè Carlo Alberto si vide minacciato proprio dalla fedeltà dell’esercito, che secondo tradizione doveva essere strumento fedele della politica regia, la repressione fu spietata e feroce: ventisette condanne a morte, di cui dodici eseguite; un centinaio di condanne a pene carcerarie di diversa entità; numerosissimi esili, volontari o obbligatori. L’amico più caro del Mazzini, Jacopo Ruffini, capo della “Giovine Italia” di Genova e lì arrestato, per sottrarsi alla violenza degli interrogatori, ai quali non tutti riuscivano a resistere, si diede la morte.
Queste vittime, e specialmente il ricordo del Ruffini, pesarono a lungo nell’animo di Mazzini, il quale, alcuni anni dopo, verrà assalito dal dubbio di averle sacrificate inutilmente ad un’idea orgogliosa ed arbitraria.
Intanto la “tempesta del dubbio” (che del resto fu superata in considerazione del significato religioso o della missione cui egli si era impegnato) non interruppe l’attività del Mazzini. Nel 1834 l’insurrezione, fallita l’anno prima, venne ripresa: dalla Svizzera un gruppo di italiani avrebbe dovuto penetrare in Savoia ed appiccare l’incendio della ribellione; da Genova il segnale della rivolta sarebbe stato dato da Giuseppe Garibaldi, ardente affiliato della “Giovine Italia”, che si era arruolato nella marina sarda appunto allo scopo di diffondervi le nuove idee repubblicane e patriottiche. A capo delle colonne provenienti dalla Svizzera fu posto un reduce dell’insurrezione polacca del 1830-31, Girolamo Ramorino, il quale in questa occasione diede pessima prova, guidando la spedizione senza entusiasmo, dopo aver sperperato i fondi di cui disponeva.
Un gruppo venne fermato dalle truppe svizzere prima ancora di aver varcato i confini del Regno di Sardegna; altre due schiere, non sostenute dalle popolazioni, furono facilmente disperse dalle pattuglie di Carlo Alberto.
Il 28 maggio del 1834 è arrestato a Soletta; poco dopo la Dieta Svizzera lo esilia in perpetuo dallo Stato. Si reca a Parigi, dove il 5 luglio è arrestato; è rilasciato a patto che parta per l’Inghilterra. – 1837 Nel gennaio giunge a Londra. E’ in miseria: riceverà più tardi modesti compensi per la collaborazione a giornali e riviste inglesi. – 1840 Il 30 aprile ha ricostituito la Giovine Italia. Il 10 novembre inizia a Londra la pubblicazione del periodico “Apostolato popolare”, che reca nel sottotitolo “Libertà, Eguaglianza, Umanità, Indipendenza, Unità – Dio e il popolo – Lavoro e frutto proporzionato”.
Altrettanto negativi furono altri tentativi di insurrezione della “Giovine Italia” in Sicilia, negli Abruzzi, in Toscana e nel Lombardo-Veneto. Evidentemente Mazzini chiedeva al popolo italiano più di quanto esso fosse preparato a dargli e ciò lo pose in uno stato di profonda amarezza e di grande sconforto, che si protrasse dal 1835 al 1840. Gli fu spiritualmente accanto la madre che lo incitò a proseguire fino in fondo tanto che Mazzini infaticabile fondò appunto la “Giovine Europa” (il progetto era tuttavia troppo ambizioso perché potesse dare frutti concreti) e organizzò a Bologna nel 1843 un altro moto che fece appuntare su di essa l’attenzione su due giovani ufficiali della marina austriaca recentemente convertiti al mazziniasesimo: il 25 luglio a Rovigo (Cosenza), della spedizione dei fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, sconsigliata da Mazzini. Purtroppo anche questo moto ebbe esito negativo.
L’8 settembre, 1847 è di nuovo a Londra; sottoscrive una lunga lettera a Pio IX indicandogli ciò che dovrebbe e potrebbe fare. Dal 7 marzo del 1848 è a Parigi: detta lo statuto dell’Associazione Nazionale Italiana.

Il 7 aprile giunge a Milano liberata dagli austriaci. Fonda il quotidiano “L’Italia del popolo”, nel quale chiarisce le proprie idee sul modo di condurre la guerra. Nell’agosto lascia Milano per l’arrivo degli austriaci, raggiunge Garibaldi a Bergamo e lo segue in qualità di alfiere. L’8 agosto ripara in Svizzera, dove rimarrà fino al 5 gennaio 1849.
Il 9 febbraio sempre del 1849, è proclamata la Repubblica Romana. Goffredo Mameli telegrafa a Mazzini: “Roma Repubblica, venite!”. Il 5 marzo entra in Roma “trepidante e quasi adorando”. Il 29 marzo è nominato triumviro. Il 30 giugno, di fronte all’impossibilità di resistere oltre in Roma, respinta la sua proposta di uscire con l’esercito e trasferire altrove la guerra, si dimette con gli altri triumviri perché dichiara di essere stato eletto a difendere, non ha sotterrare la Repubblica. Entrati i nemici, parte il 12 luglio per Marsiglia. Si reca quindi a Ginevra e successivamente a Losanna.

Unico momento esaltante dopo tanti insuccessi fu per Mazzini l’esperienza della Repubblica Romana del 1849, subito però seguito da nuovi cocenti insuccessi.
Vive tutto il 1850 nascosto in Svizzera, costretto dalle persecuzioni poliziesche a spostarsi continuamente. Nel luglio è a Londra. Fonda nella capitale inglese la società “Amici d’Italia” per estendere simpatie alla causa nazionale, poi di nuovo in Svizzera.
Tentativi insurrezionali contro gli austriaci a Mantova nel 1852 (che comportò nove condanne a morte), e il 6 febbraio del 1853 a Milano è subito repressi e offrì al governo austriaco l’occasione per sequestrare i beni dei patrioti lombardi emigrati in Piemonte.
Nel 1855 si oppone alla adesione del Piemonte al trattato di alleanza con l’Austria e alla spedizione di Crimea.
Nel 1857 ritorna a Genova nel maggio per preparare con Carlo Pisacane l’insurrezione che dovrebbe poi scoppiare nel capoluogo ligure. La polizia non riesce ad arrestare Mazzini che, per la seconda volta, sarà condannato a morte in contumacia (28 marzo 1858).
Nel giugno del 1858, scrive una vivacissima lettera a Cavour per protestare contro i giudizi espressi dal grande ministro nel discorso alla Camera del 16 aprile sul movimento mazziniano. Nel settembre fonda a Londra il periodico ” Pensiero e Azione” che durerà fino al 22 maggio del 1860, totalmente dedicato alla propaganda repubblicana.
A Londra, il 21 febbraio del 1859 è firmata da 152 repubblicani una dichiarazione scritta Mazzini contro la guerra a l’Austria in alleanza con Napoleone III. Escluso dall’amnistia concessa all’inizio della guerra. L’8 agosto si reca clandestinamente a Firenze: è tollerato dal ministro Ricasoli.
Il 2 maggio del 1860 parte da Londra per l’Italia, sperando di raggiungere Garibaldi per l’impresa dei Mille. Arriva a Genova l’8 maggio e qui si ferma fino alla metà di agosto. Cospira perché si attende l’insurrezione Toscana fino al sud, dove trionfa l’impresa garibaldina. Con la falsa indicazione di Londra, esce a Lugano, stampato tra il luglio e l’agosto, il volumetto Doveri dell’uomo, sintesi del suo pensiero morale, politico e sociale. Alla metà di settembre si reca a Napoli: il 3 ottobre il prodittatore Giorgio Pallavicino lo invito a lasciare la città. Seguono nella città partenopea dimostrazioni contrarie all’Esule. Il 5 novembre, a Caserta, con Garibaldi, compila e diffonde lo statuto dell’Associazione Unitaria Nazionale.

1861 -Il 4 gennaio, un’adunanza di mazziniani e garibaldini trasforma i comitati di soccorso a Garibaldi per la Sicilia e Napoli in comitati di provvedimento per Venezia e Roma, di nuovo mutati in Associazione Emancipatrice Italiana. Esce nel dicembre a Milano, presso l’editore Daelli il primo volume dei suoi Scritti editi ed inediti. 1862 – Da Londra si reca a Lugano il 26 agosto per seguire l’impresa di Garibaldi che il 29 dello stesso mese è ferito nell’Aspromonte. – 1863 – Nel febbraio, per mezzo di Demetrio Diamilla Müller, è in relazione con Vittorio Emanuele II per affrettare la liberazione del Veneto.

– 1864 Il 18 novembre Francesco Crespi pronuncia alla Camera un discorso, nel quale afferma che la sua bandiera è “Italia e Vittorio Emanuele” e che “chi solleva un’altra bandiera non vuole l’unità d’Italia”. Mazzini gli risponde nel dicembre con una lunga lettera. – 1865- 1866 – Stabilisce relazioni con la Permanente, raggruppamento di parlamentari liberali Piemontesi, riprendendo il progetto per la liberazione del Veneto, ma il modo come viene condotta e conclusa la guerra del 1866 lo disillude e lo fa ritornare al lavoro puramente repubblicano. con 181 voti contro 107, la Camera dei Deputati annulla la sua elezione nel collegio di Messina, perché condannato a morte nel 1858 per i moti genovesi. Nel settembre detta le norme dell’Alleanza Repubblicana Universale.
1867

– Il 7 febbraio rinuncia all’elezione a deputato. Nel novembre-dicembre è malato a Lugano e riceve la visita di Carlo Cattaneo. – 1868 – A Lugano, nel dicembre, convoca i rappresentanti repubblicani per considerare la situazione in vista del congiungimento di Roma all’Italia. Ai primi di gennaio del 1870 giunge a Genova, poi ritorna a Lugano; rientra in Italia. L’11 agosto parte per la Sicilia sperando in un movimento insurrezionale. A Palermo prima di scendere dalla nave, è dichiarato in arresto; il 14 agosto è portato al carcere del forte di Gaeta. Il 14 ottobre è liberato, in virtù dell’amnistia concessa ai condannati politici per la presa di Roma. Dopo brevi soste a Roma, Livorno, Genova, riprese la via dell’esilio. E’ a Lugano alla fine di ottobre; ritorna a Londra alla metà di dicembre. Il 9 febbraio esce a Roma il numero – programma del settimanale “La Roma del popolo”. Il 10 febbraio lascia Londra per Lugano. Nel novembre promuove il Patto di Fratellanza tra le società italiane operaie. 1872 – Giunge in incognito a Pisa il 6 febbraio, ospite dei Nathan-Rosselli, dove muore il 10 marzo. Il 17 successivo si svolgono a Genova i funerali solenni, vi partecipano, secondo i calcoli della polizia, circa centomila persone.
Dopo l’unificazione della penisola sotto la direzione dei Savoia la personalità di Mazzini ebbe sempre meno rilievo ed egli visse circondato solo da pochi amici fino al 1872, anno della sua morte.
A questo punto ci si chiede il motivo di tutti questi insuccessi nonostante tanta attività. La soluzione deve essere ricercata nel suo programma. Tutto preso come era dall’ideale di nazione, egli non comprese sufficientemente il proprio popolo formato dalla grande massa dei contadini e dalla emergente borghesia. Ai primi non presentò una soluzione del problema agrario fondata su una più giusta spartizione delle terre, mentre ai secondi non seppe offrire quelle garanzie di progresso e stabilità che l’azione di Casa Savoia sembrava potesse assicurare specialmente dopo l’eliminazione delle classi feudali.