GIUSEPPE GARIBALDI CRONOLOGIA

GIUSEPPE GARIBALDI CRONOLOGIA

GIUSEPPE GARIBALDI CRONOLOGIA


Giuseppe Garibaldi nasce il 4 luglio 1807 a Nizza, città che in quegli anni apparteneva alla Francia, e che in seguito, dopo il Congresso di Vienna del 1815, fu riannessa al Regno di Sardegna. Suo padre Domenico, originario di Chiavari, era capitano di cabotaggio; la madre, Rosa Raimondi, era originaria di Loano, cittadina ligure oggi in provincia di Savona.


1820
Compie i suoi studi a Genova, i genitori lo vorrebbero professionista (avvocato o medico) o
sacerdote. Ma Garibaldi ama la vita di mare, sua grande passione e si applica allo studio solo per sostenere gli esami di capitano marittimo. Nel 1821 infatti si iscrive nel registro dei mozzi.
1824
A gennaio ottiene il suo primo incarico, imbarcandosi sul Costanza, un brigantino comandato da Angelo Pesante, con il quale parte per Odessa nel Mar Nero.

1825
In occasione dell’Anno Santo indetto da papa Leone XII, salpa per Roma con il padre per consegnare un carico di vino destinato ai pellegrini giunti nella città per il Giubileo.

1827-1831
In questi anni naviga verso le Canarie e verso il Mar Nero, durante un viaggio il bastimento è
attaccato dai pirati turchi. Al ritorno sbarca a Costantinopoli, dove è costretto a restare (alcuni riportano per malattia, altri a causa della guerra turco-russa) fino al 1831. A Costantinopoli si integra bene nella comunità italiana e si dedica all’insegnamento di italiano, francese e matematica.

1832
Tornato a Nizza, nel febbraio ottiene la patente di capitano di seconda classe e parte di nuovo per il Mar Nero.

1833
Tornato nella sua città, in marzo riparte per Costantinopoli. Si imbarcano con lui tredici esiliati
seguaci di Henri de Saint-Simonche, uno dei primi teorici del socialismo. Durante il viaggio Garibaldi parla spesso con il loro capo, Emile Barrault, professore di retorica che illustra a tutto l’equipaggio i principi sansimoniani. Garibaldi associa le idee di Barrault a quelle di Giuseppe
Mazzini per il riscatto di tutti i popoli oppressi.
In questo stesso anno entra in contatto con la Giovine Italia, l’associazione fondata da Mazzini, con il quale pare si sia incontrato per la prima volta a Londra e successivamente a Marsiglia.
Si arruola nella marina piemontese e si imbarca con il nome di battaglia Cleombroto.

1834
A bordo fa opera di proselitismo per la causa repubblicana. Frequenta a Genova il Caffè di Londra, in cui si riuniscono i mazziniani in procinto di organizzare una sommossa; segnalato e sorvegliato dalla polizia, è trasferito sulla fregata Conte des Geneys in partenza per il Brasile.
Fallita l’insurrezione popolare in Piemonte, Garibaldi avrebbe dovuto far insorgere Genova e occupare il porto, ma la sommossa non riesce a causa dell’intervento di esercito e polizia.
L’eroe non torna a bordo della fregata, diventando così un disertore. Ritenuto uno dei capi della rivolta, viene condannato a morte in contumacia come “bandito di primo catalogo”. Costretto a fuggire, si rifugia a Marsiglia, da dove su un brigantino mercantile si dirige a Odessa, da qui parte per il Nord Africa arruolandosi al servizio del sultano Bey, signore di Tunisi.
Nel giugno torna a Marsiglia, in settembre è sul brigantino Nautonnier diretto a Rio de Janeiro, città in cui esiste una piccola comunità di italiani appartenente alla Giovine Italia. Il Sud America, a seguito delle vicende napoleoniche, è un continente in subbuglio, dopo la decolonizzazione dalla Spagna e dal Portogallo.
1836
A Rio acquista un battello di venti tonnellate ribattezzato Mazzini, con l’intenzione di viaggiare con merci e passeggeri tra Rio e Campos.
1837
Ottiene una “patente de corso” dal governo del Rio Grande do Sul, provincia separatista in rivolta contro l’autorità dell’Impero Brasiliano.
Con un equipaggio di quattordici uomini, Garibaldi inizia la sua guerra da corsaro, autorizzato dalle autorità del Rio Grande a navigare con il Mazzini in lungo e in largo e a “catturare navi da guerra e mercantili del governo del Brasile”. Tra i vari episodi la conquista di una lancia; tra gli uomini dell’equipaggio lo schiavo nero Antonio che, affrancato da Garibaldi, lo seguirà da uomo libero. Fiducioso nella neutralità dell’Uruguay, Garibaldi si rifugia a Porto Maldonado. Ma un improvviso quanto inaspettato riavvicinamento tra il governo di Montevideo e quello brasiliano cambia gli equilibri politici, per cui viene emanato, nei confronti di Garibaldi e dei suoi, un ordine di cattura. Il 15 giugno il Mazzini viene avvicinato e attaccato da due imbarcazioni urugayane. Durante lo scontro Garibaldi viene ferito al collo. Gli uruguayani però, terminate le munizioni, si ritirano. Garibaldi e i suoi riescono ad allontanarsi e a raggiungere il fiume Paranà, arrivando al porto fluviale di Galeguay, nella provincia argentina di Entre Rios. Il governo della provincia riserva a Garibaldi e ai suoi un buon trattamento concedendo loro come prigione l’intera città. La permanenza forzata permette a Garibaldi di rimettersi dalla ferita e, durante la convalescenza, impara lo spagnolo e a cavalcare.
1838
Liberato nel febbraio e consegnato alle autorità del Rio Grande, si dedica alla costruzione di due navi, il Riopardo e l’Indipendencia, al comando delle quali decide di conquistare Puerto Alegre, capitale dell’autoproclamata Repubblica di Rio Grande. La fama di Garibaldi inizia a diffondersi.
1839
L’Impero Brasiliano è determinato nel fermare Garibaldi, che viene attaccato via terra dal maggiore Francisco Pedro de Abren. Ma l’eroe respinge l’intero battaglione nello scontro di Galpón de Xarqueada.
Partecipa quindi alla conquista di Laguna, capitale della provincia di Santa Caterina, e diventa
capitano della flotta catarinense. Conosce la brasiliana Ana Maria Ribeiro da Silva, detta Anita, che diventerà sua compagna di vita e di battaglie. I Brasiliani riconquistano Laguna con un massiccio  blocco navale. Garibaldi e i suoi sono costretti a riparare sugli altipiani.
1840
Al comando di un reparto di fanteria di centocinquanta uomini Garibaldi è impegnato per la prima volta in un combattimento terrestre. Dopo alcuni scontri si avviano e si concludono le trattative diplomatiche tra i due stati (la Repubblica di Rio Grande do Sul e l’Impero Brasiliano). è un momento di tranquillità durante il quale l’eroe si dedica alla corrispondenza con gli amici italiani, alla pesca e alla caccia. In settembre nasce il primogenito, battezzato Domenico che sarà, però, chiamato sempre Menotti in ricordo del patriota martire. Nella primavera lascia la Repubblica di Rio Grande per trasferirsi con la famiglia a Montevideo, in Uruguay. L’Uruguay, scoperto nel 1516, aveva avuto una lenta colonizzazione delle regioni interne a causa dell’ostilità delle tribù indios. Colonia spagnola, l’Uruguay aveva conquistato l’indipendenza dal viceregno spagnolo in Sud America (divenuto repubblica centralista e unitaria) e dal confinante Impero Brasiliano nel 1830. Segue una lunga guerra civile tra i due partiti dominanti (colorados e blancos), durante la quale Garibaldi sostiene i colorados, di idee liberali. Come segno di gratitudine per il determinante apporto di Garibaldi, la Repubblica gli dona una mandria di mille buoi, quattrocento dei quali muoiono durante il lungo trasferimento. A Montevideo lavora come sensale mercantile e insegna matematica e lingue in un collegio.

1842
Il 16 marzo sposa Anita con rito religioso nella chiesa di San Francesco d’Assisi a Montevideo.
Arruolatosi al servizio dell’Uruguay nella “guerra grande” contro l’Argentina, gli viene affidato il comando di una piccola flotta, ma durante una battaglia navale contro gli Argentini le sue tre navivengono sbaragliate. Riesce miracolosamente a salvarsi e ripara a Montevideo.

1843-1844
Montevideo è nuovamente assediata dagli Argentini e le autorità uruguaiane cercano di radunare più forze possibili per la difesa della città. Viene creato un corpo di volontari stranieri, in cui ci sono circa cinquecento italiani. In aprile Garibaldi visita la legione e ne diviene comandante: nella sua mente questo è il primo passo per la creazione di un corpo a sostegno di una futura rivoluzione in Italia.

1845
Nasce in febbraio Teresita, la terzogenita di Garibaldi e Anita; la secondogenita Rosa, nata nel 1843, muore in dicembre. Gli viene affidato il coordinamento per la difesa di Montevideo. La sua fama di combattente per la libertà si diffonde in Europa; entra in contatto epistolare con Mazzini.

1846
La legione comandata da Garibaldi si scontra con gli Argentini nella battaglia di Sant’Antonio del Salto. I legionari combattono con particolare coraggio contro le schiaccianti truppe avversarie e ottengono una grande vittoria. Il governo uruguaiano nomina Garibaldi e i suoi volontari “benemeriti della Repubblica”. Intanto in Italia muore Gregorio XVI ed è eletto papa Giovanni Maria Mastai Ferretti con il nome di Pio IX. Il nuovo papa concede l’amnistia ai prigionieri e agli esiliati politici dello Stato Pontificio.

1847
A Montevideo nasce il quarto figlio di Garibaldi e Anita, chiamato Ricciotti in ricordo di uno dei
seguaci dei fratelli Bandiera. Garibaldi scrive una lettera a monsignor Gaetano Bedini, nunzio apostolico a Rio de Janeiro, nella quale offre i suoi servigi a Pio IX, ma l’offerta viene respinta dal governo pontificio. L’eroe viene informato che a Torino Carlo Alberto non è contrario al suo rientro nel Regno di Sardegna.

1848
Garibaldi fa rientrare in Europa Anita e i figli già nel gennaio, mentre lui con una sessantina di legionari lascia il Sud America a metà aprile. Ricongiuntosi con la famiglia a Nizza, all’epoca ancora parte del Regno di Sardegna, si trasferisce a Genova, dove lo attendono altri volontari. Scoppia la Prima Guerra di Indipendenza. Pur dichiarandosi repubblicano offre il suo aiuto al re Carlo Alberto che rifiuta.

Garibaldi allora accetta, dal comitato di difesa pubblica milanese, l’incarico di guidare i suoi volontari con il grado di generale. La situazione è critica, poche le munizioni e i garibaldini costretti ad indossare le divise abbandonate dagli austriaci! Carlo Alberto, dopo tre giorni di combattimento a Custoza, deve ritirarsi. Milano è in grave pericolo, Garibaldi con tremilasettecento soldati intraprende la sua guerra contro gli Austriaci.
Con un proclama incita i giovani ad unirsi a lui contro il nemico, ma malgrado due piccole vittorie a Luino e Morazzone, i garibaldini in marcia verso Varese, dopo uno scontro con un’intera colonna austriaca, devono rifugiarsi in Svizzera.
Tornato in Liguria, Garibaldi decide di portare il suo aiuto alla Sicilia, dove Ferdinando II di
Borbone sta soffocando ogni tentativo di insurrezione nell’Isola, violando tutti i diritti
precedentemente concessi con la Costituzione. A ottobre il Generale si imbarca a Genova con Anita. Fa scalo a Livorno: la città è in rivolta. Intanto a Roma Pio IX è costretto da furiose dimostrazioni e scontri di piazza ad accettare un nuovo governo democratico e in novembre fugge a Gaeta, sotto la protezione di Ferdinando II, re delle due Sicilie. La Francia delibera l’invio di truppe a difesa del papato, Garibaldi e quattrocento volontari lasciano Livorno e si dirigono su Roma.
1849
Il 9 febbraio viene proclamata la Repubblica Romana ed annunciata la fine del potere temporale del papa. A capo della Repubblica un provvisorio triumvirato formato da Mazzini, Armellini e Saffi.
Pio IX si appella alle potenze europee per ristabilire il suo dominio temporale su Roma, la città alla fine di aprile è travolta dall’esercito francese guidato dal generale Oudinot. La resistenza dei garibaldini è eroica, riescono a battere Oudinot a Porta San Pancrazio sul Gianicolo. Approfittando di una tregua Garibaldi sbaraglia l’esercito borbonico a Palestrina e a Velletri. Rientra a Roma per riorganizzare la difesa, ma il generale Oudinot, non rispettando i termini della tregua, attacca a sorpresa il Gianicolo.
Nonostante la disperata difesa alle Ville del Vascello e dei Quattro Venti, i garibaldini sono costretti a cessare il fuoco, ordinato da Mazzini, Armellini e Saffi.
Garibaldi rifiuta di deporre le armi e con un piccolo gruppo si mette in marcia per raggiungere Venezia, ancora in lotta. Arriva a Terni, ma braccato deve rifugiarsi nella Repubblica di San Marino, dove scioglie il piccolo esercito. Riprende la marcia attraverso la Romagna con Anita, il frate barnabita Ugo Bassi e il tribuno di Trastevere Angelo Brunetti detto Ciceruacchio. Bassi e Ciceruacchio, catturati dagli Austriaci, vengono fucilati; Anita si ammala di febbri malariche e muore il 4 agosto a Mandriole, nelle paludi tra Ravenna e Comacchio. Garibaldi riesce a raggiungere fortunosamente la Toscana, arriva a Porto Venere, ma il generale La Marmora,
temendo manifestazioni repubblicane, lo fa arrestare e imprigionare nel Palazzo Ducale di Genova.
Da Torino arriva l’ordine di liberarlo e mandarlo in esilio a Tunisi. Il Generale accetta l’esilio, ma non a Tunisi e il 14 novembre si imbarca per Tangeri.
1850
Dopo alcuni mesi trascorsi a Tangeri si trasferisce a New York, dove vive con Antonio Meucci,
l’inventore del telefono, e per mantenersi lavora nella sua fabbrica di candele.
1851-1854
Con l’amico Francesco Carpineti, proprietario di un’imbarcazione, inizia un’attività commerciale tra l’America del Nord e quella del Sud. Si reca a Lima in Perù dove, alla fine del 1851, gli viene affidato il comando della Carmen per portare un carico di grano in Cina. Giuntovi ne riparte con un carico di cineserie. Inizia una serie di viaggi nel Pacifico fino al 1854, quando ha l’occasione di far rotta verso l’Europa con un veliero, il Commonwealth, che trasporta farina e grano in Inghilterra. A Londra incontra Mazzini e decide di tornare in Italia. Arriva a Genova il 6 maggio.
1855
Compra un terreno nell’isola di Caprera, a nord della Sardegna. Si fidanza con Emma Roberts, colta e intelligente signora inglese.

1856-1857
Viaggia spesso in Inghilterra, dove con l’aiuto di Emma Roberts acquista un veliero, ribattezzato appunto Emma. Durante il viaggio di ritorno a Caprera, però, a causa di una tempesta, il veliero si arena alla Maddalena. Garibaldi si dedica quindi all’agricoltura e studia agronomia. L’Italia intanto è di nuovo in fermento. Camillo Benso conte di Cavour, alla guida del governo sabaudo, sembra voglia sostenere la causa dell’unità d’Italia, alleandosi con la Francia contro l’Austria.

1858
In luglio Cavour conclude con Napoleone III un’alleanza militare, in base alla quale quest’ultimo si impegna ad entrare in guerra in caso di aggressione del Piemonte da parte dell’Austria.

1859
Garibaldi lancia un appello per la costituzione di un corpo di volontari. Il 17 marzo si costituisce, con decreto del re Vittorio Emanuele II, il corpo dei Cacciatori delle Alpi, da lui comandato. È di nuovo guerra, la Seconda Guerra di Indipendenza, tra il Piemonte e l’Austria. Convocato dal re sabaudo all’inizio di maggio, Garibaldi riceve l’incarico di difendere Torino, cessata la minaccia,
avendo Napoleone III respinto gli Austriaci in territorio lombardo, ha libertà d’azione e, attraversato il Ticino con un ponte di barche, attacca e sconfigge gli Austriaci a Sesto Calende. Intanto questi ultimi sono battuti a Magenta e subito dopo a San Martino e a Solferino dall’esercito piemontese e da quello francese.
Modena, Parma, Bologna, Firenze ed altre città chiedono di essere annesse al Piemonte, formando, il 10 agosto, una lega militare comune con al comando Garibaldi, che a settembre lancia una sottoscrizione per raccogliere cinquemila franchi destinati all’acquisto di un milione di fucili: nei suoi progetti la liberazione della Sicilia e la conquista di Roma.

1860
In gennaio Garibaldi sposa la marchesina Giuseppina Raimondi; il matrimonio verrà annullato nel gennaio 1880 in quanto una lettera descrive la sposa come “fanciulla di facili costumi”.
A seguito delle vittorie piemontesi e dell’annessione della Lombardia al Piemonte, vengono indetti i plebisciti nelle regioni centrali dell’Italia: il novantasette per cento della popolazione toscana, emiliana e romagnola vota per l’annessione al Piemonte. Violentissima la reazione di Garibaldi al Parlamento di Torino per la cessione di Nizza, sua città natale, alla Francia, come contropartita per l’appoggio ricevuto nella Seconda Guerra d’Indipendenza.
Insieme a Francesco Crispi e Nino Bixio decide di intervenire in Sicilia. La spedizione viene
preparata in gran fretta. La sera del 5 maggio, imbarcati circa mille volontari su due piroscafi, il
Lombardo e il Piemonte, parte da Quarto, vicino Genova.
Dopo uno scalo per i rifornimenti a Talamone in Maremma, il viaggio prosegue per altri sei giorni. I Mille sbarcano a Marsala nella tarda mattinata dell’11 maggio. A Salemi, il 14 maggio, Garibaldi proclama la dittatura in nome di Vittorio Emanuele re d’Italia. Dopo aver sconfitto le truppe borboniche a Calatafimi, si avvia verso Palermo e il 27 maggio entra nella città insorta contro i Borboni e vince dopo tre giorni di combattimento.
Il 6 giugno costringe il nemico a firmare un armistizio. Costituisce un governo provvisorio e istituisce l’esercito meridionale, che divide in tre colonne al fine di occupare l’intera isola. Si dirige poi verso Messina, città su cui hanno ripiegato le truppe borboniche, e il 20 luglio attacca Milazzo sconfiggendo nuovamente il nemico.
Riesce a passare lo stretto di Messina il 20 agosto, il 23 costringe l’esercito borbonico alla resa. La via per Napoli è ormai aperta, vi entra da conquistatore il 7 settembre in nome di “Sua Maestà Vittorio Emanuele Re d’Italia”.
Intanto Cavour, temendo che Garibaldi prosegua verso Roma, sede del Papa, blocca l’eroe nel napoletano così da permettere all’esercito piemontese di proseguire la sua marcia verso sud. Il 1° ottobre Garibaldi sconfigge ancora una volta l’esercito borbonico sul fiume Volturno, e il 21 si svolge in tutto il sud il plebiscito per l’annessione al Piemonte. Il 26 Garibaldi incontra a Teano Vittorio Emanuele II, salutandolo come Re d’Italia. Di fatto con quest’incontro si conclude la spedizione dei Mille. Le camicie rosse sono però messe subito in disparte, a Garibaldi non resta che sciogliere il suo esercito. Amareggiato dagli eventi, il 9 novembre si imbarca per Caprera rifiutando ogni ricompensa.
1861
Il 17 marzo, a Torino, il primo Parlamento Italiano vota la legge che dà il titolo di Re d’Italia a Vittorio Emanuele II, e il 27 marzo, durante il dibattito parlamentare, si stabilisce il proposito di ricongiungere Roma all’Italia.
In aprile Garibaldi propone al re un progetto per la realizzazione di una Guardia Nazionale; per sostenere questo progetto partecipa all’inaugurazione della Camera, quale rappresentante di Napoli. Si presenta in aula con la camicia rossa e attacca Cavour per il trattamento ingeneroso riservato ai suoi garibaldini. La sua proposta comunque non viene accettata, ottiene però l’inquadramento, nell’esercito italiano, di una parte degli ufficiali garibaldini.
Il 6 giugno muore Cavour. In luglio il presidente Lincoln gli offre la cittadinanza americana e il comando di una parte delle truppe nordiste nella guerra civile, ma il Generale non accetta.
1862
Il suo obiettivo continua ad essere Roma capitale, come nel 1849. Per questo organizza una nuova spedizione. Da Caprera riparte per la Sicilia e raggiunge Palermo, dove la sua popolarità è immensa. Arruolando volontari, attraversa tutta la Sicilia e lo stretto di Messina. Ma il governo italiano, impaurito dalle minacciose proteste di Napoleone III, invia truppe al sud per arrestare la sua marcia verso Roma.
Si verifica così, il 29 agosto, il notissimo episodio dell’Aspromonte: Garibaldi viene ferito ad una gamba, diversi volontari uccisi. Inutile il tentativo dell’eroe dei due mondi per scongiurare lo scontro tra “fratelli”. Viene arrestato in settembre e liberato in dicembre grazie ad una amnistia generale concessa da Vittorio Emanuele. Trasportato ancora convalescente a Livorno si imbarca per Caprera.
1863
In Parlamento propone l’istituzione di un Corpo di Volontari per combattere il diffuso fenomeno del brigantaggio al sud. La sua proposta viene rifiutata. Dà le dimissioni e torna a Caprera.
1864
A metà marzo va in Inghilterra, dove raccoglie grossi finanziamenti a sostegno delle sue iniziative per l’Italia. A Londra è accolto da cinquecentomila persone. Rientrato a Caprera gli viene comunicato che, durante una Convenzione a Parigi, la Francia si è impegnata a ritirare le sue truppe da Roma entro due anni, purché vengano garantite le frontiere dello Stato Pontificio.
1865
Gli viene proposta la guida di un partito, ma rifiuta.
1866
La Prussia dichiara guerra all’Austria. L’Italia entra in guerra a metà giugno: è la Terza Guerra d’Indipendenza italiana. A Garibaldi vengono affidati cinque reggimenti di volontari. Anche questa volta il suo intervento è determinante: mentre il generale La Marmora è battuto a Custoza e l’ammiraglio Persano nella battaglia di Lissa, Garibaldi batte in vari scontri il nemico, aprendosi, con la battaglia di Bezzecca il 21 luglio, la strada per Trento. Ma l’armistizio austro-prussiano interrompe bruscamente la guerra, Garibaldi ha l’ordine di ritirarsi dal Trentino, amaramente l’eroe risponde con il celeberrimo: “Obbedisco”.

Viene firmato l’armistizio a Cormons il 12 agosto, benché miltarmente sconfitta l’Italia ottiene l’annessione del Veneto.
Il Corpo dei volontari garibaldini è di nuovo sciolto, Garibaldi rientra a Caprera. 

1867
Nella sua isola il Generale ha una relazione con Francesca Armosino e il 16 febbraio nasce Clelia. Intanto i rapporti tra Stato e Chiesa si deteriorano. Un progetto di legge per la separazione dello Stato dalla Chiesa viene rigettato in Parlamento. Garibaldi comincia ad arruolare volontari in  Toscana per una nuova spedizione contro lo Stato Pontificio. Di nuovo il minaccioso richiamo di Napoleone III costringe il ministro Rattazzi ad ordinare l’arresto del Generale, che viene confinato a Caprera, da dove fugge alla testa delle camicie rosse. Il 20 ottobre inizia l’avanzata verso il Lazio. Il 23 giunge a Passo Corese, il 30 è alle porte di Roma, ma la rivolta nella città fallisce; il Generale tenta un attacco a sorpresa, ma a Mentana i garibaldini sono sconfitti dalle truppe francesi armate dei famosi fucili chassepots.
Garibaldi, bloccato alla stazione di Filigne Valdarno, viene arrestato per ordine del Primo Ministro Luigi Menabrea e imprigionato nel carcere del Varignano di La Spezia. Liberato alla fine di novembre, torna a Caprera.
1868-1869
Si dimette nuovamente dal Parlamento, nel quale era stato eletto dal 1860, e decide di impegnarsi per sostenere l’affermazione dei principi pacifisti ed europeisti.
Il 10 luglio 1869 nasce Rosa, la secondogenita avuta da Francesca Armosino.
1870
Francia e Prussia entrano in guerra. Napoleone III sollecita l’appoggio dell’Italia. Il governo Lanza decide per la neutralità. Il 2 settembre Napoleone III è sconfitto a Sedan e fatto prigioniero, a Parigi si proclama la repubblica. Le truppe francesi stanziate a Roma rientrano in patria. Si aprono le trattative tra Stato e Chiesa, Pio IX rifiuta di accettare l’annessione pur avendo assicurata l’indipendenza spirituale dello Stato Pontificio. Dato il rifiuto, il 20 settembre l’esercito italiano entra a Roma dalla breccia di Porta Pia.
Garibaldi viene chiamato in Francia per combattere contro i Prussiani che alla fine di ottobre conquistano Digione dove l’eroe tenta un attacco ma viene respinto. È eletto deputato all’Assemblea Nazionale francese nelle liste dei repubblicani radicali. L’Assemblea invalida questa elezione in quanto Garibaldi, non essendo cittadino francese, non ha diritto al seggio. Victor Hugo in segno di protesta dà le dimissioni da deputato. Contemporaneamente a questi fatti viene pubblicato a Londra il suo romanzo Il governo dei preti e a Ginevra e Vienna Cantoni, il volontario, ambientato nel 1849 durante la Repubblica Romana.
1871
In gennaio è proclamato un armistizio nella guerra franco-prussiana. Le forze prussiane attaccano Garibaldi e i suoi sul fronte del Vosgi, zona non compresa nell’armistizio. Il Generale è costretto a ritirarsi, è la sua ultima campagna militare.
1872
In marzo muore Mazzini, Garibaldi resta il punto di riferimento dei movimenti pacifisti ed
europeisti. In dicembre scrive al cancelliere Bismarck affinché avvii la creazione di un organismo mondiale atto a risolvere le controversie tra i vari stati, un’idea che precede di svariati decenni la creazione della Società delle Nazioni. Si dedica quasi esclusivamente all’attività parlamentare. In aprile nasce il terzogenito Manlio.
1874
Pubblica il romanzo L’Italia con molte difficoltà dal punto di vista economico. Le sue condizioni, infatti, mai floride, sono in questo periodo ancora più precarie, tanto che per aiutare il figlio Menotti deve ipotecare l’isola di Caprera. Il Generale rifiuta la sottoscrizione popolare propostagli, accetta invece il vitalizio di tremila lire l’anno che gli assegna la città di Palermo.
Alle elezioni politiche è nuovamente eletto deputato.
1875
In maggio il Parlamento gli vuole assegnare una pensione vitalizia, Garibaldi rifiuta in quanto in disaccordo con il governo.
1876
Sempre più ammalato, si impegna comunque nell’attività parlamentare, proponendo il risanamento della Gallura, la bonifica dell’Agro Pontino, la navigabilità del fiume Tevere.
1878
Muore Vittorio Emanuele II, cui succede il figlio Umberto I, che viene invitato da Garibaldi ad aprire la discussione sul suffragio universale; propone la revisione dello Statuto, la riforma fiscale, l’incameramento dei beni ecclesiastici.
1880
Ottiene l’annullamento del matrimonio con Giuseppina Raimondi e sposa Francesca Armosino. A maggio è rieletto nel collegio di Roma. È a tutti gli effetti il leader della sinistra radicale. Annuncia le sue dimissioni da deputato con una lettera pubblicata sul giornale La Capitale, scrivendo tra l’altro: “Tutt’altra Italia io sognavo nella mia vita, non questa, miserabile all’interno e umiliata all’estero”.
1882
Malgrado le sue ormai gravi condizioni di salute, in aprile si reca in Sicilia per il sesto centenario dei Vespri. A Palermo è accolto da una folla festante, in un manifesto saluta la città come “maestra nell’arte di cacciare i tiranni”. Torna a Caprera, dove muore il 2 giugno.

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