GIROLAMO SAVONAROLA PREDICHE

GIROLAMO SAVONAROLA PREDICHE

Elisa Nicolussi

Girolamo Savonarola

Prediche

Le prediche di Savonarola sono state raccolte nella prima metà del XVI secolo. I testi qui riportati sono tratti da Scelte di prediche e scritti di fra Girolamo Savonarola (1898), P. Villari e E. Casanova, edizioni Sansoni, Firenze. I due curatori hanno reso più moderno il lessico, pur mantenendo l’originaria struttura grammaticale, e quindi la comprensione risulta facilitata.

Il governo degli umili e dei semplici

Il brano è tratto dalla predica VIII sopra Aggeo, pronunciata alla fine del 1494, periodo nel quale Carlo VIII scende in Italia, deciso ad annettere al suo impero il Sud Italia. Piero di Lorenzo de’ Medici, signore di Firenze, si dimostra servile e debole nei confronti del sovrano. Appena Carlo lascia Firenze, i fiorentini cacciano Piero dalla città e instaurano la Repubblica. Si accendono varie discussioni sul futuro governo della città.

Firenze, se tu vuoi essere rinnovata, non solo quanto alla forma ma etiam quanto alla materia, osserva e tieni queste tre cose: umiltà, carità e semplicità; che Cristo sempre insegnò e predicò, per dimostrare che in queste tre consisteva tutta la virtù del regnare. Quanto alla prima, cioè quanto all’umiltà, tu sai che è scrittoqui se humiliat exaltabitur, cioè chi si umilia sarà esaltato. Nota dunque, Firenze, che tu devi nel tuo governo e reggimento esaltare i buoni e chi ha questa virtù della umiltà; ma gli uomini superbi, i cattivi, non meritano già di essere esaltati; gli umili e quelli che fuggono lo stato per umiltà, questi devi cercare di condurli a governare. Se tu vedi che siano idonei ai tuoi uffici, falli venire per forza al tuo magistero, perchè quando questi tali sono al governo sono più illuminati sempre da Dio in quello che hanno a fare; scacciano i vizi, sono senza passione, fanno più giustamente quel che vuole la giustizia: e da questo seguita la concordia della città. Quanto alla seconda, cioè la carità, chi ha questa virtù in sé e sia messo a regnare, s’ingegna di trattar bene il suo popolo benignamente, con diminuire, in quanto può, le gravezze e le gabelle e l’altre cose che possono gravare il popolo. Quanto alla semplicità, ti bisogna, Firenze, se tu vuoi reggere e vivere un poco più semplicemente e senza tante pompe e fare buone leggi, che si viva senza tante superfluità quante tu ne hai avute insino a qui. Da questa semplicità nasce che la città, facendo il vivere suo più parcamente, diventa più ricca e più danarosa e al tempo delle guerre può più spendere e meglio aiutarsi e difendersi, e il popolo si mantiene quieto e in pace, non già come dicono molti sciocchi che il popolo si vuole tener lieto colle feste. Sappi che codesto è vero nelle tirannie,  non nelle città libere e civili.

Commento:

1494: a Firenze ora regna la repubblica. I fiorentini sono stati testimoni dell’incapacità governativa di Piero de’ Medici, e non possono tollerare un altro signore.

Savonarola si scaglia contro la classe dirigente e ribadisce il suo sdegno per un’aristocrazia debole e incapace di distinguere la retta via, avendo la vista troppo offuscata dalle tentazioni. Il predicatore subentra all’autorità politica sfaldata, la sostituisce, proponendosi come autorità morale.

Come Aggeo, che, come racconta l’Antico Testamento, incoraggiò il proprio popolo a ricostruire il tempio di Gerusalemme distrutto, così Savonarola esorta i propri concittadini a rimettere in piedi lo stato, con un nuovo governo e una nuova classe dirigente.

E come deve essere questa nuova classe politica? Umile, attenta al prossimo e semplice, come insegna il Vangelo. Al governo devono essere coloro che fuggono il desiderio di potere; per umili infatti si intendono coloro privi di ambizioni politiche, non certo gli umili per condizione sociale. I nuovi governanti devono essere attenti al loro popolo, fare tutto ciò che è in loro potere per sollevarlo dalle fatiche, ma soprattutto devono essere privi di luxuria, in modo che non si sperperino le ricchezze della città, molto più utili per altri scopi.

Il linguaggio di Savonarola è molto semplice, dal momento che deve essere comprensibile a tutti, specialmente alla povera gente. E proprio questa è la sua forza: riuscire a ottenere un forte consenso tra il popolo basso.

La leonessa

Il brano è tratto dalla predica XI sopra Ezechiele, pronunciata nella prima metà del 1497. Questa predica è tra quelle considerate troppo aggressive e quindi sospese dalla Chiesa.

Savonarola la pronuncia in risposta a fra Mariano da Gennazzano, che lo aveva provocato con la minaccia della scomunica.

Quare mater tua leaena? Che vuol dire, popolo cristiano, che la madre tua è leonessa e dorme e si riposa tra’ leoni? Che vuol dire questo, Signore? Che canzone è questa? Che vuol dire madre leonessa? Io non ho madre leonessa; io ho paura della leonessa e del leone. No, dice il Signore; egli è cosa da poltroni avere paura. Sai tu quale è la tua madre leonessa? Ella è la Chiesa. I preti, i prelati, i principi, mettili tutti insieme: questi sono la madre, ma principaliter sono quelli che hanno cura delle anime. Questa tua madre soleva essere una bella donna, avere bei capelli, begli occhi, belle mani, belle poppe, bella bocca. Ella era tutta bella. Oh! Quale era al tempo di San Gregorio non è oggi. Così era allora piena di santi; la sua corte, piena di santissimi uomini, pareva un eremo; ma oggi sono piene le corti di uomini viziosi e scellerati. Che dirà colui che scrive a Roma? Va’, scrivi questo. Aveva allora bella faccia, cioè bei costumi. I capelli belli erano i pensieri, che aveva tutti a Dio. Gli occhi belli erano: il destro, col quale riguardava[5] le cose spirituali; il sinistro, col quale guardava le temporali, le quali distribuiva ai poveri. Guarda San Gregorio, che dava tutto ai poveri: mangiava sempre coi poveri, aveva l’olfatto pieno di odore dei santi; la bocca bella alle predicazioni e alle buone parole. Le poppe colle quali lattava ognuno, erano il vecchio e il nuovo testamento; le belle mani erano le buone opere piene di carità. Così era la madre tua in quel tempo; ma non è più donna; non ci è più carità. Dove è la bella faccia, cioè i costumi? Dove sono i capelli, cioè le cogitazioni delle cose spirituali? Dove sono le mani, cioè le buone operazioni? Le sono tutte date alla rapina[6]. Le poppe sono tutte guaste: non ci è gusto niente, non si dà più latte, non ci è più odore di santi; ella è diventata una leonessa. La donna è diventata leonessa rapace crudele degli altri animali. La leonessa è molto lasciva, così ora vediamo ogni cosa piena di lascivia.

Commento:

L’inizio in latino è l’incipit del secondo versetto del capitolo XIX del Libro di Ezechiele: Quare mater tua leaena inter leones cubavit, in medio leunculorum enutruit catulos suos? (Perchè la madre tua leonessa si giacque fra i leoni e in mezzo ai leoncini nutrì i suoi cuccioli?)

Questa predica è una delle più accese e violente contro la corrotta Chiesa romana, probabilmente una di quelle che saranno decisive per la scomunica di Savonarola. Addirittura è una delle prediche che la Chiesa conddannerà, non solo per i contenuti.

Si noti il lessico: tutto il testo è caratterizzato da una fisicità predominante, una carnalità spaventosa. «Aveva l’olfatto pieno di odore dei santi»: le immagini si stampano violentamente nella mente degli ascolatori. Si infrange il tabù del corpo femminile. “Bei capelli, begli occhi, belle mani,  belle poppe, bella bocca”. Bisogna immaginare queste parole pronunciate da un frate, e lo sgomento che sicuramente ne sarà derivato. Del resto Savonarola doveva impressionare un pubblico di ascoltatori di cultura non proprio elevata, e per far comprendere il suo pensiero utilizza paralleli ancor meno elevati.

Si scaglia contro la Chiesa peccatrice, non fa allusioni, non frena le proprie parole e va dritto al punto: «la sua corte, piena di santissimi uomini, pareva un eremo; ma oggi sono piene le corti di uomini viziosi e scellerati.»

«Che dirà colui che scrive a Roma?»: probabilmente c’è un’allusione ai suoi accusatori, che stanno diventando sempre più numerosi, e forse allo stesso fra Mariano da Gennazzano, frate che lo aveva provocato con la minaccia della scomunica.

La vita

Girolamo Maria Francesco Matteo Savonarola nasce nel settembre 1452 a Ferrara da un’agiata famiglia padovana. Inizia gli studi medici, seguendo le orme paterne; ma li abbandona nel giro di pochi anni per dedicarsi alla teologia, che concepisce come unico riparo dal degrado della società umana, condizione che Girolamo non riesce più a sopportare. Prende i voti e per alcuni anni predica in diverse città, è attivo soprattutto a Firenze, dove ha anche un ruolo politico. All’inizio degli anni ’90 le sue prediche si fanno più aspre contro la corruzione dello Stato Pontificio, al punto da ricevere diversi ammonimenti da papa Alessandro VI, fino alla scomunica del 1497, ma senza effetto: Savonarola è sempre più accanito contro la Chiesa.

Per fermarlo non resta che la condanna per eresia e la morte sul rogo, un anno dopo la scomunica.

[1]politica

[2]comando

[3]sanzioni pecuniarie

[4]hai bisogno

[5]si occupava

[6]azioni scellerate


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