GENOVA BOMBARDATA

GENOVA BOMBARDATA

GENOVA BOMBARDATA

Genova – obiettivo sensibile per il suo ruolo di polo industriale e primo porto italiano viene costantemente colpita e massacrata dai bombardamenti alleati, dal cielo e dal mare. Nell’arco dei cinque anni di guerra si contano 86 incursioni aeree sulla città, di cui ben 51 nel solo 1944.

Gravissimi i danni risultanti in termini di perdite di vite umane e devastazione al tessuto urbano, molti frutto dell’incompetenza e dell’inadeguatezza delle misure adottate dal regime per la protezione civile e miltare della città: il Comune appronta trincee di fortuna e ricava ricoveri anche negli stabilimenti e in porto, ciononostante la capienza complessiva è di circa 150.000 persone su oltre 600.000 facenti parte della Grande Genova.

La notte del 22 ottobre 1942, 85 bombardieri Lancaster, in forza all’esercito britannico, colpiscono a ondate il centro cittadino rovesciando su di esso centinaia di bombe e spezzoni incendiari che radono al suolo più di 30 ettari di superficie edificata. La sera successiva un nuovo attacco dà origine a uno degli avvenimenti più tragici del periodo bellico genovese: nella disperata corsa ai rifugi, la gente che si precipita verso la Galleria delle Grazie presso Porta Soprana preme e uccide le persone già entrate, di fatto stritolandole e calpestandole. Muoiono così, schiacciati, in 354. Per liberare la galleria i soccorritori devono spezzare i corpi intrecciati dei cadaveri.

Dopo l’8 settembre 1943 e sino al 1945 gli attacchi sulla città si intensificano, il centro cittadino è pressoché inabitabile, i senzatetto ammontano a 50.000; le strade sono impraticabili perché ricoperte di macerie; le chiese e i palazzi storici sono gravemente mutilati; i principali ospedali danneggiati.

Dopo cinque anni di sofferenza, tra il 23 e il 25 aprile 1945, le forze partigiane liberano la città dalle truppe tedesche. Genova è l’unico caso europeo della Seconda Guerra Mondiale in cui un intero corpo d’armata si sia arreso all’azione delle forze partigiane, ed è stata, per la sua fervida attività antifascista, decorata di medaglia d’oro della Resistenza. Quando gli alleati giungono in città, la trovano ordinata e con i tram in funzione


Tragico massacro della Galleria delle Grazie

Genova è attraversata da una fitta rete di gallerie.Queste gallerie costituirono durante la seconda guerra il reticolo dei rifugi sotterranei dove si andava a riparare la popolazione nel corso dei bombardamenti che a partire dal ’42 furono intensissimi, provocando ingenti danni e numerosissime vittime. A fronte di tali bombardamenti Genova era una città praticamente inerme.Le poche batterie anti aree posizionate sulle alture fuori dalla città erano eluse con grande facilità dai bombardieri alleati che ogni giorno scaricavano su Genova tonnellate di bombe e spezzoni incendiari. Il 22 ottobre 1942 vengono sganciati dai bombardieri britannici 200 tonnellate di ordigni, un incubo a occhi aperti per le migliaia di persone nelle gallerie.La paura per i propri cari e per la propria vita ma anche l’angoscia di non ritrovare più la loro abitazione. I genovesi erano stremati, in una cupa crisi collettiva cadeva a pezzi non solo materialmente l’intera architettura del regime fascista fatto di proclami vittoriosi e la sensazione più che netta era l’incombenza di un immane disastro in arrivo.

Fu così che la sera del 23 ottobre 1943 l’ennesimo allarme fece correre tutti i genovesi verso il rifugio più vicino. L’imbocco della Galleria delle Grazie nei pressi di Porta Soprana era una scalinata molto ripida in parte all’aperto con dei cancelli che venivano aperti quando scattava la sirena che annunciava l’approssimarsi degli aerei. L’ingresso di quella galleria era già stato individuato come rischioso, ripido e scivoloso, la fretta e il panico delle persone che correvano per entrare poteva facilmente finire in una rovinosa caduta.

Per questo a controllare l’afflusso erano destinati dei soldati che avevano anche il compito di aprire i cancelli del rifugio.

Quella sera, però, i soldati non arrivarono e i cancelli non si aprirono, qualcuno nella ressa cadde trascinando con sé altre persone in una “slavina” umana che veniva ulteriormente e dolorosamente rinnovata da quelli che ignari giungevano di corsa. Fu un massacro, non prodotto dalle bombe questa volta ma dal panico dei genovesi imbottigliati e schiacciati gli uni contro gli altri. Secondo le stime ufficiali morirono 354 persone in quel disastro e la tragica ironia della sorte volle che quell’allarme fosse poi infondato.

Il giorno dopo i corpi delle vittime vennero allineati nei pressi della Banca d’Italia. Una funebre cerimonia collettiva salutò per l’ultima volta quelle povere vittime.


BOMBARDAMENTO DI RECCO

10 novembre 1943

E’ già notte quando una formazione di 22 bombardieri “Wellington” della North West African Air Force si presenta sul cielo di Recco. è notte la luminosità aumenta quando iniziando l’attacco gli aerei liberano grappoli di bengala dalla luce intensissima. Sorvolando Recco da levante a ponente, gli aerei, in un carosello che si prolunga per quaranta minuti, sganciano 33 tonnellate di bombe, cercando di centrare il viadotto ferroviario (che subisce pochi danni), e colpiscono a morte il paese. Alle 22,50 circa, come dettata dalla regia di uno spettacolo pirotecnico, una lunga sventagliata luminosa di proiettili traccianti sparsa sulla valle conclude l’attacco. Da quel giorno fino al 28 giugno 1944, il centro abitato di Recco verrà duramente bombardato altre 27 volte. L’obiettivo principale di tali incursioni sarà sempre il viadotto ferroviario sovrastante la città che, con la sua distruzione avrebbe isolato l’intero territorio e la riviera levantina dal capoluogo regionale. Le bombe, oltre a causare 127 vittime civili ed almeno 300 feriti, distruggeranno invece il 97% dell’abitato urbano e cancellando secoli di storia.


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