GABRIELA MISTRAL

GABRIELA MISTRAL


Un’altra poetessa cilena, Gabriela Mistral (1889-1957) fu la prima donna dell’America latina a vincere il premio Nobel per la letteratura, consegnatole nel 1945. Anche se le poesie di Mistral riflettono la sua passione per i diritti umani, ciò non era l’unico metodo di espressione nel suo servizio alla comunità. Investì, infatti, l’incarico di educatrice, ministro culturale e diplomatico in vari paesi europei.

Gabriela Mistral pseudonimo della poetessa cilena Lucila Godoy Alcayaga (Vicuña, Coquimbo, 1889-Hempstead, U.S.A., 1957). Nacque a Vicuña, Provincia di Coquinbo, il 7 aprile 1889 .  Insegnante di scuole primarie e secondarie in varie località del Cile fino al 1925, entrò poi nel servizio diplomatico-consolare e rappresentò il suo Paese in Italia, Spagna e in altri Stati d’Europa e d’America. Alla Società delle Nazioni e nei Paesi in cui soggiornò intervenne in difesa della pace e si batté per il rispetto di ogni religione e per la fratellanza umana. Nel 1945 ebbe il premio Nobel. Il suicidio dell’uomo amato ispirò alla M. la sua prima opera poetica, i Sonetos de la muerte (1909), il cui tema principale è l’amore, cantato con irruenza e sensualità, in accenti che ricordano la poesia postromantica e modernista. Desolación (1922) rivelò una poetessa originale e matura, ricca di intensa e sofferta pietas, sensibile a ogni palpito del cuore del mondo. I libri Ternura (1924 e 1945; Tenerezza), dedicato all’infanzia e pervaso da trepida tenerezza, e Tala (1938; Taglio d’alberi), dominato dal ricordo della patria, ma percorso da tutti i motivi mistraliani, un’importante Antología (1941) e Lagar (1954; Torchio), oltre a diverse poesie e prose apparse postume, completano degnamente l’opera della Mistral. Desolazione e tenerezza sono i sentimenti capitali della sua poesia, che trovano voce lirica soprattutto nelle ultime opere nate durante la II guerra mondiale e nel dopoguerra, sconvolto da tensioni e da odi. Apparentemente priva di riferimenti all’attualità politica e sociale, la poesia di Tala e di Lagar rende con mirabile e quasi dura precisione espressiva l’angoscia di uno spirito religioso di fronte a un mondo impazzito e insanguinato; e gli stessi indimenticabili paesaggi cileni appaiono trasfigurati in una luce quasi di crepuscolo tellurico.
Diede voce degli Indios del Cile che subirono con particolare crudezza la colonizzazione spagnola. Avviliti in condizioni di vita infime, essi conservano l’antica dignità in un chiuso silenzio che la Mistral interpreta nei suoi elementi di dolore, di rabbia, di stanca tristezza. Ella stessa di stirpe india  e grande amica di Pablo Neruda col quale condivise lo sdegno politico contro la dittatura, nel ’48 fu console a Napoli. Più tardi si ritirò a New York, povera perché con i soldi del Nobel aveva aiutato tanti esuli politici, dove tirò avanti facendo conferenze all’università. Morì di leucemia, la stessa malattia di Evita Peron che tanto aveva odiato.