Francesco Petrarca Canzoniere sestina 22

Francesco Petrarca Canzoniere sestina 22

-ANALISI E METRO-


-A qualunque animale alberga in terra,
se non se alquanti ch’ànno in odio il sole,
tempo da travagliare è quanto è ‘l giorno;
ma poi che ‘l ciel accende le sue stelle,
qual torna a casa et qual s’anida in selva
per aver posa almeno infin a l’alba.

Et io, da che comincia la bella alba
a scuoter l’ombra intorno de la terra
svegliando gli animali in ogni selva,
non ò mai triegua di sospir’ col sole;
poi quand’io veggio fiammeggiar le stelle
vo lagrimando, et disïando il giorno.

Quando la sera scaccia il chiaro giorno,
et le tenebre nostre altrui fanno alba,
miro pensoso le crudeli stelle,
che m’ànno facto di sensibil terra;
et maledico il dí ch’i’ vidi ‘l sole,
che mi fa in vista un huom nudrito in selva.

Non credo che pascesse mai per selva
sí aspra fera, o di nocte o di giorno,
come costei ch’i ‘piango a l’ombra e al sole;
et non mi stancha primo sonno od alba:
ché, bench’i’ sia mortal corpo di terra,
lo mio fermo desir vien da le stelle.

Prima ch’i’ torni a voi, lucenti stelle,
o torni giú ne l’amorosa selva,
lassando il corpo che fia trita terra,
vedess’io in lei pietà, che ‘n un sol giorno
può ristorar molt’anni, e ‘nanzi l’alba
puommi arichir dal tramontar del sole.

Con lei foss’io da che si parte il sole,
et non ci vedess’altri che le stelle,
sol una nocte, et mai non fosse l’alba;
et non se transformasse in verde selva
per uscirmi di braccia, come il giorno
ch’Apollo la seguia qua giú per terra.

Ma io sarò sotterra in secca selva
e ‘l giorno andrà pien di minute stelle
prima ch’a sí dolce alba arrivi il sole.


METRO

La sestina 22 parla dell’eros negato, analogamente a quanto accade nelle Rime “petrose” di Dante: il riferimento è sia formale che sostanziale. La sestina è tutta di endecasillabi come quella di Dante Al poco giorno et al gran cerchio d’ombra; le parole-rima sono bisillabiche come nei modelli: terra sole giorno stelle selva alba. Petrarca, come Arnaut Daniel, inventore di questa forma metrica, mantiene intatta la libertà di realizzare rime in modo derivativo (terra → sotterra), come nella sestina di Arnaut Lo ferm voler qu’el cor m’intra (ongla →  s’enongla); Petrarca guarda insieme a Dante e alla fonte prima da cui Dante deriva e coniuga insieme i due elementi. Le parole in punta di verso creano un sistema che guarda agli oggetti naturali, è un sistema di relazioni oggettive tra gli elementi. Nel congedo sono recuperate le sei parole-rima e distribuite due a due nei sei versi in una distribuzione libera, come avviene in Dante e Arnaut.

Elementi di analisi testuale e di parafrasi

Animale: esseri animati, che operano con fatica durante il giorno e riposano la notte, contrariamente all’affanno del poeta; tutti, tranne gli animali notturni, quelli che non sopportano la luce del sole, (se non se è formula dantesca, ad eccezione di). L’avvicendamento temporale nella sfera della natura corrisponde nella seconda strofa all’avvicendarsi delle situazioni dell’io: la prima stanza presenta la realtà com’è dal punto di vista naturale, la seconda fa piovere quella situazione naturale dentro l’io lirico del poeta. Il v. 4 (ma poi che ‘l ciel accende le sue stelle) è quasi una citazione-traduzione delle Georgiche di Virgilio (I 251: «illic sera rubens accendit lumina Vesper»).

Et io: stilema oppositivo di tipo dantesco, vale io invece (cfr. Inferno II, 3) “non ho tregua alla guerra dei sospiri”. Vo lagrimando: la formula con andare + gerundio di presente perifrastico tipica dell’italiano antico indica partecipazione intensa del soggetto all’azione; i due gerundi riferiti all’io insieme allo svegliando del v. 9 sigillano in una concordia discors il ciclo della giornata: entrambe le situazioni sono indicate con il gerundio.

“Quando la sera scaccia il chiaro giorno, le tenebre nostre altrui [agli antipodi] fanno alba”: si procede per opposizioni binarie, caratteristica della mentalità di Petrarca. Si intende che le tenebre del nostro emisfero riportano la luce del giorno in altra parte del mondo, ma il verbo fanno sdoppia maggiormente l’alternanza giorno-notte, riposo-affanno;   crudeli stelle: (reminiscenza di Virgilio, Bucoliche V 23: «astra vocat crudelia mater»), ma qui stelle vale anche come pianeti e quindi come destino (“guardo il mio destino crudele che mi ha fatto di questo fango frimordiale”, quello dal quale è stato plasmato l’uomo che indica anche la sua fragilità e caducità);    maledico il dì ch’i’ vidi il sole: il giorno della nascita (viene da riferimenti biblici come Geremia e Giobbe).

pascesse per selva: corrisponde al nudrito in selva di poco prima: l’aspra fera è Laura.    i’ piango a l’ombra e al sole: rimpiango notte e giorno (per la sua assenza e per il suo rifiuto). Il mio fermo desir vien da le stelle: il mio desiderio amoroso deriva da influsso celeste;   lo fermo desir è un’eco de “Lo ferm voler qu’el cor m’intra”, primo verso della sestina di Arnaut.

torni … stelle: corrispondenza con alcuni passi di Dante (Paradiso IV, 23-24, secondo il mito platonico del ritorno delle anime alle stelle);   tomi: precipiti, tomare è verbo dell’italiano antico che equivale a tomber francese;    amorosa selva: la selva degli amanti di Eneide VI 442-45, dove dimorano le anime di coloro che furono consumati da amore crudele.    vedess’io: ottativo, potessi vedere un segno di pietà che dovrebbe manifestarsi da parte della donna amata che il poeta ha appena detto essere aspra fera.    dal tramontar del sole: indica la durata di una notte.

Petrarca esplicita un desiderio impossibile: vivere almeno una notte felice con l’amata, ma questa notte non dovrebbe mai essere interrotta. Vediamo il gusto per giochi fonici (sol una notte, sol = soltanto, rievoca fonicamente il sole che si scontra con la notte). La frase mai non fosse l’alba rimanda all’alba occitanica: i trovatori costruiscono componimenti chiamati albe in cui si maledice l’arrivo del sole, perché l’innamorato deve separarsi dalla donna amata.    verde selva : albero, si augura che Laura non diventi come Dafne un alloro;

Nel congedo si registra una coppia di adynaton (dal greco ἀδύνατον, “cosa impossibile”), che ribadisce l’irrealizzabilità del desiderio. Di più difficile interpretazione il primo dei due. Procediamo prima alla parafrasi: “Ma prima che spunti un giorno così fortunato è (più facile) che io sarò sottoterra in una selva arida (senza vita), senza vita o che in pieno giorno si possa vedere il cielo pieno di numerose stelle”. Si deve scartare l’ipotesi (avanzata tra gli altri da Ponchiroli) che  secca selva possa indicare “fra le assi della bara”: non sarebbe un adynaton il riferimento alla propria morte (prima o poi tutti gli uomini muoiono, non è un fatto da classificare fra gli impossibilia). Secondo il commento di Marco Santagata si potrebbe partire dall’opposizione amorosa selva secca selva: la prima indica il luogo dell’amore che continua dopo la morte, la seconda potrebbe indicare «un luogo infero diverso da quello occupato dagli innamorati, prospettando in tal modo un evento irrealizzabile, vale a dire che il poeta possa morire non amando più la sua donna».