FILOSOFIA UMANISTICA E RINASCIMENTALE

FILOSOFIA UMANISTICA E RINASCIMENTALE

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Il passaggio dall’età medievale a quella moderna è segnato dalla formazione degli Stati sul piano politico e nell’ascesa della borghesia sul piano socio-economico. In Europa ci sono gli stati nazionali che dopo la guerra dei trenta anni firmano la pace di Cateau-Cambresis. In Italia gli Stati regionali conoscono un periodo di pace solo con Lorenzo il Magnifico che fa firmare a tutti la pace di Lodi; dopo la morte di Lorenzo l’Italia sempre logorata da lotte interne diventa anche preda delle mire espansionistiche degli stati europei. Sul piano sociale si afferma la civiltà urbana e un economia di tipo “aperto”. La nuova aristocrazia cittadina diventa la classe sociale più ricca e potente soprattutto in Italia. Inoltre vi è lo spostamento dei traffici commerciali dal Mediterraneo all’Atlantico.

La nuova cultura nasce nell’ambito della nuova civiltà urbano borghese; anche se gia nei comuni si erano formate nuove “mentalità”, che però rimasero subordinate alla mentalità religioso-feudale del periodo e non diventarono una vera a propria scuola ufficiale. La nuova visione umanistica-rinascimentale riflette coerentemente il mutato atteggiamento dell’uomo di fronte alla vita e al mondo. Gli umanisti vedono nei classici  nuovi modella da cui trarre i valori della loro cultura.

Per lungo tempo i termini Umanesimo e Rinascimento sono stati usati come sinonimi: Burckhardt nel 1800 li distinse nettamente vedendo nell’umanesimo un momento essenzialmente filologico-letterario incentrato sugli studi umanistici e dei classici, e nel Rinascimento un movimento filosofico-scientifico basato su una matura consapevolezza intellettuale. Un secolo dopo Burdach riavvicinò i termini considerando l’Umanesimo come prima parte del periodo innovatore detto Rinascimento. Comunque il termine Rinascimento può essere estesso e può identificare la civiltà del 1400 e del 1500.

Nei rapporti tra medioevo e Rinascimento Burckhardt vide una profonda frattura, identificando l’eta di mezzo una visione trascendentista, geocentrica e universalista, opposta a quella Rinascimentale che era immanentista, antropocentrica e individualista. Burdach invece propose la teoria della continuità che riconosce che la “rinascita” inizi nell’età dei Comuni, con l’atre gotica e con le università e la cultura del Duecento.

Il nucleo dell’antropologia rinascimentale risiede nella frase “l’uomo è artefice della propria fortuna”, che significa che l’uomo deve forgiare se stesso e il proprio futuro. Pico della Mirandola nella sua opera “Sulla dignità dell’uomo” presenta l’uomo come libero e sovrano artefice di se stesso. Il rinascimento ritiene che l’uomo debba costruire e conquistare a se stesso il proprio posto nell’essere. Questo riconoscimento giunge con ritardo, poiché già l’uomo si era attribuito da secoli questi poteri; ma nell’umanesimo questa autonomia viene riconosciuta e “ufficializzata”.

I rinascimentali non si pongono l’alternativa tra l’uomo e Dio, poiché essi pensano all’interno di una struttura concettuale che riconosce l’uomo e Dio. Questa concezione si differenzia da quella del futuro umanesimo ateo e dalle estreme religiosità medievali. Questa è una visione di tipo antropocentrico, in cui l’uomo tende ad apparire al centro e Dio alla periferia.

Nonostante l’uomo sia forgiatore del suo futuro la sua libertà ha limiti; gli individui sono condizionati da una serie di forze reali casuali e soprannaturali che circoscrivono la libertà: infatti abbiamo le dispute sui rapporti dell’uomo con la Fortuna, il Caso e la Provvidenza ecc.

L’uomo è la sintesi vivente del tutto e il centro del mondo, cioè la creatura in cui si concentrano le varie caratteristiche degli enti del mondo. Questo è il rifiuto dell’ascetismo medievale e della concezione della vita come impegno concreto e non come fuga. L’uomo non è un ospite di passaggio, ma è destinato a giocarsi la propria sorte nel mondo, senza rinnegare l’idea cristiana dell’aldilà. Da ciò la rinnovata idea della eudaiomonia, cioè della felicità come realizzazione armonica e completa delle possibilità umane.

L’umanesimo in Europa nasce con ritardo rispetto a quell’italiano ma ha una maggiore persistenza che dura fino alla grande cultura scientifica del 1600 e al movimento illuministico del 1700. In Italia il rinascimento ci appare una splendida fioritura senza sbocchi, a cui succede un periodo di involuzione, causa della crisi politica del 1500. Negli altri paesi europei questo brusco arresto non avviene; l’umanesimo Europeo presenta un carattere più metodico e più costruttivo dell’umanesimo italiano.

Montaigne con i suoi “Saggi” vuole raggiungere attraverso le proprie esperienze e il confronto con quelle degli altri la conoscenza della natura umana: e gli ha una prudente valutazione delle capacità umane; conosce l’incertezza e l’instabilità dell’esistenza umana. La vita umana è un esperimento continuo che non si conclude mai definitivamente. Bisogna che l’uomo accetti la sua condizione la sua sorte e giunga ad essere in chiaro di luna e dell’altra.


FILOSOFIA UMANISTICA E RINASCIMENTALE

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