Federico II Hohenstaufen

Federico II Hohenstaufen

Federico II Hohenstaufen


Nato a Jesi nel 1194, apparteneva alla famiglia sveva degli Hohenstaufen, figlio di Enrico VI e Costanza d’Altavilla, figlia di Ruggero II, era nipote di Federico I detto il Barbarossa. Conosciuto con vari epiteti come stupor mundi o puer Apuliae, fu re di Germania, re d’Italia, re di Borgogna, re di Gerusalemme e, col nome di Federico I, Re di Sicilia dal 1198 al 1250.

Inizialmente al bambino venne dato il nome di Costantino, probabilmente sulla scia dell’imperatore romano. Enrico VI, in un primo tempo, parve accettare la scelta della moglie e con il nome di Costantino, nell’estate del 1196, il piccolo venne eletto Rex Romanorum dai principi tedeschi, durante la Dieta Imperiale di Francoforte. Qualche mese più tardi, con la cerimonia del battesimo, il nome del futuro sovrano venne cambiato dal padre che, decise l’assegnazione del nome di Federico Ruggero Costantino. “Federico” per indicarlo a futura guida dei principi germanici quale nipote di Federico Barbarossa, “Ruggero” per sottolineare la legittima pretesa alla corona del Regno di Sicilia quale discendente dei normanni da parte di madre e “Costantino” per accomunarsi alla Chiesa di Roma.

Dopo la morte di Enrico VI (1197), la madre fece incoronare il figlio re di Sicilia (1198) a soli 4 anni. POchi mesi dopo, la morte di Costanza permise al nuovo papa, Innocenzo III, di prenderlo sotto la propria tutela. Federico risiedette nella reggia di Palermo mentre veniva sottoposto ad una vera prima educazione. Innocenzo III era costantemente informato dei suoi progressi scolastici, della sua crescita e della sua salute. Istruito anche da un Imam musulmano e apprendendo anche tra le vie di Palermo, tra gli strati più bassi, Federico arrivo alla maggiore età nel 1208.

Nel frattempo gli eventi politici europei incalzavano. Ottone IV venne scomunicato da Innocenzo III per aver mancato agli impegni presi con lui (dopo essere stato incoronato dal papa, rivendicò subito una serie di diritti in Italia e addirittura la corona di Sicilia, scendendo personalmente in Italia meridionale) e una fazione ribellatasi in Germania elesse re dei romani(il che equivaleva alla pre-nomina ad imperatore), proprio Federico.

Solo dopo la battaglia di Bouvines (1214), in cui Filippo Augusto, re di Francia, alleato del papa, sbaragliò gli eserciti di Ottone IV, Federico poté ricevere il potere effettivo.
Nel 1213 (Promessa di Eger), nel frattempo, aveva già promesso a Innocenzo III di mantenere separate le corone di Germania e di Sicilia, oltre a intraprendere una crociata in Terrasanta.
Solo nel 1220, però, Federico sarebbe stato nominato imperatore a Roma da Onorio III, che pensava, visti i suoi tentennamenti, fosse l’unico modo per convincerlo ad indire la crociata promessa.
Inoltre Federico non fìdiede mai segno di volersi privare, abdicando, del regno di Sicilia, ma mantenne separate le due corone, lasciando la Germania al figlio, sentendosi probabilmente più italo-normanno.

Fu proprio dalla Sicilia che Federico governò, riaccentrando il potere su sé stesso, togliendo ai feudatari i diritti regi di cui si erano appropriati in passato. Questo progetto incontrò molte resistenze, soprattutto quando venne chiesto di demolire quelle fortificazioni che potevano rappresentare un pericolo per il potere centrale. Fondò quella che si dice sia la prima Università “laica” a Napoli, in modo che i suoi funzionari non dovessero recarsi nel nord Italia per studiare.
Si sa che Federico fece di Melfi la sua residenza estiva. Fu proprio da qui che lui stesso, aiutato dal notaio Pier delle Vigne, emanò le Constitutiones Augustales codice legislativo del regno di Sicilia, fondato sul diritto romano e normanno, tra le più grandi opere della storia del diritto (1231).

In tutto questo Federico continuò a eludere le richieste di crociata da parte del papa Onorio III, concentrando la sua attenzione al progetto che aveva in mente: l’unione della Sicilia e dell’Impero, oltre al controllo dell’Italia centro-settentrionale. In questo senso tentò di recuperare all’Impero la marca di Ancona ed il ducato di Spoleto, rientranti nella sovranità papale. Inoltre in Sicilia procedette all’occupazione di cinque vescovadi con sede vacante, alla confisca dei beni ecclesiali e alla cacciata dei legati pontifici che si erano colà recati per la nomina dei vescovi, pretendendo di provvedere direttamente alle nomine, facendo scoppiare le ire del papa. Ire che si sommavano a quelle casate dal mancato aiuto dei crociati (V crociata 1217-21) da parte di Federico.

Nel 1227, pressato dal successore di Onorio III, Gregorio IX, e sotto la minaccia di scomunica, onorò la promessa fatta al predecessore partendo per la sesta Crociata, ma una pestilenza scoppiata durante il viaggio in mare che falcidiò i suoi crociati lo costrinse a rientrare, inoltre lui stesso si ammalò, ma a nulla valse una lettera di giustificazioni inviata al papa, che lo scomunicò.
L’anno successivo, ripresosi dalla malattia, dopo aver nominato l’ex Duca di Spoleto Rinaldo suo sostituto, ripartì per la Terrasanta. Qui trattò degli accordi col sultano ayyubide al-Malik al-Kamil, ottenendo Gerusalemme.
Durante l’assenza di Federico, Rinaldo tentò di recuperare con le armi il ducato di Spoleto mentre truppe germaniche scesero in Sicilia. Il Papa assoldò altre truppe per contrastarle, bandendo la crociata contro Federico II, ed i territori di Federico subirono l’invasione delle medesime. Al suo ritorno Federico riuscì ad avere ragione delle forze papali ma ritenne opportuno, per quel momento, riconciliarsi con il papa.

Il rinnovato accordo fra il papa e Federico venne utile a quest’ultimo allorché nel 1234 suo figlio Enrico si ribellò al padre: rivoltosi al papa, Federico ottenne la scomunica contro il figlio, lo fece arrestare e lo tenne prigioniero fino alla morte, avvenuta nel 1242. Alla corona tedesca venne allora associato l’altro figlio Corrado II (che non riuscì neppure lui a governare in pace per l’opposizione dei nobili che gli misero davanti una serie di antiré).

Nel maggio dello stesso anno alcuni violenti tumulti, organizzati da famiglie ostili a Gregorio IX, costrinsero quest’ultimo a fuggire in Umbria. Federico, cui faceva molto comodo politicamente apparire come il difensore della Chiesa, accorse in armi, sconfisse i ribelli a Viterbo (ottobre 1237) e ristabilì Gregorio sul trono romano (1238).
Per quanto riguarda l’Italia settentrionale, egli aveva continuato a portare avanti il suo progetto di conquista, favorendo l’instaurazione di governi ghibellini a lui favorevoli nelle varie città. Dopo varie vittorie contro la Lega Lombarda, il figlio Enzo sposò Adelasia, vedova di Ubaldo Visconti, giudice di Torres e Gallura e Federico lo nominò Re di Sardegna. Ciò non poteva essere accettato dal papa, visto che la Sardegna era stata promessa in successione al papa dalla stessa Adelasia. Alle rimostranze del pontefice Federico rispose nel marzo 1239 tentando di sollevargli contro la curia ed il papa lo scomunicò, indicendo anche un concilio a Roma per la Pasqua del 1241. Federico, per impedire lo svolgimento del Concilio che avrebbe confermato solennemente la sua scomunica, bloccò le vie di terra per Roma e fece catturare i cardinali stranieri giunti via mare (grazie ai fedeli pisani), dalla flotta comandata dal figlio Enzo con una battaglia navale avvenuta presso l’isola del Giglio. Le truppe imperiali giunsero alle porte di Roma, ma il 22 agosto 1241 il quasi centenario papa Gregorio IX morì e Federico, dichiarando diplomaticamente che lui combatteva il papa ma non la Chiesa (egli era sempre sotto scomunica), si ritirò in Sicilia.
Il soglio papale rimase vacante per un anno e mezzo. Infine il conclave si tenne ad Anagni e fu eletto il genovese Sinibaldo Fieschi che prese il nome di Innocenzo IV.

Papa Innocenzo IV decise che l’assoggettamento della Lombardia all’impero non poteva essere accettato: avrebbe significato l’accerchiamento dei domini pontifici da parte dell’imperatore. Perciò decise di indire un Concilio per confermare la scomunica a Federico e far nominare un altro imperatore, rivolgendosi ai di lui nemici che in Germania erano numerosi. Giunto a Lione svolse un’intensa attività diplomatica presso i nobili tedeschi ed indisse un Concilio che si aprì il 28 giugno 1245. Lione, sebbene formalmente in Borgogna, quindi di proprietà dell’imperatore, era fuori dal tiro di Federico ed era sotto protezione del re di Francia.

Il concilio confermò la scomunica a Federico, lo depose, sciogliendo sudditi e vassalli dall’obbligo di fedeltà, ed invitò i nobili elettori tedeschi a proclamare un altro imperatore, bandendo contro Federico una nuova crociata. Non tutta la Cristianità però accettò quanto deliberato nel concilio, che si era tenuto in condizioni non troppo chiare. Il papa aveva finto fino all’ultimo di voler patteggiare con Federico e molti si domandarono se fosse giusto un provvedimento così grave contro l’imperatore in un momento in cui nuove minacce si affacciavano all’orizzonte (l’offensiva mongola).
Dopo questo concilio gli eventi precipitarono. La Germania, si ribellò, trovando un nuovo rex Romanorum in Enrico Raspe, margravio di Turingia. Nel 1248, Federico subì una grave sconfitta nei pressi di Parma, sconfitta che sfatò il suo mito di imbattibilità. Anche il figlio Enzo fu sconfitto e preso prigioniero dai bolognesi.

Gli ultimi anni di Federico furono tristi: ammalato, ossessionato dal tradimento (anche dei suoi più fidati, come Pier delle Vigne), in preda a ombre di rovesci politici e militari, visse lontano da quella figura di signore sereno e magnanimo che aveva tenuto.
Federico cadde probabilmente vittima di un’infezione intestinale dovuta a malattie trascurate, durante un soggiorno in Puglia. I cronisti raccontano che gli furono servite, durante la degenza, pere cotte. I medici avevano diagnosticato infatti un attacco di dissenteria. Federico non era nuovo a questi malanni ed a tali rimedi, più volte si era fatto confezionare dai suoi medici arabi marmellate curative e foglie di violetta candite (ne parla una lettera rivolta a Pier delle Vigne). 
L’imperatore, sentendosi in punto di morte, volle indossare il saio cistercense e dettare così le sue ultime volontà nelle poche ore di lucidità. La sua fine fu rapida e sorprese i contemporanei, tanto che alcuni cronisti anti-imperiali diedero adito alla voce, storicamente infondata, secondo cui l’imperatore era stato ucciso da Manfredi, il figlio illegittimo che in effetti gli successe in Sicilia.

La salma di Federico fu sommariamente imbalsamata, esposta per qualche giorno e trasportata a Palermo, per essere tumulata nel Duomo, entro il sepolcro di porfido, pietra regale, come voleva la tradizione normanno-sveva, accanto alla madre Costanza d’Altavilla, al padre Enrico VI e al nonno Ruggero II.

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