Farinata nel canto X dell’Inferno

Farinata nel canto X dell’Inferno

BOSCO-REGGIO, commento all’Inferno;

introduzione al canto X.

L’interpretazione di Gramsci mette al centro Cavalcante perché in lui si esplica la “pena in atto” (l’epicureo non può vedere il presente: è un contrappasso per contrapposizione, dato che in vita “videro” solo il presente, e la sua materialità corporea, e non “videro” il futuro, ovvero l’immortalità dell’anima): ma bisognerebbe dimostrare che tale condizione non sia di tutti gli eretici, o addirittura di tutti i dannati.

Chi dice che è il canto degli affetti terreni (la politica e l’amor paterno) non considera che il restare inchiodati al peccato (e quindi al terreno) è di tutti i dannati (altrimenti ci sarebbe una sorta di rimorso).

Il X è, semplicemente, il canto di Farinata, la cui sorte Dante sente particolarmente vicina alla propria. Anche Dante subisce (nel 1315) la legge che bandisce i figli degli esuli (pur di non umiliarsi davanti alla prepotenza dei vincitori: per coerenza politica e rispetto per se stesso). E poi: Dante esule è già vicino al ghibellinismo (e quindi non si tratta, come parrebbe a prima vista, dello scontro fra due uomini di parte avversa). Infine: dopo il 1266 furono gli Uberti (e non tutti i ghibellini) ad essere esclusi da ogni amnistia.

Quindi: il “gran dispitto” di Farinata nei confronti dell’inferno si spiega perché lui è tutto fisso al problema che l’angoscia: l’aver compiuto il proprio dovere patriottico (con un’ombra di dubbio: ho forse ecceduto? Sembra giustificarsi quando dice: “non fui io sol”) e l’aver coinvolto i propri discendenti nella condanna. Il diverbio con Dante è nella logica del “rinfaccio” fra famiglie (e non fra fazioni); e che ci sia un’affinità di fondo (e non una rivalità) fra i due interlocutori, è dimostrato dal fatto che, infine, Farinata profetizza a Dante un analogo destino: quello dell’esilio, e quindi della lacerazione fra il proprio dovere politico-morale e il dovere di padre.

Che qui sia il nodo poetico del canto (che il poeta senta fortemente, ed intenda esprimere, questo dramma) ci è confermato dalle parole augurali con cui Dante si rivolge a Farinata: “Deh, se riposi mai vostra semenza…

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