Eugenio Montale VITA E OPERE

Eugenio Montale VITA E OPERE


Vita

Montale nasce a Genova nel 1896 e vivrà la sua infanzia sempre nel territorio delle cinque terre. La sua salute malferma gli impedì i lunghi studi letterari, per diplomarsi in ragioneria. Sua sorella sarà la sua unica guida, dopo la sua iscrizione alla facoltà di lettere, e lo introdurrà ad una poi vastissima cultura. La sua giovinezza fu caratterizzata dall’indecisione riguardo all’attività che avrebbe voluto svolgere.

Montale avrà il merito di aver scoperto e lanciato Svevo all’interno della cerchia di letterati italiani e non. Questi, per riconoscenza, lo ospitò per un periodo a Trieste, facendogli incontrare anche Saba.

Particolarità: il poeta arrivò fino a quasi trent’anni senza mai un lavoro fisso. Si trasferì poi per lavoro a Firenze, dove dopo pochi anni gli fu tolto l’incarico perché si era sempre rifiutato di prendere la tessera del partito fascista. Divenne un assiduo frequentatore delle “Giubbe Rosse”, il caffè d’incontro degli intellettuali fiorentini (Gadda, Quasimodo, Vittorini).

In questo periodo comincia il rapporto affettivo con Drusilla Tanzi, la moglie di un critico d’arte, che poi divenne anche sua compagna e infine moglie. A Milano, dal 1948 cominciò l’attività giornalistica per il Corriere della Sera, che continuò quasi fino alla sua morte, avvenuta nel 1981.

Negli ultimi anni ricevette numerosi riconoscimenti nazionali e non, come ad esempio il premio nobel per la letteratura nel 1975.

Montale nega in ogni modo la poesia come portatrice di un messaggio o come comunicazione al lettore, non importa farsi capire, non è l’obiettivo dello scrivere versi, l’importante è trasmettere quel quid che le parole non riescono a dire. La poesia è uno strumento di conoscenza che si dirige verso qualcosa che non appartiene a questo mondo, ma che si nasconde dietro le apparenze, la superficie. È una poesia metafisica

 

Ossi di Seppia

È la prima raccolta di Montale, del 1925, è una poesia dannunziana per lo stile, ma per l’aspetto ideologico, completamente antidannunziana: non ha nessuna verità o certezza da rivelare, si limita a descrivere la profonda angoscia del poeta la sua disarmonia col mondo, il cosiddetto «male di vivere». Montale non cerca di darci nessuna certezza positiva, ma solo «ciò che non siamo, ciò che non vogliamo».

Gli ossi di seppia danno il titolo alla raccolta, e sono le conchiglie di certi molluschi lasciate dalle onde sulla spiaggia, sono presenze inaridite e ridotte al minimo, simbolo della poetica dello scabro ed essenziale, dominante in Montale.

All’oggetto simbolico seguirà quasi sempre la spiegazione dello stesso, vediamo ad esempio la composizione della lirica “Spesso il male di vivere ho incontrato”.

Tipico paesaggio in questa raccolta è quello ligure marino, assolato, arido e scabro, che assume una parte importante. Come interlocutore Montale utilizzerà solo il mare od un generico tu.

Il lessico è esatto, preciso, anche tecnico in certi casi , ma da D’Annunzio, anche aulico e dialettale. Montale usa immettere il lessico aulico in una situazione realistica e quotidiana, ma comunque usa solo negli Ossi di Seppia questo stile caratterizzante invece D’Annunzio.

Il leopardiano «mal di vivere» si ritrova soprattutto in celebri metafore, quali il camminare su un muro che ha «in cima cocci aguzzi di bottiglia», essere imprigionati da una rete, essere legati da una catena. Talvolta però si intravede una possibilità di salvezza, una «maglia rotta nella rete», che permette la fuga dal dolore e dalle insensatezze della vita. È quindi possibile trovare «l’anello che non tiene / il filo da disbrogliare che finalmente ci netta / nel mezzo di una verità» (I Limoni). È una possibilità vaga, dai contorni indefiniti e quando assume una forma più precisa si rivela solo uno scacco.

Fra la poesia di apertura (In limine) e quella di chiusura (Riviere) trovano spazio quattro sezioni intitolate Movimenti (13), Ossi di seppia (22), Mediterraneo (9), Meriggi e ombre (15). 

Il linguaggio come abbiamo detto riprende molto quello dannunziano, la metrica non è rivoluzionaria, i metri tradizionali sono ben riconoscibili.

 

I limoni

Costituisce il manifesto poetico degli Ossi: una poetica antieloquente, che contrappone al solenne e all’artificioso una più umile adesione alla realtà quotidiana (di cui l’odore dei limoni ne è simbolo).

L’autore fornisce un elenco di temi prescelti per le sue poesie, il paesaggio ligure e la stagione soleggiata, estiva. Il paesaggio estivo permette al poeta una sorta di rapporto tra la natura e se stesso.

Metro: quattro strofe di 10, 11, 13 e 15 versi di lunghezza variabile, comunque più frequenti sono endecasillabi e settenari. È presente quindi una regolarità di fondo, i versi lunghi sono quasi sempre doppi settenari.

20 su 49 versi sono implicati in una rima perfetta, sono presenti poi altre rime imperfette o interne.

Analisi: è composta da due nuclei tematici, uno con la descrizione dei poeti ‘laureati’, tra cui primeggia D’Annunzio, in contrasto con la sua scelta di poetica più umile e ‘vera’; nel secondo, la concezione dolorosa dell’esistenza come catena, sequenza di atti per noi senza senso, ma illuminata dalla speranza di trovare il filo della matassa in grado di svolgere il tutto, il vero significato della vita. Notiamo come Montale attraversi D’Annunzio, con i suoi limoni anziché bossi, ligustri e acanti, però in questa poesia troviamo molti preziosismi lessicali: si tratta quindi di un’opposizione di ideali, ma gli aulicismi verranno utilizzati anch’essi per trovare la perfezione e la nitidezza sintattica.

Significato: v.1: “ascoltami” è un termine dedicato ad un interlocutore indeterminato, ma ha un tono famigliare –diverso da D’Annunzio- ; vv.25-29: ci si aspetta di trovare un anello rotto nella catena esistenziale che ci lega, e di uscire dalla disarmonia e dall’angoscia immutabile della vita, speranza di disbrogliare la matassa e di giungere al senso vero della vita; vv.47-49: il giallo dei limoni si contrappone alla tristezza e al grigiore dell’inverno, ricordano con il loro colore la luminosità del sole e dell’estate.

Spesso il mal di vivere ho incontrato

È una delle più grandi espressioni del leopardiano «male di vivere», tipico però anche della poetica di Montale, che riprende soprattutto il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia.

Metro: due quartine di endecasillabi, tranne l’ultimo verso composto da due settenari.

Le rime sono ABBA CDDA, in cui solo il quinto verso è irrelato.

Analisi: può essere divisa in due parti, la prima strofa in cui viene affermato il male di vivere(il rivo strozzato, la foglia riarsa e il cavallo stramazzato); la seconda strofa, che afferma il valore positivo dell’indifferenza (la statua, la nuvola e il falco). C’è un contrasto tra l’orizzontalità del male (nel rivo, nel cavallo stramazzato) e la verticalità del bene ( la statua, il falco alto levato), che si esprime anche attraverso la differenza tra i suoni aspri della prima parte (Dante- Inferno) con i suoni più dolci della seconda.

Significato: v.6. che potrebbe essere sia complemento oggetto che soggetto, lascia un senso di ambiguità, comunque il male di vivere non può essere annullato, ma solo attenuato dall’indifferenza, che porta ad un distacco dalla realtà e dal dolore; vv.7-8 la statua, nuvola, falco rappresentano l’immobilità e quindi l’indifferenza.

Le occasioni

Le occasioni di salvezza sporadiche negli Ossi, si infittiscono in questa raccolta, la seconda di Montale, del 1939, che diventa la ricerca del fantasma che ti salva, ma dove rimane il motivo fondamentale della disarmonia e del dolore esistenziale. Cambiano alcuni aspetti rispetto agli Ossi: il paesaggio non è più quello ligure, ma diventa quello toscano, e passa in secondo piano lasciando spazio al piano memoriale; agli interlocutori generici, cerca ora di sostituire reali destinatari, prima fra tutti una donna di nome Clizia, ovvero Irma Brandeis, un’attrice americana con la quale Montale aveva avuto una storia affettiva fino al 1939.

Clizia è un nome di una donna, vista come ideale salvifico (nel mito, donna trasformata in girasole per poter meglio adorare il sole di cui era innamorata e da cui era stata lasciata), che introduce il tema dell’amore da lontano (Clizia è presente infatti solo nel ricordo = importanza della dimensione memoriale), che non allevia, ma accentua la solitudine del poeta. Gli unici segnali di salvezza in un’epoca segnata dalla paura di una seconda guerra, vengono racchiusi in Clizia, rappresentata secondo moduli stilnovisti (angelo o uccello).

In questa raccolta, al contrario che negli Ossi, non vengono spiegate tutti gli oggetti simbolici utilizzati, Montale cerca infatti di lasciare non scritta la parte della spiegazione, in modo da dare al lettore solo l’oggetto, senza però rivelare l’occasione. Verrà definita per questo «poetica degli oggetti», la rappresentazione pura e semplice di oggetti poetici che racchiudono in sé valori simbolici non esplicitati. Ne consegue un accentuarsi dell’oscurità della poesia.

Anche il retroterra culturale cambierà nelle Occasioni, si sposta dalle influenze italiane degli Ossi ai modelli europei, come Blake, Browning, Hopkins e Eliot.

La casa dei doganieri

È una delle prime poesie delle Occasioni, l’atmosfera e il paesaggio sono ancora quelli egli Ossi, il Tu a cui si rivolge è Annetta, una giovane villeggiante che il poeta conobbe e che gli ispirò molte poesie, ma è sempre presentata come una fanciulla morta giovane. Comunque la realtà bibliografica probabilmente è diversa da quella poetica, infatti probabilmente è Anna degli Uberti, che però visse fino al 1959.

Il titolo indica l’intenzione di una diversa forma di poesia in cui il passaggio esteriore viene meno; cadono in legami con la tradizione e si accentua la ricerca di una poesia essenziale, con scatti incisivi.

Metro: quattro strofe di cinque e sei versi alternativamente. I versi sono generalmente endecasillabi, unico il v.5 è un quinario.

Le rime sono complesse e racchiudono tutto il componimento, la prima strofa è legata alla seconda, la terza alla quarta e la prima all’ultima, all’interno delle varie strofe i versi rimano tra loro, tutti tranne quello legato alla strofa precedente o che segue.

Analisi: si tratta di una poesia che parla di un tentativo fallito di riportare alla memoria un’immagine. Il poeta cerca di afferrare il filo del ricordo, la donna è distratta da altro tempo. La centralità del tema memoriale è scritta in modo chiaro in questa poesia.

L’opposizione interno esterno è oggettivata nell’immagine della casa in cui ha vissuto felicemente in compagnia della donna ora lontana. La casa rappresenta un polo positivo, un rifugio. La realtà esterna diventa il libeccio che sferza le vecchie mura: sono sconvolgimento e sofferenza che minacciano l’interno, è quindi il polo negativo (=identificabile con la realtà storica del fascismo e della guerra). La casa rappresenta la condizione sociale dell’intellettuale appartato.

Il moto del tempo, oggettivato nel vento, si oppone all’immobilità della casa e ne distrugge il ricordo, l’unico legame in grado di unire il poeta alla donna amata.

Significato: v.7: il tempo che è passato fa si che il riso della donna non riesca più a dare gioia al poeta; vv.8-9: non è possibile trovare un punto di riferimento stabile nella vita, né a livello razionale, né per fortuna (l’ago della bussola impazzita e il calcolo dei dadi che non torna); vv.13-14: il ruotare della banderuola rappresenta l’impetuoso trascorrere del tempo; v.19: il mare come negli Ossi è associato ad una possibile salvezza; v.22: dubbio assoluto: il poeta non riesce a capire chi fra i due sia partito veramente e chi invece sia restato.

Satura

È la prima raccolta appartenente al secondo periodo di Montale, quello degli anni sessanta e settanta, incompreso nella sua importanza, pubblicata nel 1971 dopo un lungo silenzio.

Qui Montale ci da il rovescio della sua poesia: lo occasioni-spinta vengono non più occultate, ma esibite, i temi divengono quelli della realtà contemporanea (più importanza al sapere scientifico che letterario, massificazione della cultura, potere dei mass-media, la perdita dell’intellettuale..) e dalla quotidianità (uno sciopero). Il linguaggio si abbassa quasi fino al parlato, ma comunque un parlato colto, e ci da a volte la filastrocca, il non senso, la parodia ecc. La poesia diventa uno strumento quotidiano e quasi immediato di osservazione e riflessione.

Cambia radicalmente lo stile, ma rimangono inalterati la concezione del mondo e il rapporto disarmonico fra la realtà ed il poeta.

Il titolo Satura, ha più significati: uno indica la vena satirica presente nella raccolta, uno deriva dal latino e indica la varietà di temi e metri.

È una raccolta composta da quattro sezioni (Xenia I e II e Satura I e II), di cui le prime due sono scritte in occasione della morte della moglie nel 1963 e rappresentano una delle punte più alte della poesia di Montale, che per la prima volta vuole rendere un omaggio anche alla moglie.

Xenia è un termine latino che indica i doni fatti ad un ospite nel momento in cui lascia la casa che l’ha ospitato: sono queste poesie i doni che Montale fa a Drusilla Tanzi, affettuosamente chiamata Mosca, nel momento della sua partenza senza ritorno.

 

«Xenia» per Mosca

Sono poesie d’amore, nelle quali prevale il senso di rimpianto per una persona unica, che era la sola ad aver raggiunto un completo affiatamento col poeta, era un postumo risarcimento per gli anni di dimenticanze poetiche che forse aveva dovuto subire, era stata sempre rimpiazzata infatti da altre figure femminili. In I.4 troviamo una stanchezza per la vita che si confonde con il rimpianto per la moglie, in I.14 il suo ricordo si mescola ad una considerazione sulla poesia, in II.5 il poeta afferma che nonostante lei fosse quasi cieca, tra i due quella che vedeva meglio era proprio lei.

Metro: versi liberi.

Analisi: è sia una poesia da ricordare come grande segno di affetto per la moglie, ma anche è importante per il momento storico in cui è stata scritta. Questa risale al periodo in cui Montale si stava convincendo che le possibilità di sopravvivenza della poesia in una società come quella multimediale moderna erano quasi impossibili; la morte della moglie viene a coincidere con la morte della poesia, nella figura della moglie si può infatti leggere un’allegoria della poesia.

Significato: 1) I.14: v.2: la poesia di Montale esprime sia un’estraneità alla vita, anche perché non appartiene a nessun linguaggio letterario codificato, ma anche che non è possibile possederla fino in fondo. Giocherà su questo affermando nel v.3 che appartiene alla moglie.

vv.5-6: fa riferimento ai critici che danno della poesia una definizione ideale, usando concetti astratti, dalle quali il poeta si sente distante; vv.7-8: i critici precedenti si fermano alle soglie del reale, vedendo solo quello che il buon senso suggerisce, non capiscono che la tartaruga e il fulmine fanno parte di un’immobilità totale che è l’universo; v.11-12: insiste con il vuoto è pieno e il sereno è la più grande nube sul concetto si uniformità degli opposti, come in un continuo ossimoro = simbolo di una coscienza che indaga e che va in profondità.

2) II.5: vv.4-7: ormai al poeta, già vecchio, non servono tutte quelle piccole cose che appartengono alla quotidianità e che servono per sentirsi vivi a quelli che credono che la vita sia quella che si vede.