EUGENIO MONTALE I FUNGHI ROSSI

EUGENIO MONTALE I FUNGHI ROSSI

EUGENIO MONTALE I FUNGHI ROSSI


A tarda sera si riunivano insieme in un vuoto retrobottega per fare ipotesi e piani sul modo piú conveniente di festeggiare la caduta (e preferibilmente la morte) del Tiranno. E poiché tutti e quattro erano ghiottoni, o almeno gourmets, gli immaginati saturnali prendevano sempre piú l’aspetto di buoni e succulenti pranzi. Ambizioni politiche non avevano, e d’altronde il crollo del furfante era cosí lontano e imprevedibile che veramente sarebbe stato sciocco pensare a raccogliere i resti del suo bottino.

«Quando “lui” morirà» disse Abele a bassa voce (non si sa mai, i muri avevano orecchie) «mangeremo riso alla valenzana, lumache alla bordolese e un soufflé al Vieux Prunier. Quel giorno pagherò io, s’intende; farò venire il primo cuoco della città.»

«Se riescono a fargli la pelle» borbottò Egisto guardandosi d’attorno con sospetto «vi preparo una zuppa di pinze d’astice che nemmeno la mangia il padreterno. E quanto ai vini, quanto ai vini, ho giú in cantina …»

«Se gli verrà un coccolone» lo interruppe Volfango con un grido (ma gli misero la mano sulla bocca per moderarne la voce) «vi farò i cappelletti come l’intendo io, seguiti da un bel porcello allo spiedo, un lattonzolo arrosolato, e poi, giú, lambrusco a fiumi, a cateratte …»

«Quando tirerà le cuoia» urlò Ferruccio balzando in piedi con gli occhi strabuzzati e il fiato grosso «ci vorrà ben altro! Un piatto unico, di quelli che fanno impazzire, un umido, uno spezzatino di capriolo, e insieme …»

«e insieme?» dissero i primi tre.

«E insieme un bel tegame di funghi rossi, lavati col verdicchio, mezza patata, mezzo pomodoro, un cuore di sedano, un pizzico di zenzero, una goccia di rum, una spolveratina di finocchio; e poi … dopo mezz’ora di fuoco lento, un velo leggero di panna, una stilla, macché stilla? un’idea d’aceto di Modena; e in ultimo …»

«e in ultimo?» chiesero ansiosi Abele, Egisto e Volfango.

«E in ultimo … non è finita ancora … e in ultimo …»

Cercò nella memoria, annaspò con le mani in aria, vacillò. Fecero a tempo a sorreggerlo e ad adagiarlo su un sofà. Era pallidissimo, pareva non respirasse piú. Abele gli toccò il polso e scosse la testa.

«Bisogna telefonare subito al pronto soccorso» disse. «Per me è bell’e andato. Lo sapevo, questi discorsi non portano fortuna.»

Note

Il racconto fu pubblicato la prima volta sul «Corriere d’Informazione» del 4-5 ottobre 1951 (insieme a Sera tempestosa) e poi nella prima edizione di Farfalla di Dinard. Come di norma nella Farfalla, Montale applica alla critica politica e alla tematica dell’impegno una sordina ironica.

Un primo abbozzo del racconto è la prosa Giuocatori di carte, pubblicata su «La Patria» del 14-15 maggio 1945:

Era un sabato sera, le «inique sanzioni», da poco decretate, destavano molte vane speranze e alcuni amici s’erano riuniti in casa Menapace per la solita partita a briscola. Fra una chiacchiera e l’altra era stata rimessa sul tappeto (è proprio il caso di dirlo) l’annosa questione: «Come festeggeremo la notizia della sua fine?

Si preferiva sempre l’incerta parola fine, che poteva significare la morte di lui, o la sua caduta o altrettali fortunate calamità.

«Per conto mio», disse il Farulli, «se sarà la stagione propizia mi limiterò ad una buona strippata di funghi rossi. Sono il mio piatto preferito. Funghi rossi, per me e per certi amici, ormai non vuol dire che il giorno, quel giorno …»

«Ci vuol altro», esclamò il Menapace. «Bisogna organizzare una festa in grande, con donne, sciampagna e tutto il resto. Fare un po’ di can can.»

«Bravi!», gridò il Crapotti. «E la rivoluzione dove la mettete? C’è il rischio che vada al suo posto uno peggio di lui. Ci vuole di piú, ci vuole il colpo grosso …»

«Non basta! Non basta!», urlò congestionato il Ceramelli. «Secondo me … secondo me … in quel momento … a quella notizia … altro che funghi … non so se mi spiego … io … io …» Afferrò un bicchiere, lo tracannò di colpo, fece ancora per parlare, poi si alzò, annaspò con le mani, provò a fare un passo o due, descrisse un semicerchio su se stesso e in fine crollò al suolo con un tonfo, rimanendovi immobile.

Accorsero intorno a lui, gli slacciarono il colletto, gli fecero frizioni e massaggi, ma tutto pareva inutile. Poi il Crapotti alzò il capo: «Telefonate a un medico, d’urgenza», disse. «Maledizione ai funghi rossi! Non bisogna nominarli piú.»

gourmet significa “raffinato buongustaio”.

saturnali: “feste sfrenate”; propriamente i saturnali erano feste orgiastiche in onore del dio Saturno, che si tenevano nella Roma antica tra il 17 e il 23 dicembre, in coincidenza con il solstizio d’inverno.

La ricchezza dell’enumerazione gastronomica ha soprattutto un valore di affermazione compensativa e comico-carnevalesca rispetto alla grama attualità vissuta dai personaggi. Il riso alla valenzana è la celebre paella; Vieux Prunier è la denominazione di origine di un vino bianco francese, ottenuto da vitigni della regione della Loira.

coccolone: “colpo apoplettico”.

funghi rossi: cfr. la lettera a Irma Brandeis del 2 ottobre 1938: «I will try to eat with you red mushrooms»; evidentemente già nel codice dei due amanti i funghi rossi erano il segnale della liberazione.


Fonti

Eugenio Montale, Prose e racconti. A cura e con introduzione di Marco Forti. Note ai testi e varianti a cura di Luisa Previtera, Milano, Arnoldo Mondadori, 1995, pp. 155-156 e 1181.

Eugenio Montale, Prose narrative. A cura di Niccolò Scaffai. Con un saggio di Cesare Segre e uno scritto di Emilio Cecchi, Milano, Arnoldo Mondadori, 2008, pp. 177-180.

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