ETTORE MAJORANA BIOGRAFIA

ETTORE MAJORANA BIOGRAFIA

FONTE:https://it.wikipedia.org/wiki/Ettore_Majorana

Ettore Majorana (Catania, 5 agosto 1906 – Italia, 27 marzo 1938 (morte presunta) o in località ignota dopo il 1959[1]) è stato un fisico e accademico italiano. Operò principalmente come teorico della fisica all’interno del gruppo di fisici noto come i “ragazzi di via Panisperna”: le sue opere più importanti hanno riguardato la fisica nucleare e la meccanica quantistica relativistica, con particolari applicazioni nella teoria dei neutrini. La sua improvvisa e misteriosa scomparsa ha suscitato, dalla primavera del 1938, numerose speculazioni riguardo al possibile suicidio o allontanamento volontario, e le sue reali motivazioni, a causa anche della sua personalità e fama di geniale fisico teorico.

Biografia

« Sono nato a Catania il 5 agosto 1906. Ho seguito gli studi classici conseguendo la licenza liceale nel 1923; ho poi atteso regolarmente agli studi di ingegneria a Roma fino alla soglia dell’ultimo anno. Nel 1928, desiderando occuparmi di scienza pura, ho chiesto e ottenuto il passaggio alla facoltà di fisica e nel 1929 mi sono laureato in fisica teorica sotto la direzione di S.E. Enrico Fermi svolgendo la tesi: “La teoria quantistica dei nuclei radioattivi” e ottenendo i pieni voti e la lode. Negli anni successivi ho frequentato liberamente l’Istituto di Fisica di Roma seguendo il movimento scientifico e attendendo a ricerche teoriche di varia indole.Ininterrottamente mi sono giovato della guida sapiente e animatrice di S.E. il prof. Enrico Fermi. »

 

Ettore Majorana, penultimo di cinque fratelli, nacque a Catania, in via Etnea 251, il 5 agosto del 1906 [3] da Fabio Massimo Majorana (1875-1934) e da Dorina Corso (1876-1965). Egli apparteneva ad un’antica e prestigiosa famiglia di giuristi originaria di Militello in Val di Catania, vivace centro feudale del Val di Noto, dove per secoli si distinse nella partecipazione alla vita politica ed economica del territorio.

Il nonno di Ettore, Salvatore Majorana Calatabiano (1825-1897), era stato deputato dalla nona alla tredicesima legislatura nelle file della sinistra storica, due volte ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio nel primo e terzo governo Depretis (1876-1879) e senatore del Regno d’Italia nel 1879.

Il padre Fabio, ultimo di cinque fratelli, si era laureato a diciannove anni in Ingegneria e quindi in Scienze fisiche e matematiche. Gli altri quattro erano Giuseppe, giurista, rettore e deputato, nato nel 1863; Angelo, statista, 1865; Quirino, fisico, 1871; Dante, giurista e rettore universitario, 1874.

Gli altri fratelli di Ettore erano: Rosina, Salvatore, dottore in legge e studioso di filosofia; Luciano, ingegnere civile, specializzato in costruzioni aeronautiche si dedicò alla progettazione e costruzione di strumenti per l’astronomia ottica; Maria, diplomata a pieni voti in pianoforte al Conservatorio Santa Cecilia. Il figlio di Salvatore, Ettore Majorana jr., nato dopo la sua scomparsa, ha intrapreso la carriera di fisico come lo zio omonimo, presso l’Università La Sapienza di Roma.[4]

Ettore fu praticamente un bambino prodigio rivelando una precocissima attitudine per la matematica, svolgendo a memoria calcoli complicati fin dall’età di 5 anni e inoltre si dedicò allo studio personale della fisica, disciplina che sin da piccolo lo affascinava. Alla sua educazione sopraintese (sino a circa nove anni) il padre. Ettore terminò le elementari e successivamente il ginnasio (completato in soli quattro anni) presso il collegio “Massimiliano Massimo” dei Gesuiti a Roma. Possedeva anche un’ottima cultura umanistica in letteratura (apprezzava molto il conterraneo Luigi Pirandello) nonché un raffinato senso dell’umorismo e dell’ironia, acuto nelle osservazioni e nei discorsi di cultura generale[5].

Quando anche la famiglia si trasferì a Roma nel 1921, continuò a frequentare l’istituto Massimo come esterno per il primo e secondo anno del liceo classico. Frequentò il terzo anno presso l’istituto statale Torquato Tasso, e nella sessione estiva del 1923 conseguì la maturità classica.

Terminati gli studi liceali Ettore si iscrisse alla facoltà d’Ingegneria. Fra i suoi compagni di corso vi erano il fratello Luciano, Emilio Segrè, Enrico Volterra.

Il passaggio a Fisica

Emilio Segrè, giunto al quarto anno di studi d’ingegneria, decise di passare a Fisica: a questa scelta, che in lui meditava da tempo, non erano stati estranei gli incontri avuti (estate del 1927) con Franco Rasetti ed Enrico Fermi, allora ventiseienne, da poco nominato professore ordinario di fisica teorica all’Università di Roma, cattedra creata in quel periodo da Orso Mario Corbino; si annota che, della commissione che assegnò la cattedra a Fermi, era membro Quirino Majorana.

Segrè riuscì a convincere anche Majorana a passare alla facoltà di fisica, e il passaggio avvenne dopo un incontro con Fermi.

Ecco il resoconto che Amaldi fa di quell’incontro:

« (…) Nell’autunno 1927 e all’inizio dell’inverno 1927-28 Emilio Segrè, nel nuovo ambiente che si era formato da pochi mesi attorno a Fermi, parlava frequentemente delle eccezionali qualità di Ettore Maiorana e, contemporaneamente, cercava di convincere Ettore Maiorana a seguire il suo esempio, facendogli notare come gli studi di fisica fossero assai più consoni di quelli di ingegneria alle sue aspirazioni scientifiche e alle sue capacità speculative. Egli venne all’Istituto di via Panisperna e fu accompagnato da Segrè nello studio di Fermi ove si trovava anche Rasetti. Fu in quell’occasione che io lo vidi per la prima volta. Da lontano appariva smilzo, con un’andatura timida, quasi incerta; da vicino si notavano i capelli nerissimi, la carnagione scura, le gote lievemente scavate, gli occhi vivacissimi e scintillanti: nell’insieme, l’aspetto di un saraceno. Fermi lavorava allora al modello statistico dell’atomo che prese in seguito il nome di Thomas-Fermi. Il discorso con Majorana cadde subito sulle ricerche in corso all’Istituto e Fermi espose rapidamente le linee generali del modello, mostrò a Majorana gli estratti dei suoi recenti lavori sull’argomento e, in particolare, la tabella in cui erano raccolti i valori numerici del cosiddetto potenziale universale di Fermi. Majorana ascoltò con interesse e, dopo aver chiesto qualche chiarimento, se ne andò senza manifestare i suoi pensieri e le sue intenzioni. Il giorno dopo, nella tarda mattinata, Maiorana si presentò di nuovo all’istituto e chiese di vedere la tabella. Avutala in mano, estrasse dalla tasca un foglietto su cui era scritta una analoga tabella da lui calcolata a casa nelle ultime ventiquattr’ore, trasformando, l’equazione del secondo ordine non lineare di Thomas-Fermi in una equazione di Riccati che poi aveva integrato numericamente. Confrontò le due tabelle e, constatato che erano in pieno accordo fra loro, disse che la tabella di Fermi andava bene e, uscito dallo studio, se ne andò dall’Istituto. »

Majorana era quindi tornato non per verificare se la tabella da lui calcolata nelle ultime 24 ore fosse corretta, bensì per verificare se fosse esatta quella di Fermi[6].

Majorana passò a Fisica e cominciò a frequentare l’Istituto di Via Panisperna regolarmente fino alla laurea, meno di due anni dopo. Si laureò, con il voto di 110/110 e lode, il 6 luglio 1929, relatore Enrico Fermi, presentando una tesi sulla teoria quantistica dei nuclei radioattivi. All’istituto Ettore trascorreva molto tempo in biblioteca, preferendo il lavoro solitario allo spirito di gruppo che rese celebri i giovani scienziati che attorniavano Fermi. Fu l’unico a non lavorare in collaborazione diretta con Fermi, anche in qualità di teorico, pur essendo il solo in grado di interagirvi alla pari.

Un altro aneddoto ricorda il commento sarcastico alla scoperta del neutrone che valse successivamente il premio Nobel per la Fisica a James Chadwick:

« “Che cretini! Hanno scoperto il protone neutro e non se ne accorgono!»

In quel periodo effettuò diversi studi, alcuni dei quali confluirono in diversi articoli su argomenti di spettroscopia e su un articolo sulla descrizione di particelle con spin arbitrario. Effettuò anche brevi studi su moltissimi argomenti che spaziavano dalla fisica terrestre all’ingegneria elettrica, alla termodinamica, allo studio di alcune reazioni nucleari non molto diverse da quelle che sono alla base della bomba atomica. È stato possibile ricostruire in parte il percorso di questi studi in base a una serie di manoscritti, i Quaderni e i Volumetti, custoditi dalla Domus Galilaeana di Pisa e pubblicati nel 2006.

Per il suo carattere distaccato, critico e scontroso, e allo stesso tempo autocritico e modesto gli venne affibbiato ironicamente il soprannome di “Grande inquisitore” quando anche tutti gli altri giovani fisici dell’Istituto di via Panisperna avevano un soprannome mediato in gran parte dalla gerarchia ecclesiastica (Fermi era il “Papa”, Rasetti, che spesso sostituiva Fermi in alcune mansioni importanti, il “Cardinale Vicario”, Corbino ovviamente era il “Padreterno”, Segrè “Basilisco” (per il suo carattere mordace), mentre Amaldi, per le sue delicate fattezze fisiche, era chiamato “Gote rosse”, o “Adone”, un titolo di cui non era affatto entusiasta).