ETA GIOLITTIANA TESINA

ETA GIOLITTIANA TESINA


Dopo la crisi autoritaria di fine secolo, Giolitti fu l’interprete della svolta in senso liberale del sistema politico italiano. Convinto della necessità di unire sviluppo economico e libertà politica e di accettare la presenza del Partito socialista e delle organizzazioni dei lavoratori, egli puntò a integrare le masse proletarie nello stato, mantenendo il governo in una posizione di neutralità e di mediazione di fronte ai conflitti sociali.

Il riformismo giolittiano registrò alcuni significativi risultati(come l’estensione della legislazione sociale e lo sviluppo economico)ma non riuscì nè a realizzare una riforma tributaria,nè a ridurre lo squilibrio fra nord e sud del paese(che anzi si aggravò)nè,soprattutto,a integrare il movimento socialista nl quadro politico liberale. Nonostante la disponibilità della componente riformista,prevalsero gradualmente nel Partito socialista le tendenze contrarie ad accordi governativi e l’ala sindacalista-rivoluzionaria. La sconfitta dei riformisti al congresso del partito nel 1904 e lo sciopero generale dello stesso anno resero impraticabile la via di un accordo organico fra Giolitti e i socialisti.
All’inizio del ‘900, anche sulla scorta dell’enciclica Rerum novarum di Leone XIII, il mondo cattolico aveva attenuato la sua estraneità alla vita politica,dando vita a numerose iniziative sociali,quali le casse rurali e le associazioni sindacali contadine(“leghe bianche”).
Nel movimento cattolico si confrontarono a lungo le posizioni dei moderati transigenti,sostenitori di un graduale inserimento dei cattolici nella vita dello stato liberale,e quelle degli intransigenti,fautori del rifiuto di ogni prtecipazione attiva.
Vi era anche una terza corrente,quella della democrazia cristiana-il cui principale esponente era il sacerdote Romolo Murri-che lavorava per la costruzione di un partito di massa cattolico,per affermare concretamente il ruolo del cristianesimo nella società.
Fallito l’accordo con i socialisti, Giolitti cercò alleati nel mondo cattolico,al cui interno, sconfitta sia la componente intransigente sia quella democratico-cristiana, prevaleva la linea detta clerico-moderata, interessata a una collaborazione politica con il governo in un’ottica conservatrice e antisocialista.
Questo progressivo avvicinamento sfociò nelle elezioni del 1913-le prime in Italia a suffragio universale maschile-con l’accordo elettorale detto “patto Gentiloni”, che impegnava i cattolici a sostenere i candidati liberali nei collegi ove fosse possibile l’eezione di un deputato socialista.
Gli ultimi anni del mandato di Giolitti furono caratterizzati da una crisi dell’ equilibrio politico-sociale che egli aveva tentato di costruire: la radicalizzazione delle posizioni, sia in campo imprenditoriale sia in campo socialista, e l’emergere del movimento nazionalista modificarono sensibilmente il quadro politico.
Fu proprio per guadagnare il favore dei nazionalisti, oltre che del mondo imprenditoriale e della finanza cattolica, che Giolitti riprese nel 1911 l’espansione coloniale,con la conquista della Libia.