ESIODO OPERE

ESIODO OPERE


OPERE

Di Esiodo ci sono rimasti per intero i due poemi Teogonia (1022 esametri) e le Opere e Giorni (828 esametri). Inoltre possediamo numerosi frammenti di opere perdute; tra queste hanno particolare importanza il Catalogo delle donne e lo Scudo di Eracle.
Il Catalogo delle donne racconta le vicende delle principali eroine mitiche e della loro discendenza. Il poema è noto anche con il titolo di Eoie, dall’espressione (“O quale…”, “O quali…”) che introduceva di volta in volta la sezione dedicata a una nuova eroina. Quest’opera, di cui si conservano circa 260 frammenti, costituiva una specie di enciclopedia della mitologia eroica, a cui attinsero largamente i mitografi antichi. Resta singolare, in un poeta accusato di misoginia, la centralità attribuita alle figure femminili, ma va detto che le donne del catalogo erano le antenate mitiche di stirpi aristocratiche, non le donne comuni.

Proprio con un’Eoia relativa ad Alcmena, comincia lo Scudo di Eracle (480 esametri).
L’opera è incentrata sulla vicenda della lotta di Eracle e il brigante Cicno, che depredava i viandanti in pellegrinaggio al santuario di Delfi. L’eroe si prepara al duello indossando le armi donategli dagli dei e sconfigge Cicno, grazie all’intervento di Atena. Il mito serve solo da cornice alla descrizione dello scudo di Eracle, che imita l’analoga descrizione dello scudo di Achille contenuta nel canto XVIII dell’Iliade.

TEOGONIA

La Teogonia è un poema cosmogonico, ovvero si ripropone di trattare l’origine del cosmo. I temi mitici vengono rappresentati senza alcun filtro culturale, nel loro carattere primigenio e selvaggio, e il poeta si sofferma sul sangue , la morte e la generazione. Il cannibalismo di Crono che divora i figli, l’evirazione del padre Urano, la lotta fra giovane e vecchia generazione divina, i mostri che popolano gli abissi marginali dell’universo, tutti insieme costituiscono un mondo di forme simboliche primitive e inquietanti. A ciò si contrappone l’ordine che gli dei olimpici, in particolare Zeus, hanno instaurato a costo di lotte immani, cosicché la visione del cosmo appare alla fine in una luce ottimistica.

OPERE E GIORNI

Nelle Opere e Giorni, la vicenda personale della causa giudiziaria con il fratello Perse per l’eredità diventa la cornice narrativa entro cui è discusso il sistema dei valori di una civiltà contadina arcaica: il lavoro, le relazioni sociali, la giustizia, le tecniche agricole e le stagioni dell’anno. Il poema presenta una struttura binaria, già evidente nello stesso titolo: le Opere, la prima parte, sono dedicate alla descrizione del duro percorso che ha distaccato i mortali dall’età dell’oro (proprio nella decadenza dell’età, si colloca il brano di Pandora) e li ha fatti precipitare in un’esistenza scandita dalle pesanti tappe del lavoro a della fatica; i Giorni invece corrispondono a una porzione di testo in cui il poeta ripercorre il succedersi dei giorni e dei mesi, secondo un calendario legato al ritmo stagionale della natura e ai segni soprannaturali della divinità.

Le Opere e Giorni, per molti aspetti, sono un testo più moderno rispetto alla Teogonia: è la prima opera della letteratura greca che nasce non per cantare episodi mitici, ma per esporre e rendere esemplare l’esperienza personale dell’autore. Un altro tratto del tutto particolare di questo poema è il suo “realismo”, nel senso che esso sviluppa una serie di motivi legati alla vita quotidiana (soprattutto nell’ultima parte).

Il tema principale delle Opere e Giorni è la giustizia, che da obiettivo individuale del poeta, che si è prefissato di richiamare all’ordine il fratello, diventa norma assoluta del comportamento umano.

L’opera può essere considerata un epos contadino, in quanto il mondo delle Opere e Giorni è quello dei contadini sottoposti alla dura fatica di vivere e con ben poche speranze di sviluppo economico o riscatto sociale. Secondo Esiodo, l’esistenza umana sembra votata a una progressiva decadenza e un mondo in cui predominano ingiustizia e violenza, espressi nel mito delle cinque età.
Eppure, a suo parere, anche in un quadro così desolante esistono per l’uomo le possibilità di un riscatto e di un’evoluzione, e queste sono legate all’esercizio di quei valori (la giustizia e il lavoro soprattutto) di cui Esiodo si fa banditore, rivalutando la grande dignità della lotta che il contadino affronta giorno dopo giorno, nello scorrere di un’esistenza sulla via della virtù.
Quest’unica possibilità conduce al riscatto, non solo dell’individuo singolo ma dell’umanità. In questo senso la prospettiva di Esiodo, anonima e collettiva, si contrappone all’individualismo che invece caratterizza l’epica omerica. Esiodo infatti rappresenta un mondo umile lontano dal fulgore della società aristocratica, ma non per questo privo di valori forti.

IL DIALETTO

La lingua utilizzata da Esiodo si discosta in alcuni punti dalla lingua che noi studiamo a scuola: questo perché da un lato Esiodo è vissuto in un’età precedente rispetto a quella classica a cui le grammatiche si rifanno, e quindi a volte utilizza termini o desinenze propri del genere epico; dall’altro, però, è soprattutto rilevante l’uso del dialetto eolico, che influenza la morfosintassi dell’intero brano.

Di questo dialetto segnaliamo le caratteristiche riscontrabili appunto nel testo:

  • οἱ è il dativo maschile singolare del pronome di terza persona
  • presenza di alcune forme distratte dove il greco classico preferisce quelle contratte tanto nei sostantivi e negli aggettivi quanto nei verbi (es. ψευδέα, νόον), anche se comunque non mancano le contrazioni (es. φοιτῶσι)
  • frequente omissione dell’aumento nell’indicativo di tempo storico (es. τεῦξε, ὀνόμηνε)
  • alcune differenze nelle desinenze: il dativo plurale della prima declinazione esce in – ῇσι (es. βουλῇσι); il dativo plurale della seconda declinazione esce in –οισι (es. θνητοῖσι); il genitivo singolare della seconda declinazione esce in –οιο (es. χαλεποῖο πονοιο); il genitivo plurale della prima declinazione esce in –εων (es. ἁραγαλέων); anche dove l’α della prima declinazione sarebbe puro, può divenire –η (es. πλεῖη)
  • in luogo di –ττ-, si preferisce –σσ- (es. ἐξετέλεσσεν)
  • a volte –ο- si allunga in –ου- (es. νοῦσος)
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