ERANO I CAPEI D’ORO A L’AURA SPARSA FIGURE RETORICHE

ERANO I CAPEI D’ORO A L’AURA SPARSA FIGURE RETORICHE


-FIGURE RETORICHE-

METAFORE: v. 1: “d’oro”; v. 3: “ardea”; v. 7: “esca amorosa”; v. 8: “arsi”; (Sostituzione di un termine proprio con uno figurato, in seguito a una trasposizione simbolica di immagini)

ANASTROFI v. 1: “a l’aura sparsi”; vv. 5-6: “farsi,/ non so se vero o falso, mi parea”; v. 9:

“non era l’andar suo”; (Inversione dell’ordine abituale di due parole di un gruppo)

IPERBOLE v. 2: “mille dolci nodi gli avolgea”; Riferimento metaforico volutamente alterato sul piano della quantità sia per eccesso ( è un secolo che aspetto ) sia per difetto ( berrei un goccio di vino );

IPERBATO: vv. 3-4: “e ’l vago lume oltra misura ardea/ di quei begli occhi”; (Inversione o trasposizione nell’ordine consueto della frase o del periodo)

POLIPTOTI: vv. 3, 8: “ardea… arsi”; (Figura retorica classica, consistente nel riprendere in frasi successive di un periodo una parola, di solito la prima, della frase iniziale, mutando il caso o il genere o il numero)

ANACOLUTI: vv. 7-8: “i’ che l’esca… arsi”; (Costrutto sintattico per cui il primo elemento appare, rispetto ai successivi, insieme campato in aria e messo in rilievo)

CHIASMI: v. 12: “uno spirto celeste, un vivo sole”; (Il chiasmo o chiasma è la figura retorica in cui si crea un incrocio immaginario tra due coppie di parole, in versi o in prosa, con uno schema sintattico di AB, BA.)

DOMANDA RETORICA: v. 8: “qual meraviglia se di subito arsi?”; (Quando qualcuno pone una domanda retorica (che è una delle figure retoriche), in realtà non cerca una risposta, perché questa è già implicita oppure è talmente ovvia che non serve aggiungere altro)

ANTITESI: vv. 9-10: “Non era l’andar suo cosa mortale,/ ma d’angelica forma”; (Figura retorica che conferisce a due immagini consecutive un maggior rilievo, facendo leva sulla loro più o meno accentuata contrapposizione)

EPIFONEMA v. 14: “piagha per allentar d’arco non sana”; (una figura retorica che consiste in un’espressione sentenziosa, di tenore universale, posta di solito a conclusione del discorso)

ENUMERAZIONE PER POLISINDETO: vv. 1-5: “i capei… e ‘l vago lume… e ‘l viso”
(Figura sintattica consistente nel collegare varie proposizioni di un periodo con numerose ripetute congiunzioni)

Temi principali della poesia: descrizione fisica di Laura e l’innamoramento del poeta


Interpretazione complessiva

  • Metro: sonetto con schema ABBA, ABBA, CDE, DCE. La lingua presenta vari latinismi, tra cui “aura” (v. 1), “humana” (v. 11), “piagha” (v. 14). Al v. 1 “l’aura” è un gioco di parole che allude al senhal della donna, mentre ai vv. 7-8 il poeta ricorre alla metafora dell'”esca” (la materia infiammabile per accendere il fuoco) per indicare la sua predisposizione ad amare; metafora anche ai vv. 13-14, quando dice che la sofferenza causata dall’amore è ancora viva anche a distanza di anni, poiché la ferita provocata dalla freccia scoccata da un arco non guarisce solo perché la corda si è allentata, quando è passato un po’ di tempo.
  • Tutto il componimento è giocato sul contrasto tra la Laura del primo incontro, quand’era giovane e bellissima, e quella del presente, invecchiata e la cui bellezza esteriore è sfiorita: la prima è descritta coi tratti distintivi della donna-angelo dello Stilnovo, quindi dai capelli biondi (“capei d’oro”), con gli occhi pieni di un “vago lume”, dotata di un incedere che la fa sembrare una “angelica forma” e di una voce superiore a quella umana, paragonata a uno spirito celeste e a un “vivo sole”; della seconda è detto solo che i suoi occhi sono “scarsi” della luminosità di un tempo, intendendo che la donna è invecchiata e reca sul volto i segni del tempo, cosa che tuttavia non fa diminuire l’amore di Petrarca per lei. L’invecchiamento di Laura è l’aspetto che più la allontana dallo stereotipo della donna-angelo stilnovista richiamato solo dalla descrizione esteriore, dal momento che essa è una donna umana priva di qualunque significato religioso e per cui il poeta prova un amore passionale, centrato soprattutto sulla sua bellezza fisica; il tema si ricollega a un brano del Secretum, in cui S. Agostino accusava Francesco di amare l’aspetto esteriore di Laura e lui ribatteva dicendo che anche adesso che lei è invecchiata i suoi sentimenti restano immutati.
  • Il primo incontro tra Petrarca e Laura è raccontato nel sonetto 3, Era il giorno ch’al sol si scoloraro, in cui il poeta sottolinea come l’innamoramento sia avvenuto il giorno dell’anniversario della morte di Cristo (6 apr. 1327) quando non gli sembrava necessario
  • difendersi dai colpi di Amore: anche in quel testo è presente la metafora dell’arco e delle frecce richiamata qui nei vv. 13-14, col dire che Amore colpì Petrarca al cuore attraverso gli occhi di Laura mentre a lei, armata, non mostrò neppure l’arco.

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi – Contenuto

Laura assume gli aspetti di un’apparizione sovrumana, con alcuni elementi tipici della “donna angelo”, di tradizione stilnovista. Tuttavia nelle ultime due terzine il sentimento passa dall’allegria alla tristezza e al dolore per via dell’invecchiamento della donna amata e dello sfiorire del suo bell’aspetto; in particolare l’attenzione del poeta si sofferma sul colore e l’aspetto dei capelli della sua donna. Sembra inoltre, che l’amore di Petrarca non è ricambiato da Laura, che sembra assumere maggiormente il ruolo di figura statica e quasi estranea al poeta e soprattutto all’amore di quest’ultimo.

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi – Analisi

Il sonetto è formato da 2 quartine e da 2 terzine e la rima delle quartine è incrociata (ABBA), mentre le terzine presentano rime in forma sciolta (CDE e DCE). Il poeta loda la bellezza di Laura con un’iperbole, definendola angelo. Il sonetto si basa sull’opposizione tra la bellezza di Laura e il sentimento interiore del poeta. La bellezza di Laura muta con il passare del tempo e da ciò ne deriva l’alternanza dei tempi verbali (presente, passato) di queste rappresenta due diversi momenti della vita del poeta. Usando tempi verbali al passato Petrarca descrive come era il suo amore per Laura, ma anche come si presentava e come appariva la stessa in un periodo lontano al momento in cui l’autore compone il sonetto. Per i verbi al passato usa l’imperfetto e il passato remoto, per descrivere il primo incontro con Laura. Utilizza invece il presente quando descrive il cambiamento dell’amata, sia nell’aspetto fisico che nell’atteggiamento nei suoi confronti.

Nelle due quartine emerge la collocazione di Laura nella natura. Inoltre la bellezza della donna non è irreversibile, è invece terrestre, quindi destinata a scomparire con la vecchiaia. Nelle altre due terzine la donna viene infatti descritta come un angelo e come qualcosa di soprannaturale paragonabile ad un dea.

RITMO:

Nelle due terzine presentano un ritmo più scorrevole e veloce, per la presenza di alcuni enjambement nei versi 9-10 (“Non era l’andar suo cosa mortale ma d’angelica forma) 10-11 (e le parole sonavan altro che pur voce umana”) e nei versi 12-13 (“Uno spirto celeste, un vivo sole fu quel ch’i vidi”). Nelle quartine, invece, il ritmo della poesia è molto lento e spezzato dalla presenza consistente di punteggiatura.


COMMENTO

La poesia esprime un senso di amore verso l’amata ma anche una descrizione  di lei la