Epicuro – Scritti morali Milano 1987
Vedi anche: Stoici: testimonianze di Diogene Laerzio, Marciano, Cicerone
Leggi i seguenti frammenti di Epicuro:
2. Delle cose ritenute giuste quella che l’esperienza attesti essere utile nei bisogni dei rapporti comuni, ha quanto occorre per essere base di diritto, sia essa per tutti la medesima o non sia. Ma se una cosa sia stata solo posta per legge, ma non si dimostri conforme all’utile dei rapporti comuni, essa non ha più la natura del giusto. E se anche l’utile, che è a fondamento del diritto, si muti, ma per un certo tempo sia conforme alla nozione che un popolo ha di esso, non per questo per tutto quel tempo esso non è stato giusto, ove non ci si confonda la mente con parole vuote di senso, ma si guardi alle cose.
3. Dove, immutate restando le condizioni circostanti, norme ritenute giuste si rivelino alla prova dei fatti non conformi alla nozione del diritto, tali norme non erano giuste. Dove, invece, la condizione delle cose essendo mutata, norme poste come giuste non risultano più utili, ivi s’ha da dire che esse furono giuste fino a che furono utili ai reciproci rapporti dei singoli facenti parte della comunità politica, ma che in seguito non furono giuste quando non furono più utili.
4. Di quanto la saggezza prepara alla beatitudine di tutta la vita, la cosa senza confronto più grande è l’amicizia. Uomo d’animo ben nato conforma ogni sua attività alla saggezza e all’amicizia, bene mortale questa, quella immortale. Ogni amicizia è per se stessa desiderabile, ma trae origine dall’utile reciproco.
Non chi cerca in tutto l’utile è amico, né chi a nessuna cosa lo congiunge: l’uno fa mercato del beneficio per averne il contraccam bio, l’altro recide la buona speranza che s’ha da avere per l’avvenire. Non è infatti tanto dell’aiuto degli amici che noi abbiamo bisogno, quanto della fiducia che al bisogno ce ne potremo servire.
(Epicuro, tratto da SCRITTI MORALI, a cura di C.A.Viano, Milano 1987)