ENEIDE LIBRO III L’ORACOLO DI APOLLO

ENEIDE LIBRO III L’ORACOLO DI APOLLO


Poi quando c’è la prima fiducia nel mare e i venti
rendono le acque placate e il leggero Austro crepitando
invita al largo, i compagni traggono le navi e riempion la riva;
ci allontaniamo dal porto e terre e città si ritirano.
In mezzo al mare giace una terra sacra molto gradita
alla madre delle Nereidi e a Nettuno egeo,
che il dio arciere legò a Micono, poichè errava
attorno a lidi e spiagge dall’alta Giaro,
concesse che immobile fosse coltivata e disprezzasse i venti.
Qui son portato, questa placidissima ci accolse stanchi
nel porto sicuro; usciti veneriamo la città di Apollo.
Il re Anio, lo stesso re di persone e sacerdote di Febo,
coronato le sacre tempia di bende e d’alloro
accorre; riconobbe il vecchio amico Anchise.
Giungiamo le destre per l’ospitalità ed entriam nelle case.
Veneravo i templi del dio costruiti su antica roccia:
“Dà una casa propria, Timbreo; agli stanchi dà le mura
e una stirpe e una città duratura; serba la seconda Pergamo
di Troia, i resti dei Danai e del crudele Achille.
Chi seguiamo? o dove comandi d’andare? dove porre le sedi?
Dà, padre, un presagio e penetra nei nostri cuori.”
Avevo appena detto così: si vide tutto tremare,
le soglie e l’alloro del dio, muoversi tutto attorno
il monte e mugghiare il tripode, squarciati i penetrali.
Inchinati ci volgiamo a terra e una voce si sente alle orecchie:
“Dardandi duri, la terra che per prima vi creò dalla stirpe
dei padri, la stessa vi accoglierà reduci
nel fertile seno. Ricercate l’antica madre.
Qui la casa d’Enea dominerà tutte le spiagge
e i figli dei figli e chi nascerà da essi.”
Così Febo; nacque una enorme gioia con unito
tumulto, e tutti chiedon quali sian quelle mura,
dove Febo chiami gli erranti e ordini che tornino.
Allora il padre meditando i ricordi degli uomini antichi
“Udite, o capi, dice, e imparate le vostre speranze.
Creta, isola del grande Giove, giace in mezzo al mare,
dove è il monte ideo e culla del nostro popolo.
Abitano cento grandi città, regni ricchissimi,
Donde il massimo padre, Teucro, se ricordo bene le storie,
fu prima condotto nelle spiagge retee,
e vi volle la sede per il regno. Non erano ancora fondate Ilio
e le rocche pergamenee; abitavan in fondo alle valli.
Di qui la madre abitatrice di Cibelo ed i bronzi coribantici
ed il bosco ideo, di qui i fidati silenzi per i riti,
ed i leoni aggiogati si sottoposero al cocchio della padrona.
Perciò coraggio, dove gli ordini degli dei guidano, seguiamo:
plachiamo i venti e cerchiamo i regni di Cnosso.
Non distano lunga rotta: solo Giove ci assista,
la terza luce porterà la flotta sulle spiagge cretesi.”
Detto così, immolò sugli altari giuste vittime,
un toro a Nettuno, un toro a te, splendido Apollo,
una nera agnella a Tempesta, agli Zefiri propizi una bianca.

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