DONNA CHE SI PETTINA

DONNA CHE SI PETTINA

DONNA CHE SI PETTINA


Un fitto tessuto di metafore costituisce l’intelaiatura di questo sonetto, composto da Gian Battista Marino, considerato il maggior poeta di stile barocco in Italia. La principale metafora è costituita dalla parola “capelli” uguale a onde, e da questa ne discendono moltissime altre, come avremo modo di vedere seguendo il testo: Nella 1a quartina la metafora su cui essa si regge è la parola “avorio“, avorio è il materiale del pettine, di avorio è il colore della mano di lei. Nella 2a quartina ritorna il tema dei frutti, ma si aggiunge la parola “amore, intesa come remota espressione dello stilnovismo. Solo nella 1a terzina, il poeta incomincia a parlare di se stesso, inserendo la sua figura in un discorso denso di metafore ( “aureo- mare”, “rincrespando”, “procelloso”) dove il suo cuore agitato va verso un naufragio. Egli è sommerso però fra uno scoglio di diamante e un golfo d’oro, un naufragio dunque fortunato.

Note: attraverso questa fitta rete di metafore, si è potuto notare che il sonetto non ha un vero e proprio centro normativo. Esistono, lungo le quartine e terzine, delle immagini di luminosità, un effetto luministico in particolare è dato dall’aggettivo “dorate“. Il poeta, attraverso questo sonetto non gli interessa per nulla il pensiero di chi legge, colpisce solamente i suoi sensi, in questo caso la vista.

E’ questa composizione un tipico esempio di letteratura barocca, quella letteratura il cui scopo è quello di dilettare chi legge, suscitando meraviglia e stupore.

TRADUZIONE LETTERARIA: Un giorno un pettine d’avorio solcava onde luminose, e quelle onde erano capelli; una mano, anch’essa d’avorio, lo reggeva attraverso quelle peregrinazioni preziose; e mentre, con un drittissimo solco divideva quei bellissimi frutti, Amore (perché personificato) raccoglieva l’oro per costruire anelli con i quali incatenare i restii al sentimento d’amore.

Attraverso quel mare dorato, che rincrespandosi rivelava il biondo tesoro, il mio cuore agitato andava verso la morte. Un naufragio davvero fortunato, nel quale io sommerso muoio; fortunato perché, almeno nella mia tempesta, lo scoglio sul quale approdai è di diamante e il golfo d’oro.