Divina Commedia Canti Paradiso

Divina Commedia Canti Paradiso

Divina Commedia Canti Paradiso

RIASSUNTO SCHEMATICO:

Questo monumentale capolavoro dantesco, massima espressione di tutta la letteratura italiana, è un unico viaggio allegorico che il poeta compie attraverso i mondi ultraterreni al fine di ritrovare la propria fede e pace interiore perdute in una vita pericolosamente votata ai vizi e alla decadenza morale. L’opera è divisa in tre cantiche, “Inferno”, “Purgatorio” e “Paradiso”, ciascuna delle quali si compone di trentatre canti; un canto proemiale porta il numero totale dei canti a cento, ma è il numero perfetto e mistico per eccellenza, il tre, ad essere il fondamento di tutta l’opera.

L’inferno, a forma di cono rovesciato, è uno scuro imbuto al fondo del quale è conficcato l’angelo del Male, il ribelle Lucifero, posto così nel luogo più lontano da Dio di tutto l’universo. Dante e la sua guida spirituale Virgilio lo discendono completamente, incontrando via via dannati colpevoli di delitti sempre più gravi. I personaggi danteschi sono personaggi storici e mitologici, ma anche contemporanei del poeta, protagonisti delle lotte intestine che dilaniavano tutti i comuni italiani e toscani in particolare. Lo sdegno del poeta colpisce tutti questi protagonisti dei mali italiani, e si appunta in modo particolare contro la corruzione del clero e del papato, più propensi ad occuparsi dei beni temporali che alla salute spirituale della cristianità. Le vicende personali di Dante, costretto all’esilio dopo anni di lotte tra le fazioni dei guelfi Neri e Bianchi di Firenze, offrono la chiave di lettura con la quale comprendere l’opera.

Dopo la discesa agli inferi Dante risale nell’emisfero australe, dove sorge la montagna del Purgatorio; qui coloro che in vita si macchiarono di colpe minori si purificano attendendo il momento in cui potranno salire al cospetto del Creatore e prendere posto tra i beati. L’atmosfera di questa seconda cantica è molto più serena e calma, e la salita del monte si svolge senza intoppi; lo stesso Dante man mano che passa da una cornice a quella superiore vede mondarsi la propria anima dal peso dei peccati compiuti. Al termine si arriva nel Paradiso terrestre, dove la narrazione del viaggio lascia il posto ad allegorie mistiche sul ruolo dei due massimi poteri del tempo, il papato e l’impero, e sulla confusione dei loro rispettivi ruoli che purtroppo si è verificata nell’Europa del tardo Medioevo. Qui Virgilio, fedele compagno simboleggiante la ragione, lascia Dante alla guida di Beatrice: occorre infatti la Fede per salire al Paradiso e presentarsi al cospetto di Dio. La Beatrice che qui Dante ritrova non è più la donna sensuale delle canzoni amorose del giovane poeta: ora è una figura celestiale, spiritualizzata dalla Fede, che si pone come modello di vita religiosa e di splendore mistico, priva di caratteristiche terrene e completamente appagata dall’abbandono a Dio.

Nel Paradiso Dante e Beatrice risalgono i cieli dei pianeti e delle stelle fisse, dove si presentano loro i beati che in diversa misura godono della contemplazione del Creatore; qui Dante incontra tra gli altri tutti i maggiori esponenti del pensiero cristiano, che si uniscono a lui nella deplorazione per la rovina dell’edificio che essi avevano costruito così mirabilmente; al termine dell’ascesa Dante giunge nell’Empireo, dove il mistico per eccellenza, San Bernardo, lo conduce alla visione di Cristo, della Vergine e dei Santi. La visione di Dio non può più essere un processo sensitivo, data l’insufficienza della condizione umana: solo un fugace atto intuitivo, permesso dalla Grazia divina, può far sì che Dante “veda” il Creatore di tutte le cose; ma il mistero divino e quello dell’Incarnazione di Cristo rimangono impossibili da penetrare e ancor più da riferire.

Ancora due cenni sullo stile adoperato dal poeta: esso si adegua alla materia trattata, per cui nell’Inferno la lingua è “bassa” e volgare, gli episodi spesso buffoneschi, mentre nel Paradiso il discorso si fa ricco di concetti filosofici e difficili spiegazioni dottrinali, il che rende di solito la prima cantica molto più popolare della terza presso il pubblico


INFERNO

Canto I

Dante si smarrisce nell’ oscura selva dei suoi errori e peccati. Quando spera di poter salire sulla cima di un colle e rivedere la luce del sole, il cammino gli è sbarrato da tre fiere, simboleggianti lussuria, superbia ed avarizia, ed è costretto a retrocedere. Gli appare Virgilio, il suo modello di poeta, che lo invita a seguire un’altra strada: occorre attraversare il regno degli inferi, e poi il Purgatorio. Poi Dante potrà ascendere al Paradiso, dove Virgilio, non essendo stato battezzato, dovrà lasciarlo ad un’ altra guida.

Canto II

Virgilio rassicura Dante, e gli racconta di essere stato inviato sulla terra da Beatrice, che lo ha pregato di soccorrere il suo amico in grave pericolo. Beatrice a sua volta era stata mandata dalla Vergine (la Grazia preveniente) e da Lucia (la Grazia illuminante). Virgilio e Dante si addentrano nella selva.

Canto III

I due poeti arrivano alla porta dell’inferno, dove una scritta invita ad abbandonare ogni speranza a chi sta per entrare. Nel vestibolo stanno gli ignavi, tra cui papa Celestino V, e gli angeli rimasti neutrali quando Lucifero si ribellò. Sulla riva dell’Acheronte, Caronte, che traghetta le anime dei dannati, non vuole fare passare un vivo, ma Virgilio gli intima di non andare oltre la volontà del cielo. Subito dopo si avverte una scossa di terremoto e Dante sviene.

Canto IV

Dante si risveglia nel Limbo, dove stanno i non battezzati privi di colpe. Virgilio lo conduce ad un castello luminoso, al cui interno lo salutano Orazio, Ovidio e Lucano. In un prato verde all’interno delle mura sono radunati gli “spiriti magni”, tra cui Enea, Ettore, Cesare, Aristotele, Platone e Cicerone. I poeti si allontanano dal Limbo nell’oscurità.

Canto V

All’ entrata del secondo cerchio Minosse assegna ai peccatori il luogo in cui sconteranno la loro pena. Al suo interno gli spiriti dei lussuriosi sono trascinati da una tempesta incessante. Paolo e Francesca, amanti infelici uccisi dal marito di lei, raccontano a Dante la loro storia; questi si commuove e sviene nuovamente.

Canto VI

Il terzo cerchio, custodito dal cane tricipite Cerbero, è quello dei golosi. Essi stanno sdraiati nel fango sotto un pioggia di neve, grandine e acqua sporca; uno di loro, Ciacco, predice a Dante la vittoria dei Neri fiorentini sui Bianchi.

Canto VII

Il quarto cerchio, custodito dal demone Pluto, il dio greco della ricchezza, è quello degli avari e dei prodighi, condannati a spingere col petto pesanti macigni. Dante e Virgilio giungono poi alla palude dello Stige, in cui sono immersi iracondi ed accidiosi. I primi si percuotono e mordono a vicenda, i secondi giacciono sotto la superficie.

Canto VIII

Flegiàs traghetta i poeti attraverso lo Stige; Dante apostrofa violentemente l’odioso fiorentino Filippo Argenti. I due poeti sbarcano di fronte alla città infernale di Dite, ma i diavoli che la abitano sbarrano le porte impedendo loro di entrare.

Canto IX

Sulle torri delle città appaiono le Erinni, che chiamano Medusa affinché tramuti Dante in pietra. Interviene però un messo celeste, che apre le porte di Dite e fa entrare i poeti. All’interno delle mura, gli eretici giacciono in sepolcri infuocati posti in una pianura sconfinata.

Canto X

Uno dei dannati, Farinata degli Uberti, riconosce Dante e lo chiama a sé; egli avverte il poeta che il suo ritorno a Firenze sarà molto travagliato. Da un altro sepolcro Cavalcante de’ Cavalcanti chiede a Dante notizie del figlio Guido. Poi i due poeti riprendono il cammino.

Canto XI

Davanti ai due poeti si apre un abisso puzzolente. Virgilio spiega a Dante la struttura del basso inferno: esso è formato da tre cerchi, in cui si puniscono rispettivamente i violenti, i fraudolenti e gli incontinenti. Questi ultimi sono coloro che stanno fuori dalla città di Dite, data la minore gravità del loro peccato; i due viaggiatori si trovano ora invece dove sono punite le altre due categorie.

Canto XII

Siamo nel primo girone del settimo cerchio, custodito dai Centauri. Qui i violenti contro il prossimo giacciono nel Flegetonte, un fiume di sangue bollente. Il centauro Nesso mostra a Dante alcuni dei dannati, tra cui Alessandro Magno, Guido di Monfort, Attila e Pirro.

Canto XIII

Nel secondo girone, custodito dalle Arpie, stanno i violenti contro se stessi, ovvero i suicidi, tramutati in piante, e gli scialacquatori, inseguiti e morsi da cagne affamate. Dante strappa un ramoscello da una pianta, che comincia a parlare: è Pier delle Vigne, che prega Dante di riabilitare la sua memoria.

Canto XIV

Nel terzo girone, in un deserto infuocato, i violenti contro Dio nella persona, ovvero i bestemmiatori, sono sdraiati a terra sotto una pioggia di fuoco; tra essi c’è il gigante Capaneo. Dante e Virgilio arrivano alla sorgente del Flegetonte, e qui il secondo spiega al primo l’origine dei fiumi infernali.

Canto XV

Sopraggiunge una schiera di violenti contro Dio nella natura, cioè di sodomiti. Tra di loro c’è l’antico maestro di Dante, Brunetto Latini, che raccomanda a Dante la propria opera letteraria, il “Tesoro”, e gli preannuncia le sue future sofferenze.

Canto XVI

Dante è riconosciuto da tre fiorentini, che gli chiedono se sono vere le brutte notizie su Firenze apprese da un dannato appena arrivato all’inferno, Guglielmo Borsiere; Dante risponde con un’aspra invettiva contro la corruzione della propria città. Proseguendo nel viaggio, i due poeti arrivano all’abisso in cui precipita il Flegetonte, e vedono salire da esso un orribile mostro: Gerione, simbolo della frode.

Canto XVII

Gerione custodisce il terzo girone, quello dei violenti nell’arte, cioè usurai, seduttori e adulatori. I primi siedono al limite del deserto, presso l’abisso, con al collo delle borse recanti lo stemma della loro famiglia. Dante e Virgilio salgono in groppa a Gerione che li porta al fondo dell’abisso.

Canto XVIII

Si giunge all’ottavo cerchio, “Malebolge”: è un pozzo diviso in dieci bolge concentriche. Nella prima ci sono i ruffiani, tra cui Giasone; nella seconda gli adulatori, tra cui Alessio Interminelli e la cortigiana Taide.

Canto XIX

Nella terza bolgia i simoniaci sono conficcati a testa in giù nella pietra; lingue di fuoco bruciano loro le piante dei piedi. Dante ne interroga uno, papa Niccolò III; questi scambia il poeta per Bonifacio VIII, che dovrebbe prendere il suo posto nella buca spingendolo più in basso, ed inveisce contro di lui. Dante pronuncia un discorso contro i papi simoniaci.

Canto XX

Nella quarta bolgia gli indovini camminano piangendo con il viso ritorto all’indietro dalla parte del dorso; tra essi Anfiarao e Tiresia.

Canto XXI

Nella quinta bolgia i diavoli Malebranche tormentano i barattieri immersi nella pece bollente. Virgilio chiede di parlare con un diavolo; si fa avanti Malacoda, al quale Virgilio spiega il motivo del viaggio di Dante. Malacoda gli fornisce una scorta di dieci diavoli.

Canto XXII

Il barattiere Ciampolo di Navarra rivolge la parola a Dante; i diavoli tentano di uncinarlo, ma egli fugge tuffandosi nella pece. Due diavoli, Alichino e Calcabrina, si azzuffano rinfacciandosi la mancata preda e cadono nella pece. Dante e Virgilio approfittano del trambusto per fuggire.

Canto XXIII

Con i diavoli alle calcagna, Virgilio prende Dante in braccio e si cala nella sesta bolgia, dove gli ipocriti camminano sotto pesanti cappe di piombo dorato. Crocifisso a terra c’è Caifa.

Canto XXIV

Nella settima bolgia i ladri sono continuamente assaliti da torme di serpenti; tra essi Vanni Fucci, che con rabbia predice a Dante la sconfitta dei Bianchi e l’esilio futuro.

Canto XXV

Vanni Fucci rivolge a Dio un gesto osceno; immediatamente un serpente lo immobilizza e sopraggiunge il centauro Caco. I due poeti assistono a numerose trasformazioni di ladri in serpenti e di serpenti in ladri.

Canto XXVI

Dante pronuncia una nuova invettiva contro Firenze, poi lui e Virgilio passano nell’ottava bolgia, dei consiglieri fraudolenti; essi vagano senza riposo avvolti da una fiamma. In una fiamma biforcuta sono avvolti due dannati, Ulisse e Diomede; il primo racconta la storia del suo ultimo viaggio e della sua morte.

Canto XXVII

Dante incontra l’anima di Guido da Montefeltro, che un diavolo disputò con successo a S. Francesco.

Canto XXVIII

Nella nona bolgia stanno i seminatori di discordia, mutilati dalla spada di un diavolo. Tra essi ci sono Maometto e Bertrando del Bornio, che cammina tenendo in mano la sua testa mozzata.

Canto XXIX

Dopo l’incontro con Geri del Bello, un parente di Dante, i due poeti passano nella decima bolgia, quella dei falsari; tra essi gli alchimisti sopportano scabbia e lebbra.

Canto XXX

La rabbia colpisce invece i falsatori della persona, tra cui Gianni Schicchi e Mirra. Seguono poi i falsari di moneta colpiti dall’idropisia: tra essi Mastro Adamo. Infine i falsatori di parola, che sopportano la febbre: Dante scorge in mezzo a loro l’anima del greco Sinone.

Canto XXXI

Custodi del nono cerchio sono i Giganti, incatenati ed immersi fino alla vita nel pozzo infernale. Anteo però è slegato e può prendere in mano i viaggiatori e depositarli sul fondo, costituito dal lago ghiacciato di Cocito.

Canto XXXII

Cocito è diviso in zone: nella Caina i traditori dei parenti stanno immersi nel ghiaccio fino al capo, tenuto abbassato; nella Antenora i traditori della patria hanno invece il capo rivolto in alto: tra essi Bocca degli Abati e Gano di Maganza. Dante vede un dannato che rode la testa di un altro, e chiede a Bocca il nome di entrambi.

Canto XXXIII

Il dannato che rode la testa all’altro è il conte Ugolino della Gherardesca, la sua vittima l’arcivescovo Ruggeri. Dante e Virgilio passano poi nella zona detta Tolomea, dove i traditori degli amici tengono il capo talmente all’insù che le lacrime gli si congelano sugli occhi: tra essi frate Alberigo e Branca Doria.

Canto XXXIV

L’ultima zona di Cocito è la Giudecca, dove i traditori dei benefattori sono completamente immersi nel ghiaccio. Ora Dante e Virgilio sono di fronte a Lucifero, infisso nel ghiaccio dalla vita in giù. Esso ha tre teste, e ciascuna delle tre sue bocche dilania un peccatore: la prima Giuda, la seconda Bruto, la terza Cassio. I due poeti si aggrappano al corpo di Lucifero e lo ridiscendono, passando nell’emisfero terrestre meridionale. Attraverso uno stretto budello riescono a ritornare in superficie in corrispondenza degli antipodi.


PURGATORIO

Canto I

Dante e Virgilio si trovano sulla spiaggia di fronte al monte del Purgatorio. All’improvviso giunge il custode dell’ingresso, Catone l’Uticense, che li apostrofa credendoli due dannati. Saputa da Virgilio la verità ordina a Dante di cingersi i fianchi di un giunco e lavarsi gli occhi offuscati dalla vista dell’Inferno.

Canto II

Mentre sorge l’alba giunge una navicella guidata da un angelo; da essa scendono le anime destinate al Purgatorio. Tra di esse c’è quella di Casella, un amico di Dante.

Canto III

Ai piedi del monte i due poeti trovano la schiera degli scomunicati, che devono rimanere in attesa per un periodo lungo trenta volte quello della loro scomunica; tra essi c’è Manfredi, che racconta come morì a Benevento.

Canto IV

Virgilio spiega a Dante, stupito di vedere il Sole a sinistra invece che a destra, la posizione geografica del Purgatorio, agli antipodi rispetto a Gerusalemme. I due incontrano poi coloro che si pentirono solo in punto di morte, i quali devono stare nell’Antipurgatorio un tempo pari a quello della loro vita. Tra essi c’è il fiorentino Belacqua.

Canto V

Continuando a salire, Dante e Virgilio incontrano i negligenti morti violentemente. Questi notano che il corpo di Dante proietta l’ombra, e quindi è vivo; lo pregano perciò di dire loro se riconosce qualcuno per il quale fare pregare i vivi. Pur non conoscendone nessuno, Dante promette di esaudire i loro desideri; si fanno avanti Jacopo del Cassero, Buonconte da Montefeltro e Pia de’ Tolomei.

Canto VI

Virgilio nota in disparte l’anima di Sordello, poeta mantovano come lui, e lo abbraccia. A quella vista Dante amaramente ricorda come gli Italiani siano invece in continua lotta fra loro, con i Fiorentini in prima fila.

Canto VII

Sordello porta i due poeti in una valletta fiorita, dove i principi negligenti attendono di entrare nel Purgatorio.

Canto VIII

Al calar della sera le anime si dedicano alla preghiera. Dante riconosce l’amico giudice Nino Visconti, che si lamenta di essere stato dimenticato dalla moglie. Si avvicina Corrado Malaspina, della cui famiglia Dante tesse l’elogio.

Canto IX

Dante si addormenta e sogna di volare in groppa ad un’aquila fino alla sfera del fuoco, dove entrambi bruciano. Al risveglio Virgilio lo conduce alla porta del Purgatorio, dove un angelo incide con la spada sulla sua fronte sette P (simboleggianti i sette peccati capitali da cui Dante dovrà purificarsi durante il viaggio).

Canto X

Varcata la porta, i due poeti salgono su un cornicione del monte la cui parete sul lato interno è colma di bassorilievi in marmo bianco riproducenti esempi di umiltà. Qui i superbi camminano curvi sotto il peso di enormi macigni, studiando gli esempi dei bassorilievi.

Canto XI

I superbi recitano il Padre Nostro; tra essi Dante riconosce Omberto Aldobrandeschi e Oderisi da Gubbio.

Canto XII

Più avanti, i bassorilievi mostrano esempi di superbia punita: Lucifero, i Giganti, Saul, Ciro, Troia ed altri ancora. L’Angelo dell’Umiltà cancella la prima P dalla fronte di Dante. I due poeti arrivano ad una scala piuttosto stretta.

Canto XIII

Siamo nella seconda cornice, dove spiriti volanti e invisibili gridano esempi di carità e invidia punita agli invidiosi che, seduti col cilicio e le palpebre cucite da fil di ferro, cantano litanie dei Santi; tra essi la senese Sapia.

Canto XIV

Guido del Duca chiede a Dante la sua provenienza, e Dante risponde con una perifrasi. Rinieri de’ Calboli chiede perché il poeta non abbia dato una risposta diretta, ma risponde Guido sostenendo che è giusto che la Val d’Arno non si nomini più e lanciandosi in un’aspra invettiva contro la Toscana e la Romagna.

Canto XV

L’Angelo della Misericordia cancella la seconda P, e i due poeti salgono alla terza cornice, dove si sottopongono esempi di mansuetudine agli iracondi.

Canto XVI

Gli iracondi camminano recitando l’Agnus dei avvolti in una nuvola di fumo. Uno di essi, Marco Lombardo, spiega a Dante la teoria del libero arbitrio e le cause della corruzione della terra, portando l’esempio della Lombardia.

Canto XVII

Dopo aver assistito ad esempi di ira punita, Dante e Virgilio giungono all’uscita della terza cornice, dove l’Angelo della Pace cancella la terza P. Virgilio spiega a Dante come sia ordinato il Purgatorio.

Canto XVIII

Nella quarta cornice gli accidiosi si spronano vicendevolmente alla corsa continua, gridandosi esempi di sollecitudine. L’abate di San Zeno spiega ai poeti come salire alla cornice successiva. Dante, dopo aver sentito gli esempi di accidia punita, cade nel sonno.

Canto XIX

Dante sogna una brutta donna, che al suo sguardo diventa sempre più bella; ma interviene Virgilio che ne strappa le vesti rivelando il suo ventre fetido. Dante si sveglia di soprassalto e racconta il sogno a Virgilio; questi lo spiega identificando nella donna il troppo amore per i beni terreni, colpa che viene punita nelle cornici superiori. Si arriva così alla quinta cornice, dove avari e prodighi giacciono proni, legati mani e piedi; tra essi papa Adriano V.

Canto XX

Ugo Capeto grida esempi di povertà e generosità; vedendo i due poeti, maledice i suoi discendenti, accennando alla discesa in Italia di Carlo d’Angiò e a Filippo il Bello che ruberà il tesoro dei Templari. Improvvisa arriva una scossa di terremoto e gli angeli cominciano a cantare.

Canto XXI

Il poeta Stazio spiega a Dante e Virgilio che il terremoto avviene ogni volta che un’anima ormai purificata si sente pronta per salire al cielo; questo è quanto accade ora a lui, dopo un’espiazione pluricentenaria.

Canto XXII

I tre poeti arrivano all’uscita, dove l’Angelo della Giustizia cancella la quinta P. Stazio racconta del suo peccato (la prodigalità eccessiva) e della sua conversione al Cristianesimo provocata dalla lettura di Virgilio. Chiede poi notizie degli altri grandi poeti pagani. Si giunge alla sesta cornice, dove voci gridano esempi di temperanza ai golosi.

Canto XXIII

I golosi soffrono fame e sete sotto alberi carichi di frutti e presso chiare sorgenti, cantando preghiere. Tra essi Forese Donati, amico di Dante.

Canto XXIV

Forese indica a Dante l’anima di Bonagiunta da Lucca, col quale il poeta intavola una discussione sul “dolce stil novo”. Bonagiunta mostra di aver capito che la sua poesia, oltre a quella di Jacopo da Lentini e di Guittone d’Arezzo, non può rientrare in quel genere non essendo ispirata dal vero amore. Forese predice la morte violenta del fratello Corso. In lontananza si scorge un albero da frutta verso il quale tendono le braccia numerose anime; una voce grida esempi di golosità punita, ricordando che quell’albero discende da quello del bene e del male. L’Angelo dell’Astinenza cancella la sesta P dalla fronte di Dante.

Canto XXV

Stazio spiega come si genera l’uomo e come si formano le ombre dopo la morte corporea. Nella settima cornice i lussuriosi avvolti da fiamme cantano, ascoltano esempi di castità e si danno baci fraterni.

Canto XXVI

Dante trova tra i lussuriosi Guido Guinizelli, per il quale mostra grande ammirazione; ma questi si schermisce, dicendo che assieme a lui c’è un poeta ben più grande, Arnaldo Daniello, che canta piangendo i propri eccessi di un tempo.

Canto XXVII

Un angelo invita i poeti ad attraversare un parete di fiamme; Virgilio vince la paura di Dante dicendogli che oltre quelle fiamme troverà Beatrice. davanti alla scala per il paradiso Terrestre, l’Angelo della Castità cancella l’ultima P dalla fronte di Dante. Cala la notte, e Dante sogna Lia che raccoglie dei fiori. All’ alba Virgilio dichiara Dante guarito dai suoi mali.

Canto XXVIII

Nell’Eden i poeti incontrano Matelda che raccoglie fiori; essa spiega come nell’Eden vi siano acqua e vento; la prima viene da una sorgente divina e forma il Lete, che cancella le colpe, e l’Eunoè, che predispone al bene; il secondo è originato dal movimento del Primo Mobile.

Canto XXIX

I quattro risalgono le sponde del Lete. Viene verso di loro una meravigliosa processione: nella scia di sette candelabri dorati avanzano ventiquattro vegliardi, seguiti da quattro strani animali; tra essi un grifone tira il carro trionfale, affiancato a destra da tre donne e a sinistra da quattro. Infine seguono due vecchi, quattro personaggi di aspetto dimesso, e un vecchio che cammina dormendo.

Canto XXX

I 24 vegliardi cantano mentre la processione si arresta davanti a Dante e ai suoi compagni. Appare Beatrice, che racconta ai presenti la storia del traviamento di Dante; questi si volta verso Virgilio, ma la sua guida è scomparsa.

Canto XXXI

Beatrice rimprovera Dante e poi gli ingiunge di guardarla; folgorato da tanta bellezza il poeta sviene. Matelda lo fa rinvenire immergendolo nel Lete e lo riporta al cospetto di Beatrice.

Canto XXXII

La processione torna indietro fino all’albero di Adamo ed Eva, a cui il Grifone lega il timone del carro. Dante si addormenta al suono di un dolce canto. Matelda lo risveglia e gli mostra la processione che sta tornando in cielo. Beatrice siede sotto l’albero in compagnia delle sette donne che portano i sette candelabri. Improvvisamente un’aquila piomba addosso al carro, la terra si fende sotto di esso e un drago emerge dall’abisso squarciandone il fondo. Sul carro spuntano sette teste, una prostituta e un gigante che la frusta, scioglie il carro e lo porta via.

Canto XXXIII

I presenti si incamminano, e Beatrice profetizza la venuta di un messo divino che ucciderà la prostituta e il gigante; invita Dante a riferire agli uomini ciò che ha visto. Dante e Stazio bevono l’acqua dall’ Eunoè e si sentono pronti per salire al Paradiso.


PARADISO

Canto I

Dante vede Beatrice fissare il Sole; egli fa altrettanto, ma poi comincia a fissare gli occhi di Beatrice, che diventano sempre più scintillanti, mentre le sue orecchie sentono l’armonia delle sfere celesti. Dante e Beatrice stanno ascendendo attraverso la sfera del fuoco verso il Paradiso, come di necessità fanno tutti i corpi purificati.

Canto II

Arrivati in prossimità della Luna, Dante chiede a Beatrice di spiegargli la presenza delle macchie lunari.

Canto III

Le anime del cielo della Luna, mosso dagli angeli, appaiono evanescenti. Tra esse Piccarda Donati, sorella di Forese, che spiega che qui stanno i beati che vennero meno ai loro voti. Ella fu rapita a forza dal convento, e sorte analoga fu anche quella dell’imperatrice Costanza.

Canto IV

Dante si chiede: a) Perché aver subito violenza può diminuire la beatitudine futura, come fosse una colpa? b) E’ vero ciò che dice Platone, che le anime tornano alle stelle? Beatrice spiega che in realtà tutti i beati stanno nell’Empireo, ma si mostrano a Dante nei diversi cieli perché egli possa distinguere tra i vari gradi di beatitudine, e che gli spiriti di questo cielo non resistettero completamente alla violenza.

Canto V

Beatrice mostra a Dante la santità del voto, poi salgono al cielo di Mercurio, mosso dagli Arcangeli, dove gli spiriti attivi stanno avvolti dalla luce; uno di essi si rivolge al poeta.

Canto VI

Lo spirito è quello di Giustiniano, che comincia a narrare la storia dell’aquila romana fino al suo regno, affermando che essa vendicò Cristo con la distruzione di Gerusalemme compiuta da Tito. Spiega poi che in quel cielo stanno gli spiriti che in vita ricercarono la gloria; tra essi Romeo di Villanova.

Canto VII

Riguardo all’affermazione di Giustiniano sulla vendetta di Cristo, Beatrice spiega che la morte del Figlio di Dio fu giusta per quanto riguardava la natura umana di Cristo, ma blasfema riguardo quella divina. Dio scelse il sacrificio del figlio per redimere l’uomo come mezzo implicante sia la misericordia che la giustizia.

Canto VIII

Dante e Beatrice salgono al cielo di Venere, mosso dai Principati. Qui stanno gli spiriti amanti del bene, tra cui Carlo Martello.

Canto IX

Carlo Martello predice a Dante mali futuri per gli Angioini; poi la poetessa Cunizza da Romano profetizza la rovina delle città venete che si ribellano all’Impero. Il trovatore Folchetto di Marsiglia indica a Dante l’anima di Raab, e poi si lancia in un’invettiva contro il clero.

Canto X

Si sale al cielo del Sole, mosso dalle Potestà; qui gli spiriti sapienti sfolgorano disposti in tre corone concentriche; tra essi Tommaso d’Aquino.

Canto XI

San Tommaso elogia San Francesco riassumendone la vita e lamenta la decadenza dell’ordine domenicano a cui egli apparteneva.

Canto XII

Interviene il francescano San Bonaventura, che elogia San Domenico riassumendone la vita e deplora la decadenza del suo ordine che male interpreta la propria regola.

Canto XIII

San Tommaso scioglie un dubbio di Dante riguardante la sapienza di Salomone.

Canto XIV

Beatrice chiede ai presenti di risolvere un nuovo dubbio di Dante riguardante lo stato dei corpi dopo la risurrezione; risponde Salomone, dicendo che allora i corpi saranno più perfetti e più splendenti, e i sensi si adegueranno a tale condizione. Dante e Beatrice salgono al cielo di Marte, mosso dalle Virtù, dove gli spiriti militanti formano una croce luminosa nel cui mezzo splende Cristo.

Canto XV

I beati tacciono per far parlare Dante; dal gruppo esce l’anima del suo antenato Cacciaguida, che accenna alla sua vita passata e loda i costumi dell’antica Firenze.

Canto XVI

Dante rivolge a Cacciaguida numerose domande sulla sua famiglia e sulle condizioni della città all’epoca in cui egli era vivo.

Canto XVII

Dante interroga Cacciaguida sul proprio futuro, e questi gli predice l’esilio e il successivo rifugio presso il magnanimo Cangrande della Scala; incita poi Dante a raccontare ciò che ha appreso nel suo viaggio, anche se potrà riuscire sgradito a qualcuno.

Canto XVIII

Cacciaguida mostra otto grandi spiriti, poi Dante e Beatrice salgono al cielo di Giove, mosso dalle Dominazioni, in cui gli spiriti giusti volteggiano nell’aere formando le parole di una sentenza biblica e l’immagine di un’aquila. Dante riflette sulla giustizia terrena e pronuncia un’invettiva contro la curia di Roma che mercanteggia la fede.

Canto XIX

L’aquila perla dell’imperscrutabilità del pensiero e delle intenzioni divine, affermando che nel giorno del Giudizio molti che non conobbero la fede saranno posti più vicino al Creatore di molti che nominalmente si professano Cristiani.

Canto XX

L’aquila indica a Dante i beati che compongono il suo occhio.

Canto XXI

Dante e Beatrice salgono al cielo di Saturno, mosso dai Troni, qui gli spiriti contemplanti vanno e vengono per una scala dorata diretta verso l’alto. Essi non cantano come dovrebbero per non annichilire Dante con la completa bellezza del Paradiso: lo spiega Pier Damiani, che poi passa a deplorare il lusso dei prelati.

Canto XXII

San Benedetto racconta la sua vita e la storia dell’ordine benedettino, biasimandone l’attuale decadenza. Dante e Beatrice salgono la scala, che porta al cielo delle stelle fisse, mosso dai Cherubini. Dante arriva nella costellazione dei Gemelli, sotto la quale è nato; sotto di sé vede piccolissimi tutti i cieli e i pianeti.

Canto XXIII

Nel mezzo del cielo sfavilla un sole da cui emerge la figura di Cristo; Dante non può sopportarne la vista e torna a guardare i beati, mentre Beatrice risplende di bellezza; tra essi vede Maria su cui cala l’arcangelo Gabriele. La Vergine ascende con loro nell’Empireo.

Canto XXIV

Beatrice invita i beati a dare a Dante un po’ della loro saggezza; San Pietro interroga il poeta sulla fede, e questi risponde con sicurezza e proprietà su tutti gli argomenti. San Pietro gli impartisce la benedizione.

Canto XXV

San Jacopo di Galizia interroga Dante sulla Speranza, e il poeta si mostra sicuro anche su questo secondo argomento. Arriva anche San Giovanni, che dichiara essere falsa la leggenda che il suo corpo si trovi già in Paradiso.

Canto XXVI

San Giovanni interroga Dante sulla Carità, e anche stavolta il poeta si mostra preparato. I beati intonano una lode al Signore, mentre Dante si avvicina ad Adamo e gli pone alcune domande sulla sua esistenza.

Canto XXVII

San Pietro pronuncia un’invettiva contro i papa corrotti, in particolare Giovanni XXII e Clemente V; poi i beati tornano all’Empireo, mentre Dante e Beatrice salgono al Primo Mobile, mosso dai Serafini. Beatrice spiega a Dante il movimento del creato e biasima l’umanità corrotta.

Canto XXVIII

Negli occhi di Beatrice si riflette un punto di luce (Dio) attorniato da nove cerchi infuocati (gli ordini angelici); tra essi i più vicini a Dio sono più veloci e virtuosi. Beatrice descrive la gerarchia dei cori degli angeli.

Canto XXIX

Dio creò gli angeli per manifestare la sua bontà; quelli che si ribellarono con Lucifero caddero sulla Terra mentre quelli rimasti fedeli divennero incapaci di compiere peccato; il loro numero è infinito e bruciano di amore divino con diversa intensità, a seconda di come hanno ricevuto la luce divina. Beatrice poi deplora i cattivi predicatori.

Canto XXX

Dante e Beatrice arrivano nell’Empireo, dove un fiume di luce scorre tra rive fiorite prendendo forma di cerchio; da esso escono faville di luce che si trasformano in beati ed angeli, che si dispongono in una rosa circolare di mille gradini. Beatrice guida Dante al centro della rosa.

Canto XXXI

Beatrice torna al suo posto nella rosa, e al suo posto di fianco a Dante appare San Bernardo, che gli indica Maria circondata da angeli e beati a cui infonde letizia.

Canto XXXII

San Bernardo indica a Dante Eva, Rachele, Beatrice, Sara, Rebecca, Giuditta e Ruth, che stanno ai piedi di Maria; alla sua sinistra coloro che credettero in Cristo venturo, alla destra quelli che credettero in Cristo venuto; di fronte a Maria numerosi santi e l’Arcangelo Gabriele. Infine attorno a Maria si vedono anche Adamo, San Pietro e San Giovanni, Mosè, Sant’Anna e Santa Lucia.

Canto XXXIII

San Bernardo elogia Maria e le chiede di intercedere affinchè Dante possa godere della visione di Dio. Maria acconsente e leva in alto lo sguardo; allora Bernardo invita Dante a guardare il Creatore e la Trinità, in forma di triplice cerchio; il secondo cerchio sembra racchiudere un’effigie umana e Dante si sforza di comprendere quell’affascinante mistero (l’Incarnazione), ma la sua debole mente non può farcela da sola; solo il sopraggiungere di un’intuizione diretta ed istantanea infusagli dalla Grazia divina gli fa intravedere per un attimo la verità.

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