disordini del comportamento alimentare

disordini del comportamento alimentare

disordini del comportamento alimentare


Si potrebbe parlare di disturbi del comportamento alimentare, intendendo con ciò tutti i comportamenti scorretti verso il cibo: dall’eccessiva magrezza per rifiuto del cibo, all’obesità per iperfagia. 
Le cause sono multiple; non vi è eziologia organica tranne rari casi di alterato metabolismo come ad es. nel morbo di Cushing o nell’ipertiroidismo, ma questi sono quadri secondari ad alterazioni di funzione di alcune ghiandole endocrine che comportano modificazioni del peso e della costituzione. In relazione ai “disturbi” di cui parleremo questa sera, soprattutto l’anoressia, si pensava potessero essere interessati l’ipotalamo o l’ipofisi, ma ancora non si conosce una causa precisa. 
In questa serata si parlerà dei casi con eziologia non organica.

I fattori che influiscono sono molteplici. Vi sono cause genetiche: il metabolismo può essere più o meno veloce. 
Vi sono poi fattori di tipo familiare, intesi come tipo e abitudini di vita: in Italia vi è un 12% di obesità nella fascia infantile, che sale poi a un 20% negli adulti. La prevenzione dovrebbe essere iniziata già da piccoli, dovrebbe essere cioè una prevenzione primaria (prevenire il problema prima che insorga). Una prevenzione secondaria consisterebbe in un intervento rapido che porta a totale soluzione del problema; prevenzione terziaria se si cerca di tamponare una situazione che non si risolve, si cronicizza. 
Influiscono poi sul comportamento alimentare fattori di tipo individuale (carattere, maturità, capacità di autostima, ecc.) e di tipo socio-culturale: l’obesità è stato più un problema del dopoguerra, l’anoressia e la bulimia più degli anni ’70-’80. Secondo gli studiosi di disturbi del comportamento alimentare “bisognerebbe imparare a non pesare il proprio corpo ma la propria autostima”.

Il problema è fatto scattare da qualcosa che ancora è difficile individuare: di solito si inizia una dieta per calare qualche chilo e non si smette più, a volte subentrano altri fenomeni: ad esempio nell’obeso possono instaurarsi cicli a jo-jo. La persona inizia una dieta drastica con un certo calo ponderale, non riesce a mantenerla quindi tralascia e recupera peso, poi si pente e riprende una dieta, che nuovamente non riesce a mantenere nel tempo, perdendo un po’ di peso ma poi recuperandolo ancora. Questo alternare comporta una modificazione del metabolismo basale che tende a diminuire senza riuscire ad adattarsi ai rapidi cambiamenti di dieta: tale comportamento che comporta dei cali seguiti da recuperi sempre maggiori è definito fenomeno dello jo-jo. 
Bisogna conoscere l’anamnesi del paziente per poter prescrivere una dieta corretta, o meglio una corretta educazione alimentare che dovrebbe valere per sempre. Il quadro dell’anoressia inizia di solito con un’autoriduzione del cibo: all’inizio c’è una autoriduzione controllata che spesso non è recepita da chi sta attorno. Di solito queste persone cucinano bene e tendono a far ingrassare gli altri, mangiano spesso in piedi, tagliano il cibo molto minuto, masticano a lungo. E’ il momento della “luna di miele”, queste persone si sentono onnipotenti, attive, sono contente di riuscire a dominare la fame. Non è vero che non hanno fame, la dominano. La riduzione del cibo è spesso rinforzata dall’attività fisica. Vi è una distorsione della propria immagine corporea: queste persone non vedono la loro immagine corporea realmente magra, ma si vorrebbero diverse, o per paura di ingrassare (più facilmente in questi casi la prognosi è benigna) o perché vogliono dimagrire ancora (prognosi meno buona).

Nell’anoressia viene diminuito sempre di più il cibo; dalla fase di onnipotenza ed euforia si passa ad una fase di apatia e debolezza fino alla necessità di ricovero per pericolo di vita. Ci sono persone che non riescono a controllarsi nella dieta e hanno momenti di abbuffate compulsive: introducono una quantità eccessiva ed esagerata di cibo in pochissimo tempo (fino a 20.000 Kcal) per poi ricorrere ad azioni “purgative” quali il vomito o l’uso di lassativi e diuretici. In questo modo si mantiene almeno il peso di partenza.

Per anoressia si intende: (DSM IV)

  • eccessiva restrizione alimentare fino a perdere peso oltre l’85% del peso ideale (o inferiore a BMI 17,5);
  • paura di ingrassare o desiderio di ulteriore calo ponderale;
  • amenorrea, cioè assenza di ciclo mestruale, per almeno tre mesi consecutivi.

Può insorgere già in età prepuberale.

La bulimia, in genere, insorge più tardi, verso i venti anni. Si tratta spesso di persone normopeso o addirittura sovrappeso; vogliono perdere peso, fanno diete per qualche giorno, poi si abbuffano e ricorrono al vomito. Riescono a tenere nascosta questa “abitudine” anche per anni; sono persone caratterizzate da disagio psicologico, depresse, che rischiano la morte soprattutto per il loro disagio psicologico (suicidio).

Per bulimia si intende: (DSM IV)

  • mangiare in un tempo circoscritto (circa 2 ore) quantità di cibo indiscutibilmente maggiori di quanto la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso arco di tempo;
  • mancanza di controllo sull’atto del mangiare;
  • ricorrenti comportamenti di compenso per prevenire l’aumento di peso: vomito autoindotto, abuso di lassativi e diuretici, digiuno, esercizio fisico eccessivo;
  • le abbuffate e i metodi di compenso avvengono in media due volte la settimana per almeno 3 mesi;
  • svalutazione di sé.

Sono più frequenti le forme miste di anoressia-bulimia.

La nozione di peso ideale non dovrebbe essere espressa da un numero, ma in modo più elastico. L’indice di massa corporea (BMI) è un modo di esprimere il peso in relazione all’altezza. Se il BMI oscilla tra 20 e 24 si considera peso normale, sotto 18 si parla di anoressia (a 8 la morte è certa, ma può essere anche prima); da 24 a 27 si è in sovrappeso, poi si tratta di obesità fino a 39, oltre è grande obesità. Statistiche del 1993-94, derivate da studi del Prof. Cuzzolato, purtroppo limitati perché svolti solo su dei gruppi di studenti, indicavano un’incidenza dell’anoressia dell’1-1,5% e un 2% di bulimia. Di questi approssimativamente un 50% cronicizzano, un 30% guarisce bene, un 18% ha recidive, la mortalità è forse attorno al 5%.

ANORESSIA

Quadro clinico: 
a tale proposito dobbiamo riflettere anche su come comunichiamo i danni che provoca una eccessiva alimentazione e alimentiamo la paura delle malattie dismetaboliche.

Il grasso favorisce le patologie cardio-circolatorie e dismetaboliche, soprattutto quando la localizzazione è androide o centrale (tipica degli uomini, del tronco) è più pericolosa perché interessa gli organi interni e spesso si associa ad ipercolesterolemie e diabete. 
La localizzazione ginoide, tipica delle donne (grasso su fianchi e cosce), è meno pericolosa e tra l’altro il grasso, sempre se non è eccessivo, “protegge” dall’osteoporosi.

Nell’anoressia gli esami bioumorali sono perfetti all’inizio, non ci sono dati per far capire alla persona che sta distruggendosi; poi ad esempio per effetto paradosso il colesterolo si alza. Solo quando si arriva al quadro di inedia i valori ematici si alterano (controllare sempre gli elettroliti). Quando si cala oltre un certo punto detto “critico” si ha la scomparsa del ciclo mestruale, questo perché l’organismo tende a risparmiare su ciò che non è vitale e, calando le riserve, le prime sostanze che vengono ridotte nella complessa costruzione che avviene tramite il ciclo di Krebs, sono gli ormoni sessuali.

Schematicamente, si hanno:

  • mancanza di mestruazioni (reversibile);
  • iperattività;
  • gonfiore addominale;
  • dolori addominali;
  • sensazione di freddo (estremità fredde, geloni);
  • riduzione del ritmo cardiaco (tende alla bradicardia);
  • ipotensione (sia sistolica che diastolica);
  • lanugo (peluria diffusa);
  • caduta dei capelli;
  • pelle secca e squamosa;
  • mani gialle internamente per variazione della carotenemia;
  • ipotonia dell’apparato digerente (stipsi);
  • petecchie;
  • osteoporosi (irreversibile).

La rialimentazione deve essere lenta e corretta perché il tubo digerente non è più abituato ad alimentarsi, si rischia l’occlusione intestinale e si hanno dolori crampiformi quando si ricomincia a mangiare. La tiroide, nei forti cali ponderali, dimostra una riduzione della sua funzione con calo di T3 e aumento del T3 reverse come tentativo di risparmiare energia, tutto ritorna nella norma con il recupero ponderale. Le mestruazioni non è detto che ricompaiano quando si riguadagna peso se non c’è un contemporaneo recupero dello stato di disagio psicologico. L’anoressia può comportare anche osteoporosi fino ad avere fratture spontanee.

BULIMIA

Quadro clinico: 
è caratterizzato da maggiore depressione, maggiore isolamento, l’individuo si vergogna, nasconde la propria “malattia”. Soprattutto per il vomito autoindotto si notano: angoli della bocca screpolati, ipertrofia delle ghiandole salivari, denti rovinati (la dentina che compone lo smalto non si ricostruisce più), spesso le nocche del 3° e 4° dito sono rovinate per aver provocato il vomito. Il vomito produce una perdita di sali (soprattutto potassio) che può dare aritmie fino all’arresto cardiaco.

Il pH è diverso nei diversi tratti del tubo gastroenterico, questo spiega le lesioni esofagee, dei denti e il danno alle ghiandole salivari per il contenuto gastrico a pH acido che viene a contatto con esofago e cavo orale che sono a pH più elevati.

Con il vomito si forza la valvola cardiale che ad un certo punto non tiene più, si ha allora reflusso gastroesofageo e possibile formazione di diverticoli esofagei. L’acido danneggia la bocca (e le ghiandole salivari lavorano di più per tamponare) e i denti; si possono formare ulcere lineari sull’esofago che se si perforano possono portare alla morte.

L’intestino lavora male per l’alterazione della peristalsi che viene continuamente invertita per il vomito, si possono avere aerofagia, stipsi ostinata, con conseguente abuso di lassativi (circolo vizioso).

Terapia: 
non è facile dire quale sia oggi la terapia giusta, non c’è un protocollo. 
Sarebbe auspicabile riuscire a fare una prevenzione primaria, cioè una campagna di educazione alimentare corretta fin dall’età prescolare e in famiglia per evitarne l’insorgenza. Come prevenzione secondaria: è auspicabile un intervento precoce (non è facile perché la malattia viene negata e/o nascosta) anche grazie all’intervento dei familiari, insegnanti, amici affinché si possa iniziare una corretta terapia, meglio se multidisciplinare, ma fondamentalmente psicologica e internistica, per raggiungere una rivalutazione del sé con una corretta riabilitazione. Se si perde tempo o si accetta la negazione della malattia o ci si improvvisa terapeuti si rischia la cronicizzazione del disturbo.

Queste patologie interessano molto frequentemente il sesso femminile, soprattutto per i messaggi anomali dei mass-media che definiscono la donna bella, attraente, in carriera se filiforme, ma non ne sono esenti i maschi pur valutando un rapporto donna/uomo 8 a 1.

Note: 
BMI (body mass index) = peso corporeo in Kg / (altezza in metri) 2

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