DEI SEPOLCRI ANALISI DEL TESTO

DEI SEPOLCRI ANALISI DEL TESTO


La prima parte (vv. 1-90): il valore affettivo delle tombe.

La lettera al Guillon Foscolo nella risposta alle critiche rivoltegli dall’abate francese Aimé Guillon sul “Giornale italia di Milano il 22 giugno 1807, ricostruisce lo schema del suo discorso, dividendo il carme in quattro parti. La prima, versi 1-90, dimostra come «i monumenti inutili a’ morti giovano a’ vi perché destano affetti virtuosi lasciati in eredità dalle persone dabbene: solo i malvagi che non si sentono meritevoli di memoria, non la curano; a torto dunque la legge accomuna le sepolture de’ tristi e dei buoni, degl’illustri e degl’infami».

Le tesi materialistiche Dal verso 1 al verso 22 il poeta ribadisce le tesi materialistiche dalle quali dovrebbe discendere l’inutilità delle tombe e l’indifferenza per il modo di seppellire i defunti. La morte non è che un momento di ciclo naturale di perpetua trasformazione, in cui la materia di un essere, disgregandosi, a formare altri esseri; essa quindi è distruzione totale dell’individuo e non lascia possibilità di sopravvivenza. Per questo il morto, che non sente più nulla, non può trarre alcun conforto dalla tomba. La continua trasformazione della materia impedisce anche la sopravvivenza nel ricordo, perché il corso del tempo cancella ogni traccia dell’ esistenza.

L’insoddisfazione del poeta Queste posizioni, che escludono ogni idea religiosa di una vita dopo la morte, sono ribadite da Foscolo con assoluta convinzione: sono le idee in cui si è formato, e costituiscono base di tutta la sua visione della realtà. Però esse non lo soddisfano più interamente. Le sostiene non con lo slancio fiducioso e polemico che aveva nutrito il pensiero settecentesco, ma con l’atteggiamento disilluso di chi deve rassegnarsi dinanzi ad una verità amara quanto ineluttabile ( «Vero è ben, Pindemonte!»). Pur non essendo in grado di proporre alternative, egli sente che quelle idee hanno esaurito la funzione che avevano avuto nell’età illuministica: una funzione propulsiva, critica, liberatoria nei confronti di tutta una cultura autoritaria, fondata sul dogma e sulla metafisica. Esse sono state il lievito della rivoluzione, ma hanno anche portato ad un vicolo cieco, la tirannide napoleonica. Per lottare nella situazione presente, secondo Foscolo, quelle idee non bastano più: esse ormai possono solo generare sfiducia, scetticismo, inerzia, passività.

Il superamento del materialismo nelle illusioni L’uscita da quel vicolo cieco, nell’Ortis, nelle odi, nei sonetti, era trovata non sul piano della razionalità, ma sul piano delle illusioni, come si è constatato. Da questa soluzione prendono le mosse anche i Sepolcri. Se il materialismo settecentesco non viene superato da Foscolo sul piano teoretico, con la proposizione di nuovi principi filosofici, viene superato sul piano pratico, con le illusioni. La sopravvivenza dopo la morte, indispensabile come stimolo alla partecipazione attiva ed energica alla storia, se è impossibile secondo la ragione, diviene possibile grazie all’illusione. Questa affermazione dell’illusione contro i risultati della filosofia settecentesca segna una svolta culturale di grande importanza e apre la strada alla visione del mondo romantica.

La funzione alternativa delle tombe L’illusione della sopravvivenza è affidata alle tombe: l’uomo può illudersi di continuare a v vere anche dopo la morte, poiché la tomba mantiene vivo il ricordo ed istituisce un rapporto affettivo con i familiari e gli amici. La possibilità di un rapporto affettivo tra morti e vivi strappa l’uomo alla sua condizione effimera e gli conferisce quasi l’immortalità che è propria degli dei. La prima parte del canne si incentra dunque sull’utilità delle tombe sul piano privato ed affettivo: ma ne scaturiscono già conseguenze filosofiche fondamentali. I versi 51-90, che concludono questa prima parte del carme, costituiscono un esempio in negativo della tesi prima dimostrata: l’errore, anzi la colpa di non attribuire il giusto valore al sepolcro, privando così l’estinto del ricordo.

Parini poeta civile L’esempio s’incentra sulla figura del poeta Parini, nei cui confronti la città natale è stata ingrata, non concedendogli una degna sepoltura. In questa parte polemica il discorso si estende già dal valore privato ed affettivo delle tombe ad un ambito più vasto: Parini non è un semplice individuo privato, ma un poeta di alta dignità civile, che coi suoi versi ha colpito gli aspetti negativi della società del suo tempo. Il ricordo che la tomba dovrebbe serbare non è solo limitato alla sfera privata, ma contiene un messaggio civile per la società. Questi versi fungono quindi da passaggio alla seconda parte del carme, dedicata alla funzione civile delle tombe. Il passaggio è chiaramente indicato dai versi conclusivi, 89-90: all’«amoroso pianto», che richiama la «corrispondenza d’amorosi sensi», si affianca l’onore delle «umane lodi». 


La seconda parte (vv. 91-150): la funzione civile delle tombe.

Le tombe segno di civiltà La pietà per i defunti sono uno dei fondamentali segni distintivi della civiltà, insieme con l’istituto della famiglia, della giustizia, della religione. Il sorgere di questi istituti ha segnato il passaggio dell’uomo dalla ferocia belluina dell’età primitiva al rispetto reciproco delle età civili. Intorno alle tombe si raccolgono inoltre i valori fondamentali di un popolo: esse sono dunque un metro per misurare il grado di civiltà di una data società.

Il Medio Evo Foscolo propone quattro esempi di tale funzione civile delle tombe. Il primo esempio, negativo, è il Medio Evo. Con spirito ancora illuministico, Foscolo condanna il Medio Evo come età di barbarie, che è denunciata dalla mancanza di igiene (il lezzo dei cadaveri che contamina i fedeli nelle chiese), dalla superstizione (il terrore dei fantasmi), ma soprattutto da una visione della vita tetra e macabra, ossessionata dal terrore della morte, vista come qualcosa di ripugnante e spaventoso (le città «meste d’effigiati scheletri»). Questa barbarie si perpetua per il poeta nell’uso cattolico di seppellire i morti nelle chiese, che viene associato pertanto nella condanna.

La civiltà classica In contrapposizione, un esempio positivo è costituito dalla civiltà classica. Essa aveva una visione serena della morte, testimoniata dallo scenario gioioso e luminoso, spirante vitalità e bellezza, che circondava le sepolture (le piante sempreverdi che proteggevano le tombe, le acque limpide che sgorgavano dalle fontane, i fiori che con i loro profumi evocavano l’atmosfera beata dei Campi Elisi). Questa visione serena della morte è prova, per il poeta, di una visione parimenti serena ed armonica della vita, cioè di un altissimo livello di civiltà. Si esprime in questi versi il culto foscoliano dell’età classica, vista come paradiso di armonia, bellezza, serenità, forza, gioia vitale.

L’Inghilterra  Il profumo dei fiori che circondano le tombe antiche richiama a Foscolo, con rapido trapasso analogico, un esempio nel mondo attuale: i giardini dei cimiteri suburbani inglesi. È questo un secondo esempio positivo del valore delle tombe. Nell’Inghilterra moderna le sepolture non sono solo indizi di pietà verso i propri cari, in una dimensione privata ed affettiva, ma anche della presenza di valori civili profondamente radicati, che uniscono lo spirito del popolo intorno alle glorie e agli eroi nazionali: le fanciulle britanniche non si limitano a pregare sulla tomba dell’amata madre, ma invocano anche la vittoria su Napoleone dell’ammiraglio Nelson. Inghilterra viene così assunta ad esempio di società permeata di virtù civili e di amor di patria, in cui è vivo in tutti il senso eroico ed il culto delle glorie nazionali.

Il “bello italo regno” A contrasto, viene evocata la mancanza di spirito eroico e di valori civili nell’Italia napoleonica. In paesi come l’Italia, in cui la vita civile è dominata dalla smania di arricchirsi e dal timore servile verso il potere, in cui i ceti dirigenti sono indegni della loro posizione (<<il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo»), le tombe non possono avere alcuna funzione e si riducono ad inutile sfoggio di lusso o a lugubri immagini di morte. È un giudizio sull’Italia napoleonica che riprende il quadro già fornito nell’Ortìs.

L’immagine eroica del poeta A questa viltà dominante si contrappone la figura eroica del poeta stesso che, perseguitato dalla sorte avversa, auspica nella morte un approdo di pace. Anche questa immagine eroica richiama quella da Foscolo proposta nell’Ortìs e nei sonetti: l’eroe generoso, sconfitto inevitabilmente nello scontro con un «reo tempo». Ma la morte non è solo rifugio di pace, in negativo: la tomba del poeta assume una funzione civile, proponendo un esempio di generosità, di sentimenti appassionati e soprattutto di un’attività intellettuale libera, non servile. La figura di Foscolo si colloca così idealmente a fianco di quella di Parini, evocata nella sezione precedente. Per la seconda volta alla funzione della tomba, come preservatrice del ricordo, si affianca quella della poesia. È già annunciato qui un motivo che sarà poi al centro dell’ultima parte del carme: la funzione ed il significato della poesia. 


La terza parte (vv.151-212): il valore storico delle tombe.

La dimensione storica Nella terza parte dei Sepolcri la considerazione del valore civile delle tombe si allarga alla dimensione storica: la tomba cioè viene vista non solo più come centro dei valori di un dato momento della civiltà, ma come messaggio che travalica la successione del tempo. Per questo il poeta passa dalle tombe in genere alle tombe degli uomini grandi, il cui ricordo dura nei secoli. Inoltre emerge in primo piano la dimensione più propriamente politica del discorso, legata al problema nazionale italiano.

Le tombe dei grandi Domina in questa parte il motivo delle tombe di Santa Croce. Già Jacopo Ortis (lettera del 27 agosto 1798) si era fermato a venerare quel tempio delle «itale glorie», ma le riflessioni che esse gli suscitavano erano negative: la «povertà» e le «carceri» patite da quei «divini intelletti», le «persecuzioni a’ vivi e gli onori a’ morti», il fallimento delle proprie illusioni di gloria. Qui il tema dei grandi di Santa Croce è riproposto invece in positivo (e già questo deve far riflettere sulla distanza che separa il carme dal romanzo, pubblicato solo cinque anni prima): le tombe dei grandi uomini stimolano gli animi generosi a compiere grandi azioni e rendono sacra la terra che le accoglie.

Dalle memorie il riscatto Queste glorie del passato sono le uniche rimaste all’Italia, nella decadenza e nell’asservimento presenti. Ma proprio dalle memorie può venire lo stimolo al riscatto. TI giorno in cui si presenterà di nuovo una speranza di gloria alle anime grandi, dalle tombe dei grandi del passato si trarranno le energie per l’azione.

È questo un passo chiave del carme e dell’intero svolgimento dell’esperienza foscoliana. Per coglierne la portata è opportuno metterlo a confronto con il colloquio tra Ortis e Parini (lettera del 4 dicembre): nel romanzo, lo slancio eroico del giovane si infrangeva contro la lucida argomentazione del vecchio, che dimostrava come non ci fosse possibilità d’azione per un riscatto dell’Italia dalla sua miseria civile e politica; e alla situazione senza via d’uscita si offriva come unica soluzione l’annullamento dell’eroe nella morte.

Il superamento del nichilismo e la possibilità di partecipazione attiva alla storia Qui l’azione sul terreno politico non è più esclusa, ma è data come possibile, sia pure in un ipotetico futuro. Foscolo, grazie all’elaborazione della teoria delle illusioni, ha superato il vicolo cieco della delusione rivoluzionaria giovanile ed ha ristabilito le basi per una partecipazione attiva alla storia. La letteratura perciò non è più solo la lucida analisi di una situazione di sconfitta, ma assume una funzione positiva, di ammaestramento etico, di stimolo civile e politico. Questa funzione della sua poesia è affermata da Foscolo con grande chiarezza e vigore nella lettera a Guillon: «L’autore considera i sepolcri politicamente; ed ha per iscopo di animare l’emulazione politica degli Italiani con gli esempi delle nazioni che onorano la memoria e i sepolcri degli uomini grandi».

I Sepolcri e la poesia cimiteriale Con questa affermazione, Foscolo segna anche nettamente la distanza che separa la sua poesia da quella dei poeti “cimiteriali” inglesi, a cui da una considerazione superficiale potrebbe essere assimilata: «Young ed Hervey meditarono sui sepolcri da cristiani: i loro libri hanno per iscopo la rassegnazione alla morte e il conforto d’un’altra vita [ … ]. Gray scrisse da filosofo: la sua elegia ha per iscopo di persuadere l’oscurità della vita e la tranquillità della morte». La funzione politica assegnata alla poesia da Foscolo presuppone anche una visione diametralmente opposta della realtà umana: Gray  canta le tombe di gente semplice e ignota, affermando il valore insito anche nelle esistenze più oscure; Foscolo canta le tombe dei grandi uomini, che devono stimolare all’agire eroico. Il poeta inglese propone una rivalutazione di ciò che è umile e quotidiano, ispirata ad una concezione della vita cristiana e borghese, che si contrappone polemicamente alla concezione classica, aristocratica ed eroica; il poeta italiano ribadisce invece proprio quella tradizione, riproponendo una concezione eroica in chiave moderna.

Alfieri, poeta politico e profetico In questa terza parte del carme si offre un’altra figura esemplare di poeta, dopo quella di Parini: Alfieri. Ed è una figura complementare a quella del poeta del Giorno, ad indicare un altro aspetto della funzione della poesia. Parini era poeta civile: colui che criticava i costumi della sua società, colpendone gli aspetti più aberranti con proposito di correggerli; Alfieri è poeta politico e profetico. Se il messaggio lanciato dalla poesia di Parini è l’auspicio di un consorzio civile ben ordinato, attivo ed operoso, ispirato a saldi valori etici, quello lanciato dalla poesia di Alfieri è la profezia di un futuro riscatto politico della nazione: quella di Alfieri è dunque l’immagine esemplare del poeta che esige questa parte del carme, che è appunto politica e profetica. 


La quarta parte (vv. 213-295): la funzione della poesia.

La quarta parte del carme propone un tema nuovo: alla funzione delle tombe, nel serbare la memoria e nel perpetuare i valori della civiltà, si affianca quella della poesia. L’accostamento della poesia alle tombe era già comparso implicitamente nell’ evocazione di Parini, nell’ esempio del «liberal carme» di Foscolo stesso, di Alfieri.

La poesia e il tempo distruttore Qui il discorso si fa esplicito. Se le tombe hanno il compito di vincere l’opera distruttrice della natura e del tempo, che tutto trasforma e cancella, anch’esse, in quanto oggetti materiali, sono sottoposte a quest’opera di distruzione. La loro funzione è quindi limitata nel tempo. Ma quando esse saranno scomparse, tale funzione sarà raccolta dalla poesia: la parola poetica non è sottoposta alle leggi materiali, quindi la sua armonia può sfidare i secoli, vincere il silenzio a cui sono destinate le opere umane, conservando in eterno il ricordo.

La crisi del ruolo tradizionale del poeta La funzione della poesia è un motivo intorno a cui continuamente si esercita la riflessione di Foscolo. In effetti egli vive in un’epoca in cui è entrato in crisi, in seguito ai grandi rivolgimenti che l’Italia ha subito nell’età rivoluzionaria e napoleonica, il ruolo tradizionale del poeta fissato nella civiltà del Rinascimento: il ruolo del poeta cortigiano che si rivolge ad un’élite aristocratica; né ancora, in questa età di trapasso, si è delineato in Italia il nuovo committente, la borghesia, e il nuovo ruolo intellettuale, quello di esprimerne i valori (oppure di rifiutarli: vedremo l’atteggiamento di rivolta di molta letteratura ottocentesca). Foscolo non scrive più per il vecchio pubblico, ma non ha ancora ben delineato dinanzi a sé il nuovo, borghese e nazionale. Per questo assegna alla poesia una funzione profetica,  ed insiste sulla sua azione nel lungo corso dei secoli futuri: non potendo rivolgersi ad un pubblico presente e ben definito, il poeta parla alle generazioni a venire, per stimolare la coscienza nazionale e spingere all’azione generosa. A tal fine deve anche collegarsi al passato, alla grande tradizione in cui solo vi sono le radici della dignità nazionale, e cercare di mantenerne viva la memoria. La meditazione sulle tombe e sulla poesia nei Sepolcri non è quindi la ripetizione di luoghi comuni retorici, ma è lo strumento per mettere a fuoco problemi vivi in un’età tra vagliata e difficile.

Le civiltà che scompaiono I versi 235-295, che concludono il carme, sono una vasta esemplificazione del motivo della poesia che raccoglie l’eredità delle tombe nel perpetuare la memoria. Vi si delinea l’immagine delle grandi civiltà che cadono in rovina e scompaiono per l’azione del tempo che tutto trasforma. L’esempio è ancora tratto dalla storia di Troia, come nei versi 213-225, in cui si rievocano gli «antichi fatti» di Aiace, delle armi di Achille, di Ulisse. Cassandra, conducendo i giovinetti a venerare i sepolcri degli antenati, profetizza la prossima rovina della città; ma un poeta, Omero, si ispirerà alle tombe dei padri di Troia, tramandando il ricordo di quella civiltà scomparsa.

La poesia e il ricordo degli sconfitti La funzione della poesia così si specifica ulteriormente. Omero canta non solo gli eroi greci vincitori, ma anche i Troiani sconfitti, e perpetua il ricordo di chi è morto per la patria: la poesia non ha solo il compito di conservare la memoria delle azioni gloriose, ma deve serbare anche il ricordo degli sconfitti, delle sofferenze, delle sventure, del sangue versato; non deve solo stimolare all’azione eroica attraverso l’emulazione, ma anche destare sentimenti più miti, la compassione e la solidarietà per le sventure e le sofferenze. Anche questa è una funzione civile per Foscolo, perché questi valori sono essenziali per la costruzione della civiltà, in opposizione agli istinti feroci e belluini che sono propri della natura umana. È un tema molto caro a Foscolo e su di esso si chiude il carme.

Omero Anche in questa quarta parte spicca la figura di un poeta, come era avvenuto nella prima con Parini, nella seconda con Foscolo stesso, nella terza con Alfieri; e, come in precedenza, si tratta di una figura emblematica, che si armonizza con il tema trattato: se Parini e Foscolo costituivano esempi di poesia civile, Alfieri di poesia profetica e politica, Omero è il poeta nei cui versi si raccoglie e si tramanda tutta la tradizione di un popolo, che può sopravvivere così nel tempo. 


La costruzione stilistica del carme.

La prima parte Si può osservare come nella prima parte la sintassi assecondi il movimento logico e passionale. La serie di coordinate su cui poggiano le interrogative ai versi 3-15 crea un ritmo incalzante, come a sottolineare l’urgente verità a cui il poeta non può sfuggire nel suo elenco di tutti gli aspetti della vita negati dalla morte, bellezza, poesia, amore. Nella parte affermativa, versi 16-22, seguono invece frasi brevi e spezzate, che rendono il senso di desolazione amara dinanzi a una realtà ineluttabile. Viceversa l’interrogazione dei versi 26-29 è sintatticamente scorrevole e i versi ripropongono di nuovo un ritmo incalzante di coordinate, ma questa volta in funzione contraria, tesa ad accumulare motivi di consolazione, la ricerca dell’alternativa nell’illusione.

La seconda parte La seconda parte del carme è tutta argomentativa, tenuta su un tono solennemente uniforme. Da sottolineare è la ricerca di effetti fonici. Nel passo dedicato al Medio Evo, per rendere un clima cupo di terrore, ricorrono le vocali dal suono cupo, /o/,/u/, o la vibrante /r/. Viceversa nel passo sul mondo classico, a rendere un clima di serenità luminosa, spicca il suono aperto della vocale /a/.

La terza parte Nella terza parte si avvia un vasto movimento lirico, oratorio ed epico, ricco di variazioni tonali: si passa dalla solennità della proposizione iniziale del tema all’ampio periodo dedicato a Santa Croce, che converge nell’apostrofe a Firenze; seguono i versi descrittivi bellezze di Firenze, estremamente scorrevoli e musicali, riprende poi il movimento un’ampia enumerazione dal ritmo incalzante, e il discorso si conclude con la sequenza dedicata ad Alfieri e alla battaglia di Maratona, che punta su versi fortemente ritmati, suoni aspri e stridenti, su vocali cupe.

La quarta parte Nella quarta parte, tutta collocata nell’antichità classica, subentra un taglio narrativo epico: è evidente la volontà di riprodurre il modello di Omero, mirando a un tono sublime