DEA ROMANA MINERVA

DEA ROMANA MINERVA

Minerva era la dea romana della guerra e della sapienza. Corrispondeva alla greca Atena, definita anche Pallade, termine di incerto significato, forse da intendere come “colei che scaglia l’asta”.
Dea delle arti e delle scienze, era la protettrice della città di Atene, dove le era stato dedicato un tempio, il Partenone, e dove, ogni anno, si svolgeva una processione in suo onore. A lei erano consacrati l’olivo e la civetta, ed erano sotto la sua protezione gli artigiani.

Dea della sapienza e della guerra, o meglio della strategia militare, Minerva nacque in modo veramente singolare. Un giorno il grande re degli Dei era più che mai tempestoso per un terribile mal di testa. Chiamò allora Vulcano e gli ordinò di aprirgli la fronte con un colpo di scure. Il dio dei fabbri restò titubante e incredulo, ma a ripetuti ordini del padre, che non ammettevano discussioni, alla fine dovette obbedire. Calò allora il fendente e, dalla ferita che si aprì sulla fronte di Giove, ecco balzare una bellissima guerriera: era Minerva. La dea ha l’aspetto di una giovane donna alta di statura, maestosa, dal volto franco e sereno; gli occhi azzurri, acuti e profondi, sono la sua vera bellezza. indossa uno splendido peplo, che lei stessa ha tessuto e un’armatura tutta d’oro: un elmo lucente ricopre i capelli, nelle mani stringe la lancia e lo scudo con la testa della Medusa; spesso porta con sé anche l’egida, il magico scudo di suo padre Zeus.

In quei giorni Cecrope aveva da poco fondato una nuova città, in Grecia, nella regione dell’Attica, e i suoi cittadini erano incerti sul nome da assegnare alla nuova sede e su quale divinità scegliere come nume protettore delle mura. Si presentarono allora, per avere tale onore,Nettuno e Minerva; fu deciso che la scelta sarebbe caduta su chi avesse saputo fare alla città il dono più bello. I due accettarono il confronto. Nettuno percosse la terra con il tridente e ne fece balzare un animale sino allora mai visto, pieno di forza e di ardimento, che avrebbe offerto all’uomo, nei lavori dei campi e nelle necessità della guerra, il più valido aiuto: il cavallo. Minerva invece fece nascere dalla terra una pianta, dai rami nodosi e contorti, con piccoli frutti polposi, il cui succo avrebbe dato agli uomini luce e nutrimento: l’ulivo. Cecrope e i suoi decisero senz’altro di accettare questo ultimo dono: scelsero cioè Minerva come loro dea protettrice, e dal suo nome decisero di chiamare Atene la loro città, che, consacrata alla dea della saggezza, divenne il più luminoso centro di civiltà del mondo antico.

Rappresentava l’intelligenza, la genialità del pensiero, dell’industria, del lavoro. Dea della sapienza, della vita tranquilla e operosa, protettrice dell’intelligenza e di tutte le arti e scienze, fra le quali la medicina, l’agricoltura, la pedagogia.

Fu lei ad insegnare agli uomini a costruire le navi, le prime fornaci, ad innalzare le case e i templi, a tessere e a ricamare stoffe, ad allevare bestiame e a coltivare la terra. Inventò anche il flauto, ma quando, specchiandosi su una fontana mentre lo suonava, vide “il turpe aspetto delle sue guance enfiate” , lo gettò via sdegnata.

Anche Minerva, come il fratello Apollo, non tollerava rivali nelle sue arti, e quando un giorno seppe che una giovane, Aracne, si vantava di ricamare come nessun altra, decise di sfidarla. Le gare ebbero inizio e alla fine vinse Aracne, che venne trasformata in un ragno.

Minerva era anche la dea della chiarezza.

La chiarezza si rispecchia nell’occhio. Per questo il suo epiteto più consueto è glaucopide, traducibile sia come ” dagli occhi azzurri ” sia ” dagli occhi di civetta “, da glaucos (azzurro) o glaux (civetta). Ciò che caratterizza la civetta rispetto ad altri uccelli, è appunto l’occhio grande e splendente, e nell’occhio azzurro e luminoso si riassume anche l’essenza di Minerva. Così la civetta divenne l’animale sacro ad Minerva.

Il culto di Minerva fu vivissimo in tutta la Grecia, ma il fulcro restavano sempre l’Attica e Atene. Atene le eresse il grandioso tempio del Partenone (da parthenos = vergine) e le intitolò le più importanti feste dell’anno, le Oscoforie, le Procaristerie, le Plinterie, le Callinterie e, soprattutto, le Panatenee, di cui le ordinarie si celebravano ogni anno e le grandi ogni quattro. Ad Atene venne identificata con Nike, dea della Vittoria; spesso, nell’iconografia Minerva è raffigurata con in mano l’effigie della Nike alata pronta a spiccare il volo.