DAI SONETTI UGO FOSCOLO

DAI SONETTI UGO FOSCOLO

IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI

Sonetto (2 quartine, 2 terzine ): ogni verso è endecasillabo.  E’ importante la presenza dell’Enjambement = figura retorica che prevede la non coincidenza tra pausa metrica e pausa grammaticale.

Questo sonetto ha un contenuto di genere Preromantico: vi troviamo il tema dell’esilio, il tema degli affetti famigliari e il tema della patria. Come modello stilistico è senz’altro Neoclassico. Caratteristiche evidenti del componimento: per quanto riguarda gli affetti familiari notiamo il riferimento al fratello Giovanni, che è morto suicida per debiti di gioco, e alla madre. Il poeta fin dall’inizio esprime il dubbio di non riuscire a tornare in patria: “Un dì s’io non andrò sempre fuggendo / di gente in gente…”. “Questo di tanta speme oggi mi resta! / Straniere genti, l’ossa mie rendete / allora al petto della madre mesta”.

Il dubbio che aveva espresso nel primo verso non esiste più perché l’ultimo verso esprime la certezza dell’esilio. Nella seconda strofa viene affrontato il tema della madre che agisce come anello di congiunzione dell’unità familiare; la madre va sulla tomba del figlio morto a piangere: “La madre consumando gli ultimi suoi giorni parla di  me Foscolo con la tua tomba (Giovanni)”. La madre stabilisce il contatto fra Foscolo e la tomba del fratello. Questo concetto riprende la tematica  dei sepolcri che è la corrispondenza d’amorosi sensi, cioè il rapporto che si instaura tra i vivi e i morti.

PARAFRASI

Un giorno, se non dovrò sempre scappare da una terra straniera all’altra, mi vedrai seduto sulla tua tomba, fratello, e piangerò la tua prematura scomparsa. Ora la madre soltanto, trascinando si stancamente per l’età avanzata, parla con il tuo sepolcro delle mie vicende, mentre io protendo le mie mani colme di delusione verso di voi e se saluto da lontano la mia patria, sento il destino contrario e le difficoltà che resero terribile la tua vita e prego anch’io desiderando la serenità della morte che tu ora possiedi. Tra tante speranze avute in passato, oggi mi resta solo questo: popoli stranieri, quando arriverà quel momento almeno restituite le mie ossa al petto di mia madre afflitta.

A ZACINTO

Nei sonetti Maggiori di Foscolo si può riconoscere un duplice livello di significati di superficie, coscientemente enunciati dall’autore e di significati  profondi, che sono  suggeriti dalla straordinaria densità del linguaggio e dalla ricchezza dei codici che esso utilizza e mette in evidenza.

Le caratteristiche più’ evidenti del sonetto sono le seguenti: struttura metrica atipica in quanto le due quartine e la  prima terzina formano un unico lungo periodo, ricco di enjambement.  L’ultima terzina costituisce da sola il secondo periodo; essa, a livello di contenuto, si riallaccia al primo verso, creando una sorta di circolarità del  testo: il sonetto inizia con la dichiarazione dell’irreversibile separazione del poeta dalla terra d’origine e finisce con l’affermazione di una morte lontana dalla patria e quindi illacrimata. All’interno del sonetto appaiono figure simbolo: VENERE che rappresenta l’amore e la fecondità e  che pertanto crea la vita; ZACINTO che rappresenta la Patria Madre, il grembo materno, si specchia inoltre “nell’onde del Greco mar” da cui è nata Venere.                    

Notevole è l’identificazione tra Zacinto e Venere, unite nel concetto di fecondità. ULISSE  rappresenta il dolore e l’esilio e da lui il poeta si differenzia per la diversa conclusione della sua avventura (Ulisse torna in Patria, Foscolo non spera di farlo); OMERO rappresenta la poesia e in lui  il Foscolo si identifica per il ruolo comune che la sorte ha dato ad entrambi, ovvero quello di cantare gli avvenimenti, le gesta, gli eroi e trasmette tutto alle genti del futuro affinché ne serbino l’esempio: “colui che l’acque  cantò fatali“. Foscolo lascerà il  proprio canto alla sua terra, non intesa solo in senso fisico ma anche come “terra di poesia”; da qui abbiamo l’accostamento con l’ELLADE, cioè la Grecia antica, che riunisce in sé tutti i significati precedenti e che rappresenta la sede del classicismo antico in cui era realizzata la perfetta sintonia tra uomo e natura e tra natura e poesia; l’Ellade  è pertanto non  solo un luogo geografico ma anche un luogo mitico. Sono presenti due tipi di isotopie (termini simili che appartengono ad uno stesso gruppo semantico): l’isotopia legata alla terra (ISOLE PETROSA TERRA), l’isotopia legata all’acqua (SPONDE ONDE FECONDE  FRONDE/ GIACQUE NACQUE TACQUE ACQUE). Gli elementi presenti possono essere così suddivisi: NEOCLASSICI – ZACINTO patria greca, VENERE, OMERO, ULISSE – e  PREROMANTICI – TEMA DELL’ESILIO, TEMA DELLA PATRIA, IL FATO AVVERSO –

PARAFRASI

Non toccherò mai più le sponde sacre (consacrate dalla mitologia classica) dove giacque appena nato il mio corpo di fanciullo, mia Zacinto che specchi te stessa nelle onde del mare greco dalle quali nacque la vergine Venere e fecondò quelle isole dell’Egeo con il suo sorriso, in quel luogo dove l’illustre poesia di colui che cantò come predilette dal destino queste acque e non rinunciò a descrivere le tue nuvole limpide e la tua vegetazione e non tacque neppure nel descrivere l’esilio avventuroso grazie al quale Ulisse, reso nobile dalla gloria e dalle peripezie delle sue vicende, tornò a baciare la sua pietrosa (rocciosa e brulla, impervia) isola di Itaca. Tu, Zacinto, non avrai altro del tuo figlio che la poesia; per noi il destino ha stabilito che debba esserci solo una sepoltura non pianta perché lontana dalla terra natia.

ALLA SERA

Le prime quartine formano un unico periodo in cui la sera = morte viene descritta con toni sereni  di pace e tranquillità, mentre le due terzine formano il secondo periodo in cui la vita viene delineata con toni cupi di dolore e infelicità. Il tema principale è l’accostamento tra sera e morte, che è l’espressione della fuga da una vita di affanni e della ricerca di un “NULLA”; un non sentire per non soffrire più.

PARAFRASI

Forse tu, sera, arrivi a me così gradita perché sei l’immagine della serenità a cui il fato ci destina inesorabilmente, cioè la morte. E sia quando ti corteggiano gioiosamente le nuvole estive e i venticelli primaverili che portano il sereno, sia quando in inverno, nell’aria carica di neve, porti al mondo le lugubri tenebre di una lunga notte, possiedi serenamente i percorsi più nascosti del mio cuore. Mi fai procedere con i pensieri sulle orme dei passi che conducono all’eternità, al nulla della morte; e intanto scappa questo tempo cattivo e passano con lui i grandi affanni; e mentre guardo la tua pace, sera, si assopisce quello spirito battagliero che mi ruggisce nel petto.