Crisi del Rinascimento

Crisi del Rinascimento

MANIERISMO E BAROCCO


(Cenni Storici)

Dopo la pace di Cateau Cambresis, alle soglie del 1600 l’Italia mostra uno scenario di crisi in tutti i campi della vita : politica, economica, sociale e intellettuale, crisi preannunciata comunque da diversi sintomi : discesa di Carlo VIII, morte di Lorenzo il Magnifico, la riforma protestante, la scoperta dell’america,

Dominio spagnolo si estende su tutta la penisola

Il sacco di roma lascia attoniti gli italiani che si erano cullati orgogliosi della loro superità nelle lettere e nelle arti.

I maggiori esponenti che avevano fatto il rinascimento erano morti : Bembo, Ariosto, Macchiavelli, Guicciardini.

PRIMA FASE DELLA CRISI : la crisi non si manifesta in tutta la sua forza, né dal punto di vista politico, né da quello sociale, di conseguenza il mondo intellettuale pare non averne alcun sentore.

L’edilizia pubblica costruisce riccamente, le manifatture di prodotti di lusso lavorano a pieno regime. La curva demografica è in salita, il tutto dura circa per tutta la prima metà del ‘500.

SECONDA FASE DELLA CRISI: Si percepisce il giogo del dominatore anche per via del forte rastrellamento fiscale, la controriforma cattolica esercita oppressivamente il controllo sulle idee e sulla stampa agendo in sinergia con il potere politico, carestie e pestilenze devastano la penisola : la curva demografica subisce un deciso arresto. Gli scrittori sono limitati nel loro operato e preferiscono andare altrove, quelli che rimangono sono costretti a conformarsi con una produzione piatta e poco creativa.

CRISI ECONOMICA NELL’ETA DELLA CONTRORIFORMA E DEL BAROCCO (‘600): L’attività produttiva nei grandi centri classici come Milano, Napoli, Venezia, mostrò una forte contrazione nel settore tessile e anche gli altri settori produttivi non riuscivano ad avere una valenza tale da trainare l’economia della città e ancor meno della regione. Il commercio interno è molto limitato anche a causa delle grandi epidemie che hanno decimato la popolazione. Cessa la rivoluzione urbanistica avuta luogo nel ‘500 e molti documenti attestano la preponderante costruzione di case rurali. Il fenomeno della disoccupazione assume proporzioni mai viste : a Milano sono disoccupati circa metà dei 500 battifogli, metà delle 10.000 donne filiere e di 10.000 addetti alla preparazione delle calze. Un terzo dei 20.000 addetti al setificio era disoccupato. Come diretta conseguenze di ciò si sviluppa il fenomeno del vagabondaggio e non a caso vede la luce proprio nei primi decenni del secolo il “manuale del vagabondaggio” ad opera del frate domenicano Giacinto Nobili.

CHIESA : un ruolo fondamentale in questo periodo lo svolge la Chiesa che riconquista la posizione che aveva nel medioevo e che le era venuta meno durante l’umanesimo e il rinascimento. La riforma protestante aveva slegato dal monopolio della chiesa romana buona parte degli stati europei e ciò provocò la decisa reazione di quest’ultima. Tale reazione assume spesso il termine di “riforma cattolica” o “controriforma”. Il primo termine meglio sta ad indicare l’ondata di risanamento religioso operato nella chiesa le cui devianze erano state denunciate da Lutero : vengono creati nuovi ordini tra i quali spiccano i fatebenefratelli e i gesuiti, la chiesa ritorna all’esempio evangelico, viene operato un generale risanamento morale del clero, etc.

Il termine controriforma , d’altro canto, dà maggior rilievo all’opera di repressione che la chiesa, grazie alla creazione degli strumenti dell’“Inquisizione” e dell’”indice dei libri proibiti” esercita attivamente sulla produzione intellettuale e su chiunque devii dai suoi principi e dogmi.

L’ordine dei Gesuiti assume un importanza capitale perché da un lato rappresenta il braccio “duro” della chiesa operando attivamente nel tribunale dell’inquisizione, anche per via del “quarto giuramento”, dall’altro, con la creazione di scuole e istituti, monopolizza e diffonde la cultura, mentre i fatebenefratelli e altri ordini portano la carità e gli aiuti cristiani al popolo bisognoso.

(Letteratura)

CULTURA : lo stesso contrasto che abbiamo potuto rilevare nella chiesa lo troviamo anche nella cultura, non solo per il netto contrasto tra l’esiguo nucleo di intellettuali rispetto alle grandi masse di analfabeti, ma anche per le fortissime differenze che, tra gli intellettuali stessi, separavano gli uomini aperti alla critica, alle nuove idee, alla curiosità intellettuale, dagli uomini chiusi a ogni novità e riluttanti al progresso. Non è una caso che tanta letteratura di questo periodo prendesse in prestito dal rinascimento la figura del “pedante” e le desse dei connotati critici. Il personaggio del “pedante” nel ‘500 era la caricatura del dotto umanista, tutto preso dai suoi studi, parlante più latino che italiano, inadatto alla vita. Nell’ultimo ‘500 e nel ‘600 il pedante rappresenta l’aristotelico negatore della scienza, avversario di Copernico e di Galileo, esponente della cultura accademica e ufficiale. Di fronte alla nuova visione del mondo che la scienza ha mostrato le reazioni dell’intellettuale seicentesco sono contraddittorie : da un lato ci sono i gesuiti che obbediscono senza discutere come un cadavere, vi è il cardinale Bellarmini che dice che anche qualora fossero dimostrate in maniera indiscussa le teorie Copernicane/Galileiane si dovrebbe essere comunque cauti nel criticare le scritture, vi sono i peripatetici che si rifiutavano di credere a quanto avevano visto con i loro occhi al telescopio perché andava contro le teorie Aristoteliche. Dall’altro lato vi è il Campanella dice “può nova progenie canto novello fare”, vi è Giordano Bruno che ripudia regole e regolaristi, vi è Galilei che considera la ragione l’unica guida di cui si ha bisogno.

Abbiamo quindi da un lato l’affermazione orgogliosa della novità e della supremazia del moderno sull’antico e la fiducia nel progresso, dall’altro il misticismo religioso che induce al disprezzo del mondo.

ANTICHI E MODERNI : Nonostante queste due visioni contrastanti, nell’età della controriforma furono predominanti le coscienze orgogliose di appartenere ad un età “nuova” che la distingueva dalle precedenti. Lo spirito della cosiddetta questione “Degli antichi e dei moderni” che si affermerà verso la fine del secolo mostra ora i suoi segni : le nuove generazioni per affermare se stesse e giustificare teoricamente l’impulso che li spingeva a nuove visioni e a nuovi schemi, insorgono contro gli antichi e affermano la superiorità dei moderni che dichiarano essere i veri “vecchi” ovvero i veri “sapienti”. Questo atteggiamento mentale e morale è alla base di gran parte della cultura barocca; contribuivano al suo affermarsi le scoperte geografiche, quelle astronomiche, le invenzioni rivoluzionarie come la stampa, la calamita, le armi da fuoco ed’è per questo che nessuna parola come il termine “nuovo” è stata ripetuta tante volte in questo secolo. Il Campanella scriveva “c’è più istoria in cent’anni che non in quattromila e più libri si fecero in questi cento che non in cinquemila” mentre Emanuele Tesauro esaltava la superiorità della lingua contemporanea rispetto a quella dei secoli precedenti.

CONTRORIFORMA, MANIERISMO, BAROCCO: Considerando quanto abbiamo finora esposto è facile capire perché questa età sia stata battezzata in modo diverso a seconda che lo storico abbia voluto sottolineare in aspetto piuttosto che un altro : ora “età della controriforma” per sottolineare l’evento che maggiormente influì sulla vita sociale e intellettuale, ora “età del barocco” dal nome che fu dato , prima con una nota dispregiativa, poi con connotazione neutra, alle arti figurative, alla letteratura, alla musica, al sentimento e al costume. Al suo interno questa età può essere articolata in più fasi : manierismo, barocco e dissoluzione del barocco. Nella prima si hanno gli ultimi strascichi di spirito rinascimentale, nella seconda su vive appieno lo spirito di rinnovamento, e infine nella dissoluzione del barocco abbiamo l’affacciarsi di una stanchezza delle poetiche e dei modi barocchi mentre nuovi eventi storici aprono la strada a nuovi modi di vivere, di pensare e di esprimersi.

MANIERISMO (fine del rinascimento): Nella seconda metà del ‘500 si avverte un senso di fallimento, di stanchezza e di grigio conformismo, si cercano ragioni che giustifichino la propria attività di scrittori. Il ricorso agli antichi che aveva funzionato da spinta competitiva, ora invece ha azione cristallizzante ed esclude la possibilità di compiere grandi opere. Gli intellettuali vivono le nuove preoccupazioni religiose, alcuni accettano le tesi protestanti, altri vivono una rinnovata fede cattolica, ma comunque con col turbamento che la letteratura umanistica con il suo rifarsi alla civiltà antica non poteva accordarsi con la fede cristiana. A indicare questa fase di crisi del rinascimento si usa il termine “Manierismo” il cui significato, tutt’altro che univoco è usato variamente sia per il periodo cronologico sia per i fenomeni che lo riguardano. Per alcuni è un cuscinetto tra il rinascimento e il barocco, per altri è parte del rinascimento del quale è espressione della crisi, per tal’altri ha caratteristiche sue definite.

In questo modo, nella seconda metà del ‘500, coesistettero talvolta legate tra loro, due concezioni diverse della poesia. Da un lato un classicismo fondato sulla ragionevolezza e la misura, dall’altro un barocco fondato sulla ricerca della meraviglia e della sensualità. E’ importante notare che queste due strade non erano tanto contrastanti e inconciliabili. Spesso gli uomini che seguirono una, batterono pure l’altra facendo sì che nella seconda metà del ‘500 e nel ‘600 si ebbe un’arte tutt’assieme decorosa e sensuale, regolata da principi classici e contemporaneamente anticlassica, piena di preoccupazioni moralistiche e religiose e aspirante continuamente a superarle in un gioco di immaginazioni e fantasie.

UN GENERE NUOVO: IL DRAMMA PASTORALE : in questa società dove i principi rinascimentali in disfacimento si intrecciavano con i primi ardimenti del sentimento barocco prese forma un genere letterario : il “dramma pastorale”. Nelle corti rinascimentali era già in uso rappresentare a sopratutto da parte di dilettanti delle opere dalla struttura molto elementare che avevano come sfondo i protagonisti propri della poesia pastorale : pastori, ninfe, satiri,

Ma è al Giraldi e al Beccari che si deve l’intenzione di dare vita ad un genere nuovo che fosse una via di mezzo tra la tragedia e la commedia, ma rispettando comunque il regolismo aristotelico.

La Tragicommedia era appunto la mescolanza di elementi tragici e di quel lieto fine che pareva proprio della commedia. Il nuovo genere trovò anche dei duri avversari che rimproveravano la mescolanza di genere della quale non vi era esempio nella “Poetica Aristotelica” e che non vedevano di buon grado una poesia abbandonata all’esaltazione della voluttà e dell’amore.

Ma non meno tenaci furono le argomentazioni in difesa del nuovo genere come ad esempio quella del Guarini che fa presente che in natura vi sono essere nati dalla mescolanza di genitori di natura diversa.

Il “Dramma Pastorale” diviene quindi il genere nel quale s’incontrano le esigenze contrastanti della società in questa prima fase dell’eta della controriforma conciliando il regoliamo aristotelico proprio del tempo con la nuova sensibilità all’esaltazione dell’amore, della passione e della sensualità.

Le due opere del genere che furono riconosciute dai contemporanei come capolavori di fama europea furono l’ “Aminta” del Tasso e “il Pastor Fido” di Battista Guarini al servizio della corte estense dopo l’allontanamento del Tasso.

ACCADEMIA DELLA CRUSCA : Nata a Firenze da riunioni amichevoli, fu “presieduta” da Leonardo Salviati . La Crusca, facendo seguito alla proposta del Salviati si occupò anche della stesura della prima edizione del “Vocabolario” nel quale si raccoglievano tutti i vocaboli trovati nelle “buone scritture” prima del quattrocento e accettando del cinquecento solo quelli che si fossero rifatti ai primi secoli. In questo modo l’accademia della Crusca si riteneva custode della “buona tradizione” e se da un lato portò nei secoli seguenti ad una sorta di “congelamento” del patrimonio linguistico in una tradizione arcaica e strettamente letteraria, dall’altro, con tutti i suoi difetti rappresentava un’opera lessicografica notevole per i suoi tempi.