Correnti letterarie del 900 italiano

Correnti letterarie del 900 italiano


L’ERMETISMO

Origine

Col termine ermetismo viene indicata la scuola di un gruppo di poeti attivi a Firenze negli anni ’30 e ’40, la cui caratteristica principale è quella di utilizzare un linguaggio oscuro e difficile, ermetico appunto; il termine e l’aggettivo corrispondente derivano, infatti, da Hermes Trismegisto (tre volte grande), mitico personaggio cui venivano attribuiti testi filosofici, magici e religiosi (i testi ermetici) ritenuti antichissimi (in realtà non anteriori al 2° e 3° d.C.) e depositari di un sapere segreto ed elitario, di ardua decifrazione, e che poneva un diretto contatto con Dio, questi testi verranno studiati a fondo da alcuni scrittori del ‘400, di qui il termine ermetico passò ad indicare qualcosa di oscuro e misterioso, la cui conoscenza di difficile comprensione è riservata a pochi.

 

Dal punto di vista metrico furono molto sfruttati, dai poeti ermetici, settenario ed endecasillabo, metri mobili della tradizione italiana e le forme brevi e chiuse come il sonetto.

L’esperienza ermetica, sviluppatasi durante gli anni del fascismo, in un clima quindi di chiusura intellettuale, ha dato origine a contrapposte interpretazioni: c’è, infatti, chi ha visto nell’isolamento degli ermetici una posizione di distacco dai problemi sociali e un tacito consenso al fascismo, e chi invece considera quell’esperienza un impegno nel disimpegno, una forma di resistenza passiva al regime a cui non era possibile opporre alternative.


Il rifiuto del ruolo dell’intellettuale

All’idea di una poesia capace di dare senso alla realtà nel suo complesso secondo modalità e finalità proprie, corrisponde il distacco quasi totale del poeta dalla realtà storica e sociale che lo circonda. Di fatto, non si può dimenticare che molti si schierarono, durante il fascismo, per il regime, come Ungaretti, o al contrario come Montale che firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti mostrando fin dall’inizio la propria volontà d’opposizione. Alcuni critici rimprovereranno all’ermetismo questo programmatico distacco dalla storia e dalla società del tempo. Le ragioni di questa voluta lontananza dagli impegni, come modo specifico dell’intellettuale di mettere le proprie capacità di comprensione e rappresentazione della realtà al servizio del pubblico, stanno tutte in due testi estremamente significativi: “Non chiederci la parola” e “Alle fronde dei salici” di Quasimodo.


 NEOREALISMO

Termine inizialmente usato in campo cinematografico, cominciò a diffondersi per indicare la tendenza, collocabile tra il 1945 e il 1955 di una letteratura che si basava sull’esperienza diretta della realtà. La tradizione del neorealismo era rappresentata in campo letterario da grandi esempi di narrativa di fine 800 (Tolstoj, Zolà, Verga, De Roberto). La guerra, la fine del fascismo, la lotta partigiana, i gravi problemi sociali del dopoguerra, il riaccendersi del dibattito politico, i nuovi progetti ideologici e le nuove speranze costituiscono un quadro storico che fa da sfondo al neorealismo. Secondo Italo Calvino (1923-1985), nel neorealismo deve vedersi “prima che un fatto d’arte, un fatto fisiologico, esistenziale, collettivo”; l’umanità prosegue Calvino e ha partecipato a grandi fatti, e perciò in essa esplode la voglia di raccontare. Ciò che accomunava gli scrittori neorealisti era l’esigenza di una letteratura che fosse testimonianza, che riuscisse a mettere in primo piano la vita dell’Italia uscita dalla guerra e dal fascismo, il tentativo, dopo l’isolamento del primo 900, di stabilire un rapporto tra intellettuali e masse popolari, il nome di cultura impegnata e portavoce di problemi umani sociali.


IL DIBATTITO SUL NEOREALISMO

Intorno alla metà degli anni 50 nacque un acceso dibattito sul neorealismo e sulla letteratura generale. Il corso della storia, le mutate esigenze sociali e la penetrazione in Italia di diverse esperienze artistiche furono i presupposti per l’affermazione per un nuovo clima culturale e per la ricerca di nuove poetiche e tecniche narrative in direzione di un superamento del neorealismo. Uno dei principali rappresentanti del neorealismo è Vasco Pratolini, uno dei di scrittori del gruppo fiorentino che, negli anni 30, dette origine al “nuovo realismo”. Nelle sue opere confluiscono ideologie, impegno e sentimentalismo, tutti elementi della sua formazione. I romanzi “I quartieri” e “Metello”; ha come tema della vita di un operaio delle prime rate organizzate della classe lavoratrice tra fine 800 e primi 900. La pubblicazione del romanzo Metello segna comunque una svolta nel clima culturale italiano: il neorealismo è ormai finito e soprattutto nell’ambito della sinistra che si vede sempre più emarginata, si comincia a parlare di crisi dell’impegno. Il neorealismo come tendenza di scuola s’impose con altri due romanzi: “L’Agnese va a morire” di Renata Viganò e “Le terre del sacramento” di Francesco Iovane che si riallaccia alla tematica meridionalista.

 

POSITIVISMO: il positivismo è un insieme di indirizzi filosofici che celebrano quasi a divinizzare la scienza, come strumento fondamentale del progresso umano. Sorto sulla base dell’ascesa della borghesia (800) nel clima di esaltazione determinato dal progresso scientifico e tecnologico, incide a sua volta sull’organizzazione tecnica – scientifica – industriale dell’età moderna. All’interno del positivismo si distinguono:

il positivismo sociale di Auguste Conte (filosofo): la scienza cioè le leggi che regolano il mondo fenomenico, è l’unica forma di conoscenza possibile, e l’unico metodo valido per l’indagine è quello oggettivo, sperimentale; la scienza deve porsi a fondamento di tutto l’ordine sociale.

La teoria dell’evoluzione di Darwin. Darwin sostiene che la specie si evolve positivamente e indefinitamente nel tempo, a prezzo però di una lotta feroce e i gruppi combattono per la sopravvivenza e che elimina il più deboli.

 

Il nuovo quadro politico, la crisi del positivismo e le sue conseguenze

 

QUADRO POLITICO: il positivismo aveva fornito una giustificazione teorica alle speranze di una maggiore giustizia sociale e di un ordinato progresso che la realtà contraddiceva. Il quadro politico dell’Europa alla fine dell’800, che si complicherà durante il 900 fino a sfociare in due guerre mondiali, presenta gravi motivi di inquietudine. Lo sviluppo dell’industrializzazione e del capitalismo accentua la lotta per la conquista dei mercati e delle fonti delle materie prime; l’amor di patria si trasforma in aggressivo nazionalismo.

CRISI DEL POSITIVISMO: questa situazione concorre alla crisi del positivismo che era oggetto di una profonda critica. Il rifiuto del positivismo avvenne anche da parte di coloro il cui sogni di gloria e di potenza contrastavano proprio con gli ideali democratici e socialisti che, almeno in alcune interpretazioni si accompagnavano al positivismo stesso.

Di qui fermarsi e il rifinire di correnti idealistiche e spiritualistiche, e insieme il diffondersi di atteggiamenti culturali diversi e perfino opposti, che sono accomunati dalla rifiuto della ragione (del superomismo, al mito dell’infanzia). Il superomismo è la dottrina di Nietzsche (1844- 1900) per la quale il superuomo diventa il protagonista della storia. Tutti i il valore della civiltà occidentale – religione, scienza, morale – per Nietzsche sono mistificazioni volute dalla massa per ostacolare il cammino degli uomini superiori: e sono il risultato dello Stelvio si ricorso dei millenni della “originaria volontà di potenza”, asse dell’energia e dei suoi valori vitali (l’aggressività, l’istinto).

L’estetismo: è l’atteggiamento che ritiene fondamentali i valori estetici e riduce in subordine tutti gli altri (anche e soprattutto quelli morali). Nei valori estetici di questo periodo l’intellettuale ravvisa un mezzo per distaccarsi sprezzantemente dalla massa (riconoscendo però in questo modo la sua condizione di isolamento). Perciò è costretto a rifiutare tutto ciò che è banale, insignificante, meschino. tipici esempi Oscar Wilde (il ritratto di Dorian Grey) e D’Annunzio.

 

DECADENTISMO: il termine decadentismo è oggi assunto, il senso storico, per indicare la cultura di un periodo di profonda crisi della società dell’ultimo ventennio dell’800, fino all’incirca alla vigilia della 2ª guerra mondiale. Dopo il 1870 si registra un mutamento degli orientamenti della politica europea, l’involuzione politica della borghesia e sul piano culturale, la crisi del positivismo e l’affermarsi di nuovi indirizzi di pensiero che hanno in genere un comune quadro irrazionalistico.

 

DECADENTISMO IN ITALIA: gli intellettuali italiani accolgono i miti irrazionalistici d’oltralpe; sul piano letterario: esigenza di rottura nei confronti della tradizione altocentrata (Pascoli, D’Annunzio, crepuscolare, futuristi, vociarni). Gli intellettuali che avevano avuto la funzione di guida della società, entrano in una crisi profonda non hanno più una collocazione, una funzione nella società, non hanno più valori,, ideali in cui credere e da trasmettere agli altri. L’artista di fronte al progredire della cultura scientifica e della polemica contro il positivismo finisce per sentirsi isolato e frustrato e subentra in lui una notevole sfiducia nella ragione e nei suoi mezzi di conoscenza derivano da queste premesse delle caratteristiche dei decadenti. Fuga dalla realtà, in varie direzioni: fuga nelle campagne e fuga dell’infanzia. Il decadente si sente contemporaneamente estraneo e superiore agli altri.


 SIMBOLISMO

Il simbolismo in Francia tra il 1880 e il 1890- i maggiori rappresentanti sono: Baudelaire, Rimbau, Verlaine, Malarmé (poeti maledetti).

L’intuizione fondamentale del simbolismo è che sotto la realtà apparente, si nasconde un’altra realtà profonda e misteriosa a cui si può giungere solo per mezzo della poesia. I simbolisti elaborano un linguaggio nuovo non più logico, ma analogico, che permetteva di portare alla luce le corrispondenze e i misteriosi legami esistenti tra le cose più diverse. I simbolisti accentuarono l’aspetto musicale del linguaggio privilegiando il suono rispetto al significato delle parole, che in tal modo diventano simboli, si caricano di una forza misteriosa ed evocativa, capace di far intuire verità sconosciute. Per i simbolisti la natura è una foresta di simboli fatta di corrispondenze tra profumi, colori e suoni, che solo il poeta riesce a decifrare.

 

Il simbolismo è il movimento che più efficacemente sviluppa i motivi del decadentismo. Precorso da Baudelaire (francese) e successivamente rappresentato da Verlaine,Mallarmè e Rimbaud, elabora una poetica che si pone a fondamento di tutta la poesia “decadente”. Per i simbolisti la realtà vera non è quella dell’esperienza o della scienza, o della ragione, è qualcosa di più profondo e misterioso, che può essere inteso soltanto dalla poesia. Il poeta rinuncia alla funzione di Vate (profeta – indovino) ma aspira a risalire alle sorgenti stesse dell’essere; vuol farsi “veggente”, rivelatore dell’ignoto, percettibile per “illuminazioni”, e dell’inconscio, attraverso corrispondenze ed analogie, cioè, interprete destinatario dei simboli della natura. Il discorso poetico si svolge al di là dei tradizionali schemi sintattici, metrici, retorici, rifiuta ogni struttura tradizionale e segue un ritmo, una sua musica che è quella della parola rivelazione.


 LE ORIGINI DEL FUTURISMO

Il futurismo fu il primo movimento italiano d’avanguardia, la cui importanza storica consiste nell’avere elaborato una poetica coerente ed estesa a tutti i campi dell’esperienza umana, dalle lettere alla musica, alle arti figurative e alla politica.

Il futurismo nasce ufficialmente a Parigi il 20 Febbraio 1909, con la pubblicazione su giornale “le figarò” di Parigi del manifesto del futurismo di Filippo Tommaso Martinetti, italiano nato in Egitto e formatosi culturalmente in Francia, considerato il fondatore del movimento. Il movimento nega polemicamente il passato riproponendo un nuovo modo di intendere il rapporto tra arte e vita, tra individuo e società. I futuristi accusano il passato di mediocrità, assenza d’eroismo e vitalità: considerano l’arte ufficialmente retrograda, inadatta alla nuova realtà del ‘900 e accusano inoltre i governi del tempo d’essere troppo cauti, pacifici, tesi al conseguimento d’interessi economici, incapaci di dare spazio alla gioventù, all’entusiasmo, al rinnovamento, alla guerra considerata “sola igiene del mondo”. I futuristi affermano, in alternativa, un nuovo ideale di società, rinnovato da macchine potenti e veloci, dal militarismo, dalla guerra, dalla distruzione di musei e biblioteche, luoghi della cultura tradizionale, essi esaltano invece la civiltà industriale e l’alleanza dell’uomo con le macchine, contro l’immobilità dell’estasi e del sonno, considerati passatisti. Nel manifesto di Martinetti sonno annunciati nuovi temi e soggetti di poesia: “le grandi folle agitate dal lavoro”, il movimento aggressivo, il passo di corsa, il militarismo e il patriottismo: tutti miti che si fermeranno più tardi nel clima politico del fascismo


LA POETICA 

I futuristi elaborano in ambito artistico nuove forme espressive, più adeguate a riprodurre il dinamismo del nuovo mondo. Martinetti, nei suoi scritti, teorizza parole in libertà: manciate essenziali senza alcun ordine convenzionale.

Perché l’artista abbia la possibilità di riprodurre simultaneamente le sue molteplici sensazioni, deve sopprimere ogni controllo razionale: abolire la sintassi, usare il verbo all’infinito che dà allo stile maggiore velocità, eliminare l’aggettivo e l’avverbio. Occorre abolire la punteggiatura e valersi piuttosto di segni matematici (+, -. *, >, <) e notazioni musicali (presto, adagio, rallentando) per regolare la velocità dello stile. Tra i principi fondamentali del futurismo c’è poi l’uso dell’onomatopea, per rendere suoni e rumori anche i più cacofonici (effetto sgradevole prodotto dalla ripetizione ravvicinata di uno stesso suono) della vita moderna e dell’analogia. Invece dell’immobilità e del sonno che secondo Martinetti avevano segnato fino ad ora il futurismo propugna l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno. Vengono rifiutati i temi tradizionali e l’organica disposizione delle parole nel discorso (le parole saranno come in libertà); la sintassi deve essere distrutta, i sostantivi devono essere collocati a caso come nascono.

Il futurismo non ha prodotto grandi opere nell’ambito della letteratura, in Italia tuttavia, ebbe una notevole risonanza e contribuì a provincializzare la cultura e a rinnovare temi e forme letterarie. I centri più importanti del movimento futurista in Italia furono: Milano e Firenze. La fase più significativa della lunga vicenda artistica e letteraria del futurismo è quella che va dal 1809 alla 1ª Guerra Mondiale. Dopo la guerra Martinetti cercò di riorganizzare il movimento, soprattutto con iniziative nel campo delle arti figurative (pittura, architettura); questa seconda fase durò fino alla morte del Martinetti nel 1944.

Un ruolo importante per la diffusione del futurismo ebbe la rivista “Poesia”, fondata da Martinetti nel 1905, poi dal 1913 anche la rivista “Lacerba” dedicherà ampio spazio al futurismo fino al 1915, anno in cui cesserà la pubblicazione in coincidenza con l’entrata in guerra dell’Italia. Tra gli autori che aderirono fin dall’inizio al movimento, oltre a Marinetti, ricordiamo Paolo Buzzi, Ardengo Soffici e Corrado Govoni. 

 

LA NOVITA’ DEL LINGUAGGIO

Nelle liriche che hanno come oggetto l’osservazione della natura, la poesia di Pascoli tende ad eliminare le congiunzioni con rapidi accostamenti sensoriali, prevalentemente visive ed acustiche attraverso procedimenti quali ad esempio:

ANALOGIA: rapporto d’identità tra due elementi, una similitudine in cui viene soppresso il come.

SINESTESIA: consiste nell’accostare nella stessa espressione indicazioni relative a campi sensoriali diversi (vista – udito).

ASSONANZE: rime imperfette relative alle vocali e non alle consonanti, esempio: pane – fame.

ALLITTERAZIONE: ripetizione di suoni identici o simili nella parte centrale o iniziale della parola.

ENJAMBEMENTS: si verifica quando in un verso non si esprime il concetto compiutamente ma si completa nel verso successivo.

ONOMATOPEA: espressione che riproduce attraverso suoni della lingua rumori o suoni di cose che si vogliono rappresentare.

Dal punto di vista metrico pur conservando lo schema strofico della tradizione italiana, Pascoli lo rinnova dall’interno attraverso spezzature sintattiche, richiami fonici, assonanze e rime interne.

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