Confronto tra Achille e Odisseo

Confronto tra Achille e Odisseo

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Achille

Achille è il protagonista dell’Iliade.
Nel proemio è descritta la sua ira nei confronti di Agamennone, capo della spedizione, che pretende di ottenere per sé la schiava di Achille (Briseide) poiché egli deve restituire la propria (Criseide) al padre Crise, sacerdote di Apollo, per placare gli dei. Per dispetto, quindi, Achille decide di non combattere più.
Patroclo, suo grande amico, si ritira anch’egli dai combattimenti, ma vedendo l’esercito greco soccombere sotto i Troiani, chiede di poter tornare sul campo di battaglia, dove combatte coraggiosamente ma viene ucciso da Ettore.
Per vendicare Patroclo, Achille decide di tornare a combattere (con nuove armi donategli dalla madre Teti), compiendo grandi stragi di nemici, fino a saziare la propria ira uccidendo Ettore.
Priamo, re di Troia e padre di Ettore, si reca presso i Greci per ottenere che Achille gli restituisca il corpo del figlio; Achille acconsente mosso da pietà.

Figlio della ninfa Teti e di Peleo, re di Ftia, Achille non viene descritto fisicamente da Omero (si sa solo che è biondo), ma gli vengono attribuiti epiteti che descrivono la sua origine divina (Achille divino, pari agli dei) e alcuni suoi attributi (piede rapido, glorioso, veloce, perfetto, luminoso).
Nello “scontro tra Achille e Agamennone” (libro I, vv.101-246) sembra una persona ragionevole ma troppo impulsiva, che si fa prendere facilmente dall’ira; ho potuto riconfermare quest’impressione nella “morte di Ettore” (libro XXIII, vv.131-374) in cui, accecato dall’ira, dopo aver ucciso moltissimi eroi troiani, si trova faccia a faccia con colui che ha ucciso il suo amico Patroclo e, aiutato dalla dea Atena che tende un inganno a Ettore, lo uccide e poi ne dilania il corpo attaccandolo a un carro cui fa fare numerosi giri intorno alle mura di Troia.
Non è però un personaggio totalmente negativo: quando Priamo si reca presso le navi degli Achei con un immenso riscatto per avere il corpo del proprio figlio, Achille si commuove alle sue parole, e pensando al proprio padre piange, ma non dà a vedere che restituisce il corpo di Ettore perché mosso da compassione, piuttosto dice che è stata la madre Teti a convincerlo.


Odisseo

Odisseo è un personaggio meno rilevante rispetto ad Achille nell’Iliade. È uno dei componenti della spedizione a Troia, uno dei tanti re che combattono al fianco di Agamennone e Menelao, che si distingue per la saggezza e l’astuzia.
È figlio di Laerte e re di Itaca; sposato con Penelope, ha un figlio, Telemaco.

Priamo, nel vederlo tra i tanti combattenti, chiede a Elena (libro III, vv.191-223) chi sia quell’uomo “più piccolo della testa di Agamennone Atride, ma più largo di spalle e di petto a vederlo” che si aggira tra le schiere dei guerrieri come “un ariete dal vello folto, che s’aggira fra un gregge grande di pecore bianche”.
Quando Elena gli dice che è Odisseo, Priamo ricorda di una volta che l’aveva incontrato: erano venuti a Troia lui e Menelao in ambasciata per Elena. Stando in mezzo ai troiani, egli si distingueva per la maestosità; ogni volta che si alzava, secondo Priamo sembrava un pazzo, perché non muoveva lo scettro, restava immobile, ma quando parlava, con parole “simili a fiocchi di neve d’inverno”, nessuno osava contraddirlo né tantomeno si curava del suo strano aspetto.
È una figura molto positiva, stimato da tutti per la saggezza e la forza.
Diomede (libro X, vv.240-247), dovendo scegliere un compagno, chiede l’appoggio di Odisseo, così saggio e forte da potersi tirar fuori indenne dal fuoco ardente.
Accerchiato dai Teucri (libro XI vv.396-488), Odisseo ne fa strage per poi essere ferito (non mortalmente grazie all’intervento di Atena) dal nobile Soco,che perisce sotto la sua lancia. Poiché ferito, viene accerchiato nuovamente dai Troiani, ma Aiace Telamonio e Menelao vengono in suo soccorso.
Un altro episodio di cui è protagonista Odisseo si ha durante i giochi organizzati per la morte di Patroclo (libro XXIII, vv.700-784), nei quali egli dimostra il suo coraggio e le sua forza: durante la lotta con Aiace Telamonio, tutti e due sono molto forti e la gara finisce in parità, poiché viene interrotta da Achille; durante la gara di corsa, invece, è secondo a breve distanza dal primo, che non riesce a superare, quindi invoca Atena la quale fa in modo che il compagno Aiace cada; questi si accorge dell’ inganno perpetrato da Odisseo per ottenere la vittoria e lo denuncia in pubblico, ma tutti ridono di lui perché ripongono grande stima in Odisseo.

Per enfatizzare la sua forza e la sua astuzia gli vengono attribuiti epiteti quali “forte con l’asta, caro a Zeus, glorioso, cuore costante, divino, accorto, abilissimo, costante, ingegnoso”.

La differenza principale tra i due eroi sta nell’importanza attribuita da Omero nella narrazione: Achille infatti è onnipresente, è sempre il più forte, il più glorioso di tutti, anche se talvolta, accecato dall’ira, agisce secondo l’istinto e non secondo la ragione, mentre Odisseo è, come altri eroi, in secondo piano rispetto ad Achille, ma riveste un ruolo importante, poiché stimato da tutti i guerrieri achei, e, con la sua astuzia, riuscirà a far vincere i Greci dopo dieci anni di guerra (grazie al Cavallo di Troia) e a tornare in patria sano e salvo nonostante l’avversione di alcuni dei (in particolare Poseidone) che allungheranno il suo viaggio, facendolo durare dieci anni (come è raccontato nell’Odissea).