CICERONE OPERE POETICHE
Per amor del vero bisogna dire che la produzione poetica di Cicerone è stata la parte più sbeffeggiata e considerata negativamente, sia dai contemporanei sia dai posteri, delle sue opere.
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- De consulatu suo (60 a.C.): sono tre libri, scritti per onorare il suo operato al consolato, cosa che gli era valsa il titolo di pater patriae. Cicerone aveva chiesto al poeta greco Aulo Licinio Archia di comporlo, ma, a seguito del suo rifiuto netto, decise di scriverlo da solo. L’opera fu derisa dai contemporanei per il tono spiccatamente adulatorio del testo (Giovenale, poeta latino del I d.C., lo derise tantissimo.
- Aratea: l’opera purtroppo non ci è arrivata integra, bensì frammentaria. Sappiamo tuttavia che si trattava di una traduzione completa dei Fenomeni di Arato di Soli (poeta greco del IV-III a.C.). Ebbe molta fortuna nell’antichità, quindi spesso abbiamo frammenti anche abbastanza lunghi. L’andamento è estremamente magniloquente e grandioso, con uno stile molto elevato, simile a quello di Ennio e Lucrezio. (per una trattazione più completa degli Aratea si veda QUI)
La sua influenza come versificatore non è da sottovalutare, perché aiuta a regolarizzare l’esametro latino, creando una struttura duttile, ma elegante, ponendo le basi per l’esametro della poesia augustea. Non a caso echi della poesia ciceroniana si sentono in poeti quali Virgilio georgico, Ovidio e Orazio.