CICERONE OPERE POETICHE

CICERONE OPERE POETICHE

Quem neque tempestas perimet, neque longa vetustas interimet stinguens praeclara insignia caeli 
“che né tempesta distruggerà né lunga vetustà logorerà, spegnendo le fulgide insegne del cielo” (framm 2 Aratea).
 

Per amor del vero bisogna dire che la produzione poetica di Cicerone è stata la parte più sbeffeggiata e considerata negativamente, sia dai contemporanei sia dai posteri, delle sue opere.

Non abbiamo purtroppo granché di questa parte, segno evidente della sua scarsa fortuna nell’antichità e nel Medioevo. Si sa che Cicerone fu severo critico di poesia, basti pensare alle definizioni da lui date a Catullo e alla sua cerchia, poi diventate canoniche (poetae novi, cantores Euphorionis e neoteroi) o ai giudizi espressi su Lucrezio e altri poeti contemporanei. Alla base della sua critica si ha sicuramente una conoscenza solida e forte della poesia greca, soprattutto di età ellenistica (Euforione era un poeta di età ellenistica, particolarmente oscuro e involuto, molto complesso e con un stile estremamente aulico, elevato e pomposo), ma anche della poesia latina arcaica (i maggiori frammenti di autori arcaici latini come Ennio, Accio o Pacuvio si trovano in testi di Cicerone, che molto spesso li cita a modello).
La sua preferenza era alla poesia arcaica, come si vede in un poema epico intitolato Marius (che raccontava le gesta di un altro arpinate), chiaramente legato a Ennio.
Le due opere principali questo gruppo sono sicuramente:
    1. De consulatu suo (60 a.C.): sono tre libri, scritti per onorare il suo operato al consolato, cosa che gli era valsa il titolo di pater patriae. Cicerone aveva chiesto al poeta greco Aulo Licinio Archia di comporlo, ma, a seguito del suo rifiuto netto, decise di scriverlo da solo. L’opera fu derisa dai contemporanei per il tono spiccatamente adulatorio del testo (Giovenale, poeta latino del I d.C., lo derise tantissimo. 
    2. Aratea: l’opera purtroppo non ci è arrivata integra, bensì frammentaria. Sappiamo tuttavia che si trattava di una traduzione completa dei Fenomeni di Arato di Soli (poeta greco del IV-III a.C.). Ebbe molta fortuna nell’antichità, quindi spesso abbiamo frammenti anche abbastanza lunghi. L’andamento è estremamente magniloquente e grandioso, con uno stile molto elevato, simile a quello di Ennio e Lucrezio. (per una trattazione più completa degli Aratea si veda QUI)

La sua influenza come versificatore non è da sottovalutare, perché aiuta a regolarizzare l’esametro latino, creando una struttura duttile, ma elegante, ponendo le basi per l’esametro della poesia augustea. Non a caso echi della poesia ciceroniana si sentono in poeti quali Virgilio georgico, Ovidio e Orazio.