CHI ERA DEMOCRITO

CHI ERA DEMOCRITO

CHI ERA DEMOCRITO


Democrito nacque intorno il 460 a.c. ad Abdera, dove era nato anche Protagora. Egli fu atomista, seguì cioè quelle dottrine che per un verso presuppongono l’indagine naturale dei primi pensatori e la riflessione degli aleati, ma per l’altro anche i dibattiti sui rapporti tra natura e “nomos” (legge convenzionale) e lo sviluppo delle discipline speciali. Democrito, a differenza degli altri pensatori e a somiglianza dei suoi contemporanei sofisti, scrisse parecchie opere: tramite un catalogo stilato da Trasillo nel primo secolo d.c.

sappiamo che dovevano aggirarsi intorno a cinquanta. Purtroppo ci sono pervenuti solo pochi frammenti; anche Democrito dovette recarsi una volta ad Atene, ma per il resto del tempo pare che abbia vissuto nella sua città natale, dove sarebbe morto tra il 400 e il 380 a.c. Le indagini degli atomisti, come detto, presuppongono da un lato l’interesse per i problemi posti dall’osservazione dei fenomeni naturali e, dall’altro, la riflessione degli aleati, ma al tempo stesso anche l’attenzione per la pluralità dei mondi e delle culture.


Le opere di Democrito trattavano argomenti di vario genere, si passava dalla matematica alla riflessione morale, dallo studio del linguaggio e dei poeti alla medicina e allo studio degli animali, ma alla base di tutta la sua ricerca lui poneva l’obiettivo di trovare una spiegazione causale unitaria di questa molteplicità di manifestazioni e aspetti del mondo fisico e umano. Per Democrito nulla avviene a caso, tutto avviene secondo una ragione. Questa osservazione può essere scoperta; a questo scopo non basta accontentarsi dell’osservazione della molteplicità dei fenomeni: occorre risalire mediante un procedimento intellettuale alla conoscenza di ciò che non è visibile.

Gli oggetti che noi percepiamo ci appaiono caldi o freddi, amari o dolci, ma queste qualità appartengono alla sfera di quello che la cultura del v secolo a.c. raggruppava sotto la categoria del “nomos”, ossia di ciò che è variabile, convenzionale, instabile, contrapposto al piano stabile e immutevole della natura. La vera conoscenza è quella che consente di accedere al piano nascosto che sfugge ai sensi. Qui essa trova i costituenti di tutte le cose: gli ATOMI e il VUOTO.


La parola atomo deriva dal Greco e significa indivisibile (a+temno = che non si può tagliare). Gli atomi sono quindi particelle indivisibili talmente piccole che non possono essere singolarmente percepite da alcun organo di senso.

Gli atomisti ritengono, seguendo le idee di Parmenide, che siano ingenerati ed indistruttibili. Sono dunque i costituenti ultimi della realtà. Nonostante con i pluralisti nasca la causa efficiente (ciò che mette in movimento la materia: per Empedocle la disgregazione, per Anassagora il vous ), Democrito non la accetta: secondo lui vi è un grande vuoto con atomi sparsi qua e là dotati di movimenti pulviscolari ( per capire che cosa intendesse Democrito, si può guardare la polvere contro luce ): essi vagano casualmente finchè non si urtano gli uni contro gli altri: quando si scontrano avviene un qualcosa di simile al biliardo: gli atomi (nel biliardo le palle) si scontrano e assumono nuovi movimenti. E’ una concezione materialistica, deterministica (dato un fatto A se ne verifica uno B ) e meccanicistica (vi è l’idea che il mondo sia un macchinario dove tutto avviene per contatto: viene così confutata la tesi dei fenomeni che avvengono a distanza, come il magnete di Talete ). Tutto avviene secondo una necessità. Gli atomi si distinguono tra di loro non perchè alcuni sono caldi e altri freddi o perchè alcuni sono amari e altri dolci: in poche parole non si distinguono per caratteristiche qualitative, ma quantitative. Le loro differenze sono simili a quelle che intercorrono tra le lettere dell’alfabeto, che venivano designate con il nome “stoikeia”: questo termine passerà a designare gli elementi dai quali tutte le cose sono costituite. La prima differenza che intercorre tra gli atomi è di carattere formale: per esempio A differisce da N. La seconda distinzione è di posizione: per esempio N è differente da Z, ma se si ruota N di 90 gradi si ottiene appunto Z. La terza differenza è di ordine: per esempio AN è diverso da NA. L’insieme di queste differenze è dunque il tipo geometrico, riguarda la forma e la disposizione nello spazio. Ma bisogna ricordare che la quantità di forme atomiche è innumerevole, non è ristretta al solo tipo delle grandezze geometriche regolari.

Com’è possibile che da queste particelle invisibili ed indivisibili si formino gli oggetti che si possono percepire con gli organi di senso? Come abbiamo detto prerogativa degli atomi è il loro continuo movimento “pulviscolare” che non avviene in una direzione privilegiata ed unica. In questi movimento possono incontrarsi, come le palle del biliardo: se sono incompatibili si respingono, ma se non lo sono si aggregano. Un criterio fondamentale di aggregazione è dato dal principio che il simile si aggrega con il simile. Ma non vi è un agente esterno (una causa efficiente) che fa avvenire le aggregazioni,come era invece per Anassagora e Empedocle. Fondamentale per il movimento è il vuoto (che fa le veci della tavola da biliardo): gli atomisti possono dire che il vuoto è non essere, in quanto esso non è dotato di forma individuale, di limitazione e di movimento,come invece è per gli atomi, che possono quindi identificarsi con l’essere. Nel vuoto infinito si formano e si distruggono infiniti mondi, anche diversi da quello in cui viviamo. Mediante le nozioni di atomo e di vuoto diventa possibile spiegare non solo la costituzione dei mondi e degli oggetti che ciascuno di essi contiene, bensì anche fenomeni biologici come la riproduzione o la respirazione.


L’anima è per Democrito una prerogativa degli esseri viventi. La vita, tra l’altro, è contrassegnata dal calore. A spiegare questo fatto interviene la forma propria degli atomi costitutivi dell’anima: essi sono di forma sferica, la quale è suscettibile della massima mobilità. E la massima mobilità genera il calore. In questa prospettiva la respirazione è interpretata come una funzione vitale essenziale perchè consente la continua reintegrazione degli atomi di anima che incessantemente si perdono anche per la loro costante mobilità. Quando questa reintegrazione cessa arriva la morte, caratterizzata appunto dall’immobilità e dalla freddezza. Allo stesso modo la riproduzione umana, a sua volta, è determinata dal seme costituito da atomi provenienti da tutte le parti del corpo. Ciò permette di spiegare la trasmissione di somiglianze dai genitori ai figli.

Gli stessi processi percettivi possono essere chiariti mediante il modello di spiegazione atomistica. Ogni soggetto, anche se a noi sembra immobile, è costituito di atomi intervallati dal vuoto, i quali si muovono incessantemente. Da ciascun oggetto si staccano in continuazione quelli che gli atomisti chiamano ” eidolà ” (immagini): si tratta di emissioni atomiche che conservano la figurazione degli oggetti dai quali provengono. Se il medio che queste emissioni attraversano, ossia l’aria, non è disturbato ed esse pervengono ai pori, vale a dire i condotti vuoti, presenti sulla superficie del nostro corpo, e attraverso di essi ai nostri organi di senso, si hanno le varie sensazioni della vista, dell’udito e così via. Ogni sensazione è quindi ricondotta a una forma di contatto degli eidolà con il nostro corpo. Prendiamo ad esempio l’olfatto: arrivano al nostro naso atomi di un fiore: noi lo sentiamo profumato non per il fatto che gli atomi abbiano già di per sè quell’odore, ma perchè con la loro forma mi stimolano il naso in modo tale da fiutare quell’odore. Gli odori, i sapori, i colori, esistono in me che li provo, ma non nella realtà. Ogni sensazione ci fornisce quindi informazioni sulla configurazione e sui caratteri dell’oggetto corrispondente.


Pure i sogni possono avere un contenuto informativo e trasmettere addirittura pensieri e sentimenti propri dell’individuo dal quale proviene il flusso di eidolà. Restano comunque inaccessibili ai sensi, sia nello stato di veglia, sia durante il sonno, i principi costitutivi del tutto, ossia gli atomi, nella loro singolarità, ed il vuoto. Alla conoscenza di essi si può pervenire soltanto andando oltre alla sensazione, ossia cercando la verità nel profondo, come dice Democrito, mediante l’intelletto. Solo questa è la conoscenza genuina. Dante nella Divina Commedia lo definisce ” colui che il mondo a caso pone ” perchè la pensa come Aristotele: per loro la causa più importante era quella finale, il fine delle cose: Democrito sembra invece che non individui alcuna causa, è come se per lui le cose andassero a caso, senza uno scopo.


Democrito affronta anche il problema della formazione delle società umane e dei tratti che le caratterizzano. Alla base di questa formazione è quello stesso principio di aggregazione del simile con il simile, che valeva per gli atomi. Un elemento di distinzione tra animali e uomo, un pò come i sofisti, Democrito lo ravvisa nel processo delle tecniche.

Ma Democrito fa leva ancora una volta sul principio della somiglianza per spiegare la genesi delle stesse tecniche: esse si costituiscono infatti a partire dall’imitazione delle attività animali. Per questo aspetto esiste dunque una certa continuità tra il piano della natura e quello della cultura e delle istituzioni umane. L’imposizione dei nomi alle cose è un’imposizione coonvenzionale. Così la religione sembra essere un’invenzione umana, ma in questo caso dovuta all’iniziativa di pochi uomini sapienti. Non è difficile scorgere la parentela tra queste affermazioni e quelle sofistiche, anch’esse incentrate sul binomio nomos-fusis. E’ difficile a causa dei pochi suoi frammenti pervenutici comprendere profondamente la sua indagine etico-politica. Per un verso egli continua la tradizione dell’antica saggezza, compendiata in massime che devono dirigere il proprio comportamento verso se stessi e verso gli altri. Queste massime vertono anche sui mali e sui pericoli che affliggono la società, la discordia e la stasis, il conflitto civile.

La legge secondo Democrito dovrebbe salvaguardare da questi mali. Egli mostra una decisa preferenza per la forma di governo democratica, contrapposta alla tirannide, come la libertà lo è alla schiavitù. Ma per un altro verso l’obiettivo della vita è riposto nella tranquillità dell’animo (l’ “euthymìa”), immune da passioni eccessive; il che comporta la necessità di non farsi coinvolgere troppo non solo nelle questioni private, ma neppure in quelle pubbliche. L’esercizio della virtù non è più legato in maniera determinante alla dimensione della politica: l’etica di Democrito sembra premiare lo studioso, colui che vive al di fuori della politica (un pò come era per Aristotele ). Per Democrito non vi è un luogo privilegiato in cui si debba svolgere l’attività di studioso.


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