CESARE PAVESE I MARI DEL SUD

CESARE PAVESE I MARI DEL SUD

CESARE PAVESE I MARI DEL SUD


A proposito di questo componimento Pavese dichiara: «I Mari del Sud è il mio primo tentativo di poesia-racconto e giustifica questo duplice termine in quanto oggettivo sviluppo di casi, sobriamente e quindi fantasticamente esposto». A quanto già detto nel Profilo circa la decisa polemica, nei riguardi delle tematiche e delle modalità ermetiche, che caratterizza l’iniziale attività poetica di Pavese, va aggiunto che in apertura di questo primo libro di Pavese troviamo già quella figura di “espatriato che ritorna” che con non casuale coincidenza ritroveremo nel suo ultimo libro, nell’Anguilla protagonista de La luna e i falò. La verità è che in questo primo componimento ci «sono già tutti i temi che verranno poi svolti nella più genuina produzione artistica successiva: la città (Torino) con le sue strade, le case in cemento e i lampioni illuminati; e la folla, i meccanici; le ragazze esili e bionde, e le colline delle Langhe, Canelli e la valle del Belbo con i contadini che adoperano lento il dialetto, e le cascine le vendemmie e le automobili che si sentono appena; e ancora, il senso già drammatico del silenzio e della solitudine, della vita trascorsa e fatta oggetto di memoria e, capitale nei libri della maturità, il motivo del ritorno: `uando si torna, come me a quarant’anni / si trova tutto nuovo”».
Il componimento è datato 7-14 dicembre 1930.

In aggiunta a quanto già detto nel cappello introduttivo, richiamiamo l’attenzione su una caratteristica di questo componimento: la contemporanea presenza – non ancora del tutto risolta poeticamente-di tendenze, di vocazioni assai differenti, se non antitetiche. Vogliamo dire che per un verso c’è in questo componimento l’impegno di superare il lirismo tipico della contemporanea poesia ermetica e di ancorarsi ad una concreta esperienza, ad una realtà regionale, di realizzare in poesia il racconto; per un altro verso su questa realtà Pavese esercita un processo di mitizzazione dell’immagine del cugino che alla sensibilità di chi si esprime come voce narrante appare «gigantesco» (e non solo in senso fisico, ovviamente). Questo già indica – ancora in germe- la possibilità di un superamento di quel tanto di bozzettismo naturalistico che era implicito nel progetto di “poesia-racconto” nel quale Pavese inizialmente credeva e di cui via via, nei suoi scritti teorici, vedrà i limiti.

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