CAUSE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE

CAUSE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE

CAUSE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE


Cause storiche della rivoluzione 

Per più di un secolo prima che Luigi XVI salisse al trono (1774) la Francia aveva vissuto periodiche crisi economiche dovute alle lunghe guerre sostenute durante il regno di Luigi XIV, alla cattiva gestione degli affari nazionali da parte di Luigi XV, alle perdite subite nella guerra coloniale anglo-francese (1754-1763) e all’indebitamento per i prestiti alle colonie americane in guerra per l’indipendenza (1775-1783). Poiché era sempre più insistente la richiesta di una riforma fiscale, sociale e amministrativa, nell’agosto 1774 il nuovo re nominò controllore generale Anne-Robert-Jacques Turgot, che impose severe economie di spesa. Quasi tutte le riforme furono tuttavia boicottate dai membri più reazionari del clero e della nobiltà che, appoggiati dalla regina Maria Antonietta, imposero le dimissioni di Turgot e si opposero anche al suo successore, il finanziere e statista Jacques Necker. Questi dovette a sua volta lasciare l’incarico, nel 1781 infatti, Luigi XVI sostituisce il banchiere di Ginevra con De Fleuri a sua volta sostituito nel 1783 da De Calonne. Questi pose un freno momentaneo al deficit, proponendo nel 1786 l’eliminazione delle dogane interne e propose una imposta fondiaria proporzionale alle rendite ottenute, causando una forte opposizione manifestata tramite la stampa. Negli anni successivi la crisi peggiorò e la richiesta di convocazione degli Stati generali (assemblea formata da rappresentanti del clero, della nobiltà e del terzo stato), che non si riunivano dal 1614, costrinse Luigi XVI, che non poteva ignorare la pressione dell’ opinione pubblica, ad autorizzare le elezioni nazionali nel 1788. Durante la campagna elettorale, la censura fu sospesa e la Francia fu invasa da opuscoli e giornali che tramite lo strillonaggio, diffondevano idee illuministe. Necker, nuovamente nominato controllore generale, chiese di attribuire al terzo stato, cioè alla borghesia, tanti rappresentanti agli Stati generali quanti erano quelli attribuiti al primo e al secondo stato insieme. Gli stati generali si riunirono nuovamente a Versailles il 5 maggio 1789. Le delegazioni delle classi privilegiate si opposero immediatamente alle proposte di procedura elettorale avanzate dal terzo stato, che, essendo il gruppo più numeroso, con il sistema del voto individuale si sarebbe assicurato la maggioranza. Dopo sei settimane di impasse i rappresentanti del terzo stato, guidati da Emmanuel-Joseph-Sieyès e dal conte Honoré-Gabriel de Mirabeau e in aperta sfida alla monarchia che sosteneva clero e nobiltà, si proclamarono Assemblea nazionale, attribuendosi il potere esclusivo di legiferare in materia fiscale. Privata dal re della sala di riunione, l’Assemblea per tutta risposta si trasferì nella sala attigua (20 giugno), giurando che non si sarebbe sciolta senza aver redatto una costituzione (giuramento della pallacorda). Nel 1789 De Talleyrand approva la confisca dei beni ecclesiastici, sperando di risanare il problema finanziario francese con la vendita di queste terre. Si verifica inoltre una vera e propria scissione all’interno della stessa chiesa: l’alto prelato aderì agli ideali rivoluzionari per ragioni ideologiche mentre il basso prelato fu completamente avverso al movimento rivoluzionario poiché feriva la cultura cattolica tradizionale.

La rivolta 

Di fronte alle continue sfide dell’Assemblea Nazionale e alla sedizione serpeggiante nell’esercito, il re capitolò e il 27 giugno ordinò a nobiltà e clero di unirsi ai rivoluzionari, che si proclamarono Assemblea Costituente. Allo stesso tempo, Luigi XVI radunò alcuni reggimenti stranieri attorno a Parigi e a Versailles e licenziò nuovamente Necker. Il popolo parigino reagì con l’insurrezione aperta e dopo due giorni di tumulti prese d’assalto la Bastiglia, il carcere simbolo del dispotismo reale (14 luglio 1789). Il 9 luglio 1789 l’ assemblea nazionale si procalmò Assemblea Nazionale Costituente. Luigi XVI dopo il fallimento di De Calonne fu costretto a richiamare Necker. Si era già diffusa però nelle campagne la voce che il governo avesse reclutato bande di briganti affinchè togliessero il raccolto ai contadini. Gli stessi contadini spaventati dalla possibile perdita dei propri terreni, insorsero ed il loro moto insurrezionale fu appunto chiamato “la grande paura”. L’arrivo dei reparti dell’ esercito francese, destò preoccupazione e malcontento tra i parigini che formarono una propria milizia. Prima ancora che essa potesse entrare in azione si mosse una grande folla di artigiani, commercianti e operai che decise di conquistare la bastiglia; il 14 luglio 1789 la folla assalì la fortezza e riuscì ad avere la meglio sulla guarnigione. Il 26 agosto 1789 fu approvata dall’ assemblea costituente la dichiarazione dei diritti dell’ uomo e del cittadino ed i delegati formularono gli ideali rivoluzionari condensati poi nell’espressione “liberté, égalité, fraternité”. Nel frattempo il popolo, affamato e in fermento per le voci di una cospirazione monarchica, assediò inferocito il palazzo di Versailles (5-6 ottobre). Si presumeva infatti che il Re volesse radunare l’esercito per sopprimere la rivoluzione, fu costretto quindi a ritornare a Parigi dove il popolo potè riuscire a controllare maggiormente il suo operato. Il 17 luglio 1791 i repubblicani di Parigi si riunirono al Campo di Marte chiedendo la deposizione del sovrano. All’ordine di Lafayette, politicamente affiliato ai foglianti (monarchici moderati), la guardia nazionale aprì il fuoco disperdendo i dimostranti. Nel 1793 la convenzione, trasformata in tribunale, decise di condannare a morte Luigi XVI, ghigliottinandolo.

La costituzione 

I disordini in provincia e nelle campagne spronarono la Costituente: il 4 agosto 1789 clero e nobiltà rinunciarono ai propri privilegi e, qualche giorno dopo, fu approvata una legge che aboliva i privilegi feudali, pur con alcune eccezioni. Furono proibite la vendita delle cariche pubbliche e l’esenzione dalle tasse, mentre alla Chiesa cattolica fu tolto il diritto di prelevare le decime. L’Assemblea si dedicò quindi alla redazione della costituzione. L’episodio spinse alcuni conservatori, membri della Costituente, a seguire il Re e a dare le dimissioni. L’obiettivo iniziale di una monarchia costituzionale venne mantenuto, anche se tra i membri dell’Assemblea cominciò a prevalere un certo radicalismo. La prima stesura della costituzione fu approvata dal sovrano il 14 luglio 1790, presenti delegazioni di ogni parte del paese. Le province furono abolite e sostituite da dipartimenti dotati di organi amministrativi elettivi locali; i titoli nobiliari furono soppressi; si istituì il processo davanti alla giuria per atti criminali e si prospettarono fondamentali modifiche alle leggi. Basando il diritto di suffragio sulla proprietà, la costituzione limitò l’elettorato alla borghesia e alle classi più elevate. Il potere legislativo fu conferito a un’assemblea composta da 745 membri da eleggere in modo indiretto. Sebbene il re detenesse il potere esecutivo, gli furono imposte rigide limitazioni: il suo veto aveva esclusivamente effetto sospensivo e all’Assemblea spettava il controllo sulla sua condotta negli affari esteri. La costituzione civile del clero limitò notevolmente il potere della Chiesa cattolica; i suoi beni confiscati servirono a garantire i nuovi titoli (assignats) emessi per risolvere la crisi finanziaria; preti e vescovi sarebbero stati eletti da particolari assemblee e retribuiti dallo stato, al quale essi dovevano giurare fedeltà, mentre quasi tutti gli ordini monastici dovevano essere soppressi. Nei quindici mesi tra l’accettazione della prima stesura della costituzione e il suo completamento mutarono gli equilibri di forze all’interno del movimento rivoluzionario, soprattutto a causa del clima di scontento e di sospetto diffuso tra le classi prive del diritto di voto, sempre più portate a soluzioni radicali. Questa tendenza, stimolata in tutta la Francia dai giacobini e a Parigi dai cordiglieri, si acuì alla notizia dei contatti tra Maria Antonietta e il fratello, l’imperatore Leopoldo II d’Asburgo che, come quasi tutti i regnanti d’Europa, aveva accolto i réfugiés e non nascondeva la propria ostilità di fronte agli avvenimenti francesi. Il sospetto popolare sulle attività della regina e sulla complicità del re trovò conferma il 21 giugno, quando la famiglia reale tentò di lasciare la Francia e fu catturata a Varennes.

Guerra contro l’ Europa

. La volontà di guerra si diffuse rapidamente sia tra i monarchici, che speravano di restaurare l’Ancien Régime, sia tra i girondini, che volevano un trionfo decisivo sulle forze reazionarie nazionali ed estere. Fra i rivoluzionari si delinearono due correnti di pensiero; alcuni pensavano che la guerra indebolisse il movimento rivoluzionario, altri invece ritenevano che la stessa guerra fosse motivo di coesione nazionale. . Il 20 aprile 1792 l’Assemblea legislativa dichiarò guerra all’Austria. A causa degli errori commessi dagli alti comandi francesi, perlopiù monarchici, l’Austria riportò numerose vittorie nei Paesi Bassi austriaci. La conseguente invasione della Francia fece cadere il ministero Roland il 13 giugno e nella capitale scoppiarono disordini culminati nell’attacco alle Tuileries, la residenza reale. L’11 luglio Sardegna e Prussia entrarono in guerra contro la Francia e scattò l’emergenza nazionale; furono inviati rinforzi agli eserciti e a Parigi si raccolsero volontari da tutto il paese. Lo scontento popolare nei confronti dei girondini, raccoltisi intorno al monarca, aumentò la tensione, che degenerò in insurrezione aperta quando il duca di Brunswick minacciò di distruggere la capitale in caso di attentati contro la famiglia reale. Gli insorti assaltarono le Tuileries, massacrando le guardie del re, che si rifugiò nella sala dell’Assemblea legislativa; il re fu sospeso e imprigionato, il governo parigino deposto e sostituito da un consiglio esecutivo provvisorio dominato dai montagnardi di Georges Danton, che ben presto assunsero il controllo dell’Assemblea legislativa e indissero elezioni a suffragio universale maschile per una nuova Convenzione costituente. Il 20 settembre l’avanzata prussiana fu bloccata a Walmy. Il giorno seguente si riunì la nuova Convenzione nazionale, che proclamò l’abolizione della monarchia e la nascita della Prima Repubblica. Sebbene le principali fazioni, montagnardi e girondini, non avessero altri programmi comuni, non si sviluppò alcuna opposizione al decreto della Gironda che prometteva l’aiuto francese a tutti i popoli oppressi d’Europa, principio che di fatto avrebbe dato luogo a future annessioni. Mentre le truppe conseguivano nuove vittorie, conquistando Magonza, Francoforte sul Meno, Nizza, la Savoia e i Paesi Bassi austriaci, cresceva il conflitto all’interno della Convenzione, con la Pianura che non aveva ancora definito una precisa linea politica e oscillava tra i girondini conservatori e i montagnardi radicali, capeggiati da Robespierre, Marat e Danton. La mancanza di unità dei girondini durante il processo al re danneggiò il loro prestigio e la loro influenza alla Convenzione diminuì, anche in conseguenza delle sconfitte francesi contro l’Inghilterra e le Province Unite (1° febbraio 1793) e contro la Spagna (7 marzo), quest’ultima entrata con alcuni stati minori nella coalizione controrivoluzionaria. All’inizio di marzo, la Convenzione approvò la coscrizione di 300.000 uomini, arruolati nei vari dipartimenti, questo provocò grande malcontento nella classe contadina, poiché la leva sottraeva forza lavoro alla coltivazione dei campi. Sfruttando la resistenza opposta dai contadini della Vandea, i monarchici e il clero li spinsero alla rivolta, dando inizio alla guerra civile che si diffuse rapidamente nei dipartimenti vicini. La sconfitta francese a Neerwinden, la guerra civile e l’avanzata delle forze straniere in Francia portarono a una crisi tra i girondini e i montagnardi, che sostenevano la necessità di un’azione radicale in difesa della rivoluzione.

Il Terrore

Il 6 aprile la Convenzione istituì un nuovo organo esecutivo della repubblica, il Comitato di salute pubblica, e riorganizzò il Comitato di sicurezza generale e il tribunale rivoluzionario, inviando inoltre funzionari nei singoli dipartimenti per sorvegliare l’applicazione della legge e requisire uomini e armi. Il conflitto tra girondini e montagnardi, che prevalsero sugli stessi girondini, si acuì e il 24 giugno l’Assemblea promulgò una nuova costituzione ancora più democratica; tale documento non entrò mai in vigore perché fu completamente riformulato dai giacobini, passati il 10 luglio alla direzione del Comitato di salute pubblica. Tre giorni dopo, il radicale giacobino Jean-Paul Marat fu assassinato da Carlotta Corday, simpatizzante girondina; l’indignazione pubblica accrebbe notevolmente l’influenza giacobina. Il 27 luglio il giacobino Maximilien Robespierre entrò nel Comitato e ben presto ne assunse la guida. Aiutato da Louis Saint-Just, Lazare Carnot, Georges Couthon e altri, Robespierre ricorse a misure estreme per schiacciare qualunque tendenza controrivoluzionaria. I poteri del Comitato vennero rinnovati mensilmente dall’Assemblea nel periodo noto come il Terrore (aprile 1793 – luglio 1794). In campo militare, la repubblica dovette affrontare le potenze nemiche che avevano ripreso l’offensiva su tutti i fronti: Magonza era stata riconquistata dai prussiani, numerose città francesi erano cadute o sotto assedio, gli insorti cattolici o monarchici controllavano buona parte della Vandea e della Bretagna, mentre Caen, Lione, Marsiglia e Bordeaux erano nelle mani dei girondini. Una nuova coscrizione chiamò alle armi tutta la popolazione maschile abile, 750.000 uomini che vennero divisi in quattordici eserciti. Il Comitato di salute pubblica di Robespierre tentò di riformare la Francia secondo i concetti di umanitarismo, idealismo sociale e patriottismo; nello sforzo di istituire una “repubblica della virtù”, si enfatizzò la devozione alla nazione e alla vittoria, combattendo corruzione e ribellione. Il 23 novembre 1793, la Comune di Parigi (la prima, detta anche Comune rivoluzionaria), presto seguita in tutta la Francia, chiuse le chiese, iniziando la predicazione della religione rivoluzionaria nota come “culto della Dea Ragione”. Ciò accrebbe le differenze tra gli estremisti giacobini, guidati da Robespierre, e quelli seguaci di Jacques-René Hébert, che costituivano una forza notevole alla Convenzione e nel governo parigino. Frattanto, la campagna contro la coalizione antifrancese raccoglieva vittorie e respingeva gli invasori; contemporaneamente il Comitato di salute pubblica schiacciava le insurrezioni di monarchici e girondini.

La lotta per il potere

Il conflitto tra il Comitato e gli estremisti si risolse con l’esecuzione di Hébert e dei suoi collaboratori (24 marzo 1794); pochi giorni dopo (6 aprile) Robespierre fece giustiziare Danton e i suoi seguaci, che cominciavano a chiedere la pace e la fine del Terrore. A causa di tali rappresaglie Robespierre perse l’appoggio di molti giacobini; si diffuse il rifiuto delle eccessive misure di sicurezza imposte dal Comitato e lo scontento generale si trasformò presto in una vera cospirazione: Robespierre, Saint-Just, Couthon e altri 98 seguaci furono arrestati il 27 luglio (corrispondente al 9 termidoro II) e giustiziati il giorno seguente. Sino alla fine del 1794 l’Assemblea fu dominata dal gruppo che aveva rovesciato Robespierre ponendo fine al Terrore: i centri giacobini furono chiusi in tutta la Francia, vennero aboliti i tribunali rivoluzionari e abrogati alcuni decreti, tra cui quello che fissava il tetto massimo di prezzi e salari. Richiamati i girondini e altri delegati di destra espulsi, i termidoriani divennero fortemente reazionari, sicché nella primavera del 1795 ripresero tumulti e manifestazioni di protesta, duramente represse e seguite da rappresaglie contro i montagnardi. Nell’inverno 1794 l’esercito invase i Paesi Bassi austriaci e le Province Unite. La coalizione antifrancese si sgretolò: con il trattato di Basilea (5 aprile 1795) la Prussia e altri stati tedeschi stipularono la pace con la Francia; il 22 luglio anche la Spagna uscì dalla guerra; solo Gran Bretagna, Sardegna e Austria rimasero in guerra con la Francia. Per quasi un anno però si ebbe una situazione di tregua. La fase successiva aprì le guerre napoleoniche. La Convenzione nazionale redasse rapidamente una nuova costituzione che, approvata il 22 agosto 1795, conferiva il potere esecutivo a un Direttorio composto di cinque membri e quello legislativo a due camere, il Consiglio degli Anziani (250 membri) e il Consiglio dei Cinquecento. Il mandato di un membro del Direttorio e di un terzo del corpo legislativo doveva essere rinnovato annualmente a partire dal maggio 1797 e il voto era limitato ai contribuenti residenti da almeno un anno nel proprio distretto elettorale. La Convenzione, sempre anticlericale e antimonarchica nonostante l’opposizione ai giacobini, creò una serie di garanzie contro la restaurazione della monarchia; decretò infatti che il Direttorio e due terzi del corpo legislativo fossero scelti tra i propri membri, suscitando così la violenta insurrezione dei monarchici (5 ottobre 1795). I disordini furono sedati dai soldati guidati dal generale Napoleone Bonaparte (il futuro Napoleone I). Il 26 ottobre cessarono i poteri della Convenzione, sostituita il 2 novembre dal governo previsto nella nuova costituzione.

L’ascesa di Napoleone 

Le guerre rafforzarono il ruolo e l’influenza dell’ esercito francese. Questo era un’esercito popolare formato da: soldati di leva (legati agli ideali della rivoluzione), e ufficiali repubblicani (fedeli al governo). Negli anni della rivoluzione l’esercito fu un’ importante strumento di mobilità sociale. I giovani che vi entravano potevano percorrere rapidamente tutti i gradi della carriera militare. Un’ esempio di quanto detto fu Napoleone Bonaparte (1793 capitano, 1795 generale di brigata, 1796 comandante in capo dell’armata d’Italia). La sua popolarità aumentò moltissimo anche grazie alla campagna d’Italia. Gli altri membri del direttorio, preoccupati per la grande dimestichezza che Napoleone aveva dimostrato nella condizione della guerra e delle trattative di pace, e temendo che Napoleone potesse fare del prestigio militare una base di potere personale, lo inviarono in Egitto, vicino Alessandria. La flotta francese fu però sconfitta da quella inglese, comandata da Horatio Nelson. Appena Bonaparte tornò in patria organizzò un colpo di stato con gli esponenti delle correnti moderate mirando a mantenere i risultati politici ed economici ottenuti dalla borghesia con la rivoluzione (minacciati in quel periodo dalla sinistra e dalla destra). Il 9 novembre 1799 il generale prese il potere e la guida della Francia fu affidata a tre consoli (Bonaparte, Sieyes, Roger Ducoss). Nel dicembre del 1799 entrò in vigore una nuova costituzione, alla stesura della quale il contributo maggiore fu dato da Sieyes e Bonaparte. Furono istituite due nuove assemblee legislative i cui compiti vennero limitati alla discussione e all’ approvazione delle leggi proposte dal consiglio di stato (nominato da governo). I membri di tali assemblee venivano scelti dal governo da liste formate tramite elezione. Il potere perciò era tutto nelle mani del consolato, nel quale rivestiva una carica maggiore il primo console, ruolo ricoperto da Napoleone. Bonaparte inoltre avviò un processo di centralizzazione statale. Gli strumenti dell’ opera di riordinamento furono i prefetti, messi a capo dei dipartimenti. L’intento dell’ opera era quello di salvaguardare le conquiste economiche e politiche della rivoluzione dandogli un solido fondamento giuridico. Il generale ricevette così l’appoggio dei commercianti, dei sanculotti (specialmente di estrazione borghese), dell’ esercito e dei proprietari terrieri. La grande maggioranza dei francesi era favorevole a Napoleone, soprattutto perché egli sembrava intenzionato a garantire un periodo di tranquillità. A conferma di quanto detto i trattati di pace stipulati con Austria, Stato Pontificio e Inghilterra. Grazie alla sua accresciuta popolarità e ai suoi successi politici, fu nominato nel 1802 console a vita, con il diritto di designare il suo successore. Nel 1804, dopo aver stroncato una congiura, decise di accentrare nelle sue mani tutto il potere, trasformò così la repubblica in un impero, in cui assunse la carica di Imperatore. A dicembre fu consacrato tale da Papa Pio VII.

La campagna militare in Italia

La discesa dei francesi in Italia provocò il crollo dei vecchi governi. In lombardia ne 1796 Bonaparte fondò un’ amministrazione generale che diventò un governo provvisorio. In ottobre in seguito, fu creata la Lega Lombarda. Contemporaneamente nei territori della Pianura padana fu fondata dalle città di Bologna, Modena, Reggio e Ferrara, la Confederazione cispadana, che si trasformò in una repubblica dopo tre mesi. Questa comprendeva i territori dell’Emilia e della Romagna a sud del Po. Il primo maggio del 1797 Napoleone fondò la Repubblica Cisalpina, unendo i territori della Lombardia, di Modena, di Reggio, di Massa e Carrara. Nel luglio dello stesso anno la Repubblica Cispadana fu annessa a quella Cisalpina. Nel precedente mese era nata la Repubblica Ligure, che, a differenza delle altre ebbe una costituzione propria. Il 2 gennaio del 1798 le truppe francesi entrarono a Roma, facendo prigioniero pio VI, che fu poi condotto in Francia. Nacque così la Repubblica Romana. Infine nel gennaio del 1799 le truppe francesi riuscirono ad entrare a Napoli facendo nascere così la Repubblica Partenopea. I governi formatisi con la prima discesa dei Francesi in Italia non durarono a lungo. I contadini meridionali infatti, sotto la guida del cardinale Rufo, insorsero. I Francesi dovettero così abbandonare Napoli, e a giugno la repubblica cadde. Nell’ aprile del 1799 i Francesi, battuti anche dall’ esercito austro-russo, abbandonarono la Lombardia, facendo così crollare la repubblica cisalpina. Anche la Repubblica Romana ebbe termine. Nel 1800 Bonaparte ridiscese in Italia e sconfisse gli Austriaci nella battaglia di Marengo. Egli fondò così nel 1802 la Repubblica Italiana della quale diventò presidente, trasformando così l’ antico regime in una società borghese. Con la salita al trono di Napoleone anche la Repubblica Italiana divenne un Regno. Nel 1806 i Francesi occuparono nuovamente il Regno di Napoli, sul cui trono salì Giuseppe Bonaparte, che divenne Re di Spagna nel 1808. La Sicilia presidiata dagli Inglesi, non offriva possibilità di sbarco alle truppe transalpine. Intanto mentre Napoleone discendeva in Italia per la seconda volta, nello Stato Pontificio, Pio VII era succeduto a Pio VI (1800) e aveva stabilito rapporti amichevoli con Napoleone. Ma, nel 1809, Napoleone annesse lo stato pontificio alla Francia: i rapporti già precari fra il Papa e l’ imperatore, sfociarono nella scomunica di quest’ ultimo, che rispose all’affronto subito ordinando la cattura del Papa.

Il movimento Giacobino assunse posizioni di grande rilievo durante l’avvento dei francesi in Italia. In questo movimento patriottico si riunirono uomini di tutte le parti d’Italia che lottavano per la libertà e per l’ indipendenza. L’intento dell’azione giacobina era quello di formare un opinione pubblica rivoluzionaria. Nacque così il giornale politico, strumento di propaganda e aperto dibattito. Grazie alla loro azione si diffuse inoltre l’idea di patria (come dimostra l’articolo del Salfi riguardo l’unità d’Italia come una questione di natura e tradizione).

Le campagne napoleoniche

Le numerose vittorie riportate da Napoleone sono da attribuire sia alle sue capacità strategiche, sia alla Grande Armata, formidabile strumento di battaglia, sia al corpo ufficiale e ai soldati fortemente motivati. L’Inghilterra, alleata con Russia, Austria, Svezia e Regno di Napoli, mosse guerra alla coalizione Franco-Spagnola. Nel 1805 a Trafalgar la flotta francese subì una dura sconfitta; in dicembre però Napoleone ebbe la meglio sull’ esercito Austro-Russo: venne così firmata la pa ce di Presburgo che vide la cessione del Veneto da parte dell’ Austria al Regno d’Italia. Nel 1806 i Francesi conquistarono il Regno di Napoli, sul cui trono salì Giuseppe Bonaparte. In Germania Napoleone fece sorgere la confederazione del Reno, casus belli della guerra fra Russia, Inghilterra, Svezia e Prussia contro la Francia. Alla fine la guerra si concluse con la pace di Tilsit. Dopo la vittoria la Francia operò nel seguente modo:

In Germania fondò il regno di Vestfalia, affidato a Girolamo Bonaparte.

In Olanda pose sul trono Luigi Bonaparte.

In Polonia fece nascere il Granducato di Varsavia.

Con la pace di Tilsit le guerre non erano finite, l’Inghilterra non era ancora sconfitta. Napoleone rinuncia così ad invadere l’isola per la netta superiorità della flotta inglese ma con il decreto di Berlino del 1806 ritiene di poterla colpire nei suoi interessi commerciali. Dopo aver ottenuto il consenso degli altri paesi europei impone il Blocco Continentale all’Inghilterra. Quest’ ultima imponendo la superiorità marittima che deteneva effettuò a sua volta un blocco nei mari che circondano l’ Europa, allo scopo di impedire alle navi mercantili Francesi di raggiungere l’ America e ostacolare i commerci marittimi fra i paesi Europei. Il blocco continentale ebbe come conseguenza il danneggiamento dell’economia degli alleati francesi, contrariamente all’ obiettivo prefisso di colpire gli interessi commerciali Inglesi. Il blocco fu violato per primi dagli Spagnoli, e ne conseguì un estesa guerriglia. Anche l’ Austria cercò di sottrarsi al predominio Francese, ma, sconfitta, perse le provincie Illiriche con la pace di Vienna, che vennero inglobate dalla Francia. Questa pace fu occasione dell’ alleanza matrimoniale tra Francia ed Austria. Napoleone sposò infatti Maria Luigia, raggiungendo così nel 1810 l’ apogeo della sua potenza.

La caduta

Nel 1810 la Russia violò il blocco continentale: Napoleone decise quindi di muovere guerra allo Zar Alessandro I, arruolando un esercito di circa settecentomila uomini. Nel giugno del 1812 la campagna in Russia ebbe inizio. Il 14 settembre era già a Mosca, ma il comandante russo Kutuzof adottò una tattica che avrebbe portato alla sconfitta Napoleone: evitò di affrontare i Francesi in battaglia e devastò e bruciò i terreni che si lasciavano alle spalle durante la ritirata; vennero così a mancare gli approvvigionamenti necessari ad affrontare il rigido inverno russo. A metà ottobre decise di ritirarsi, trasformando così la sua ritirata in disfatta. Nel 1813 si formò un’ altra coalizione alla quale parteciparono Inghilterra, Russia e Prussia. Nel 1814 il senato dichiarò Napoleone decaduto dalla carica di imperatore in seguito alle sconfitte di Lipsia (1813) e all’ invasione della Francia. Luigi XIII salì sul trono, mentre Napoleone veniva esiliato nell’ isola d’ Elba. Nel primo marzo del 1815 Napoleone fugge dall’ isola d’ Elba, raggiunge Parigi e si insedia al potere. Le forze europee si coalizzano nuovamente; il 18 giugno del 1815 Napoleone subisce la sconfitta decisiva a Waterloo e viene esiliato nell’ isola di S. Elena, dove muore il 5 maggio 1821.

Cambiamenti portati dalla rivoluzione 

Il risultato immediato della rivoluzione fu l’abolizione della monarchia assoluta e dei privilegi feudali. Si eliminarono la servitù, i tributi e le decime; i grandi possedimenti vennero frazionati e si introdusse un principio di equo di tassazione; con la redistribuzione delle ricchezze e dei terreni, la Francia divenne il paese europeo con il maggior numero di piccoli proprietari terrieri indipendenti. A livello sociale ed economico, si abolirono l’incarceramento per debiti e il diritto di primogenitura nell’eredità terriera, e fu introdotto il sistema metrico decimale.Napoleone portò a compimento alcune riforme avviate durante la rivoluzione: istituì la Banca di Francia, che era banca nazionale semi-indipendente e agente governativo in materia di valuta, prestiti e depositi pubblici; instaurò l’attuale sistema scolastico, centralizzato e laico; organizzò l’università e l’Institut de France; stabilì l’assegnazione delle cattedre in base a esami aperti a tutti, senza distinzioni di nascita o reddito.La riforma delle leggi provinciali e locali fu accolta nel Codice napoleonico, che rispecchiava molti principi introdotti dalla rivoluzione: uguaglianza dei cittadini davanti alla legge; proibizione della detenzione arbitraria oltre il terzo giorno dall’arresto; regolarità processuale, che prevedeva un consiglio di giudici e una giuria, la presupposizione di innocenza dell’accusato fino a prova contraria e il diritto alla difesa. In tema di religione i principi di libertà di culto e di stampa, enunciati nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo, portarono a una maggiore libertà di coscienza e al godimento dei diritti civili per protestanti ed ebrei. Furono gettate le basi per la separazione tra stato e Chiesa. Gli esiti teorici della rivoluzione si ritrovano nelle parole “liberté, égalité, fraternité”, che diventarono il vessillo per le riforme liberali in Francia e in Europa nel XIX secolo; tuttora sono parole-chiave della democrazia. Storici revisionisti, tuttavia, attribuiscono alla rivoluzione gli effetti meno positivi dell’ascesa di un sistema altamente centralizzato e spesso totalitario, e della guerra applicata su larga scala a coinvolgere intere nazioni. Altri tendono a sminuire la lotta di classe come elemento motore della rivoluzione, e a sottolineare l’importanza di fattori politici, culturali e ideologici. 

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