CATULLO LO STILE

CATULLO LO STILE


Anche dal punto di vista dello stile la poesia di Catullo si pone come innovativa. La scelta della poetica callimachea, disimpegnata e leggera (levis), contrastava con la tradizione letteraria nelle sue due componenti aulica e comica. Catullo non aveva precedenti latini, o comunque noi non siamo in grado di conoscerne i debiti.

La lingua di Catullo sembra “facile”: l’impressione è quella di una felice immediatezza. In realtà questa sensazione di scorrevolezza è dominata da un controllo retorico molto attento, tanto sapiente da scomparire nella realizzazione del testo; è l’ars prescritta dalla poetica alessandrina, il labor che sta dietro alle sudate carte: è il caso del celeberrimo carme dei baci.

Dal punto di vista lessicale, Catullo attinge a tutte le risorse della lingua. Un elemento tipico della poesia neoterica è il ricorso al sermo cotidianus, la lingua del parlato corrente: un esempio tratto ancora dal c.5 è costituito dalla scelta di basium al posto del più letterario osculum . Troviamo un proliferare di diminutivi affettivi (labella, ocelli,…), anch’essi tipici della lingua familiare.

C’è poi tutto un Catullo, decisamente mortificato dalla tradizione scolastica, che continua a considerarlo improponibile, in cui l’invettiva è cruda, lo scherzo pesante, la risata larga: e, nonostante il controllo retorico sia sempre notevole, il lessico è triviale, carnevalesco, da osteria. Al polo opposto, troviamo saggi di lingua caratterizzata da un’altissima formalizzazione letteraria (è il caso soprattutto dei carmina docta, ma non solo): neologismi, grecismi, arcaismi, toponimi peregrini, segnale della vasta doctrina del poeta, e della sua concezione elitaria della poesia, il cui destinatario è la raffinata “società degli amici”.

Un tratto tipicamente catulliano è poi la dialogicità dello stile: anche in questo caso è Traina ad aver fornito un’analisi sostanziata di precisissimi dati testuali: “Persino il monologo interiore prende forma di dialogo, non col proprio cuore o la propria anima secondo un antichissimo topos greco (comune all’epica, alla lirica, alla tragedia), ma con un se stesso sdoppiato e chiamato per nome: miser catulle…(8 occorrenze del vocativo in autoallocuzione: Orazio non ne ha nessuna)”. Sono pertanto frequentissimi i moduli dell’allocuzione diretta: pronomi di prima e seconda persona, imperativi, vocativi. Tutti segnali del fatto che “Catullo […] è un estroverso che si proietta costantemente fuori di sé, nell’amore nell’amicizia nell’odio” (Traina).