CASA SUL MARE PARAFRASI

CASA SUL MARE PARAFRASI

DI EUGENIO MONTALE

FONTE: studenti.it


Questo splendido canto della disillusione, posto quasi alla fine degli “Ossi”, di tono pacato, quasi discorsivo, che riprende l’antico luogo letterario del viaggio, fin dai primi versi ci sorprende: la nostra esistenza, come uomini, vi è implicata in modo profondo. “Il viaggio finisce qui :/nelle cure meschine che dividono/l’anima che non sa più dare un grido….”: non è difficile, per un uomo del nostro tempo, pensare che l’avventura della vita sia ormai miseramente terminata, di fronte ad un ostacolo esteriore o interiore, a un limite insorpassabile come il mare a cui quella casa si affaccia; e a poco a poco il cuore perde vigore, si immobilizza, diventa incapace anche di un solo grido di dolore. Il paradosso disperante è che la vita continua a scorrere tra le preoccupazioni meschine, monotona, insopportabilmente ripetitiva(“ora i minuti sono eguali e fissi…”; e ancora: “ Il viaggio finisce a questa spiaggia/che tentano gli assidui e lenti flussi…”). Nulla vi accade(“Nulla disvela se non pigri fumi…”) ed è raro che qualcosa compaia all’orizzonte in questa vita che va avanti pigra e fuggitiva. Questa esistenza piatta, sorda, fa svanire tutto, persino i ricordi, in una nebbia impalpabile. Dopo le immagini marine che rendono oggettiva la posizione interiore di delusione, di non attesa, di non speranza, di pigra immobilità, il poeta introduce in modo indiretto un tu generico, o più precisamente una donna che formula una domanda drammatica sulla vita, la domanda più grave: “Tu chiedi se così tutto vanisce/in questa poca nebbia di memorie;/se nell’ora che torpe o nel sospiro/del frangente si compie ogni destino”. C’è in questa richiesta come un ultimo grido soffocato del cuore, della ragione umana, che non si rassegnano al fatto che tutto finisca nel nulla, che il destino di ogni uomo sia svanire come l’onda che lentamente si infrange sugli scogli. Il poeta vorrebbe poterle dire che non è così, che c’è la salvezza. Forse qualcuno riesce a sorpassare il limite, a scoprire certezze per la vita, il senso delle cose, a raggiungere il compimento della sua umanità, della sua interiorità, non lui però. Egli vorrebbe tuttavia, prima di arrendersi al suo destino, insegnarle una “via di fuga” dalla dura realtà; ma sa che questa ipotesi di salvezza è effimera come la spuma o l’onda sul mare agitato. In uno slancio del cuore offre alla donna, quasi un pegno per il destino perché la salvi, la sua piccola speranza che Montale, stanco deluso, non sa più alimentare. Nella casa sul mare forse finisce l’avventura di due anime. Il vero tema della lirica è da un lato l’urgenza che la vita sia un viaggio reale, colmo di significato; dall’altra la contestazione dolorosa che il viaggio non ha altro esito che il nulla, perché il tempo distrugge tutto; le cose svaniscono come parvenze, si perdono le aspirazioni, le attese, le memorie, e il cuore, deluso, non è più capace di battere. Ma è possibile sfuggire alla tortura dello sbriciolarsi lento e quotidiano delle cose? Per salvarsi, afferma Montale coniando un verbo di stile dantesco, bisognerebbe poter “infinitarsi”. Solo il rapporto con il mistero infinito potrebbe dare consistenza alla vita, all’istante, potrebbe rendere positivo lo scorrere del tempo, pieno di senso, viaggio nell’aldiquà. Ma per il poeta il viaggio è finito, anzi non è mai cominciato. Montale afferma che solo un miracolo, un imprevisto potrebbe salvarci dal “non senso”, dall’oblio. Qui si ferma il poeta.

La poesia di Montale, Casa sul mare; racchiude in sé uno dei temi che più a lungo si è discusso a riguardo: il viaggio.
Il viaggio, un continuo pergrinare per oceani e per monti (facendo trapelare la consueta contrapposizione tra mare e terra) è vissuto personalmente del poeta, ma è consapevole di una fine imminente. La sua anima non riesce più a proferire alcun grido, a trasmettere emozioni e così facendo viene meno l’istinto umano della rivolta e della reazione ad una situazione che sembra limitare la libertà stessa.
Nonostante ciò i minuti “eguali e fissi” si susseguono inesorabilmente poichè la vita continua, ma l’immagine della pompa idraulica evoca una sorta di immobilità temporale dato dal suo “salir d’acqua” monotono e ripetitivo.
La vita approda come su una spiaggia, scaraventata improvvisamente dalla felicità verso orizzonti nuovi quali la dura realtà di una fine.
Il mare, visto come una vera e propria barriera non permette di vedere altrove a causa di “pigri fumi”, addirittura densi che vengono esalati dalla distesa salata. Si viene a creare una coltre di mistero, di immobilità che paiono attorniare l’autore dal tema del ricordo e da una memoria di torpori (aria migrabonde).
A questo punto compare la figura di una donna e si interroga se con la sola memoria si possano riscoprire (custodire) i sentimenti d’un tempo passato o se passando a nuova vita si dovesse ricominciare tutto daccapo e al posto della nascita si “viva” con la morte. L’autore vorrebbe rispondere a questi quesiti a proposito di destino umano, ma il tempo viene a mancare.
Il mare, con il suo moto incessante sottolinea l’avvenire incerto del destino.
L’ora che accoglierà la donna si sta avvicinando, ma solamente per coloro che credono nell’eterno(ma non per questo certamante salvezza) e grazie alla loro devota convinzione che li circonda di desideri. Montale vorrebbe rassicurarla, dirle che l’eternità è cosa certa, ma la speranza purtroppo non sempre viene considerata.
E’ disposto a rinunciare alla sua stessa “avara” speranza prima che la fanciulla parta poiché stando al mondo non si è in grado di accrescerla. La fede in questo ideale si affievolisce e per tanto è offerta alla donna in promessa a un felice fato.
Una vita mortale finisce, mentre il ritmo costante della natura continua il suo corso. Il poeta sente visivamente la donna vicina, anche se lo spirito di lei è assai lontano, non ha più alcun contatto col “finito”, ma è partita per il suo viaggio verso l’eterno.
E’ una poesia che racchiude temetiche che da sempre hanno affascinato l’uomo, ossia il concetto di finito ed infinito associato al moto delle onde del mare, di un viaggio perenne superando le barriere del tempo e dello spazio (natura).

2. analisi del testo

In questa poesia sicuramente vi è un confronto diretto tra viaggio, vita, movimento con tempo immobile, fine. Tessendo sapientemente questi due fili cinduttori si ha il risultato dell’incerto, del vago, dell’infinito che presume sia movimento per coloro che credono nell’eterno dopo la vita, che l’immobilità per i quali la morte rappresenta un capolinea definitivo. L’autore consegna alla donna la speranza nella realizzazione del suo progetto (la salvezza), ma conserva il ricordo, la memoria ove può attingere le emozioni passate rendendole presenti. Anche se la morte viene vista come fisica, una morte più sentita è quella di Montale stesso: senza la sua donna pare perso e l’unico elemento che lo salva è la memoria e la speranza che ha donato. Leggendo la poesia sembra di stare in un tempo senza tempo, ma i pensieri e i sentimenti sviluppati movimentano la scena creando un viaggio senza meta, un viaggio non alla ricerca di un sapere, ma della salvezza di noi stessi sia fisicamente che moralmente. Nella casa sul mare termina la vita di due anime. Il tema presenta da un lato la vita come viaggio reale, dall’altro la consapevolezza di un peregrinare doloroso, ma soprattuto che non produce alcun esito, poiché il tempo distriugge tutto, dai sogni, alla memoria; e l’animo deluso smette di urlare a sua volta. solamante un miracolo parrebbe dare un senso a un modo insensato.

2.2. L’elemento dominante del paesaggio è il mare e relativa acqua, “contenitore” della felicità umana. Difatti ogni volta che è citata non supporta la fine, bensì caratterizza il presente o come via di fuga (pensiero) da utilizzare in tempi successivi. Caratterizza il presente in quanto sembra che la fine di una vita non significa la morte totale del mondo, anzi, proprio perchè la natura è un continuo cambiamento non deve cessare, ma perseguire inesorabile il suo cammino secondo i ritmi degli altri elementi.
Altro elemento è la nebbia di memorie, custode di una vita passata e perciò, quando viene evocata è presente rendendo vive le emozioni, ma regredendo di volta in volta.
L’esistenza piatta sembra far svanire tutto, anche i ricordi felici in una nebbia impalpabile. Montale vive quel contesto come isolato dal mondo, dal suo percorso di vita che sta terminando nonostante la monotonia e la ripetizione del ciclo vitale.

2.3. L’immagine idraulica è proiettata in una dimensione immobile, dove il tempo scorre con estrema lentezza e i minuti passano a rilento proprio come se si stabilisse una congruenza con il mvimento meccanico della pompa. Inoltre questo ritmo monotono è associato alle pulsazioni del cuore umano che scandisce le ore come se fosse un orologio ticchettante (a tratti un cigolio). I riferimanti precisi, tipici della prima produzione servono a darci dettagli realistici dimidochè collocare la scena in un ambito terreno nonostante l’astrattezza del contesto.

2.4. Nella terza e nella quarta vi è il dialogo tra il poeta e la donna che gli sta accanto e questo lo possiamo dedurre dall’introduzione del pronome tu. Il desiderio di Montale è quello di poter credere nell’eternità dell’uomo o che renda l’uomo immortale, ma per la sua sfiducia e il suo inconfutabile scetticismo ritiene che la salvezza e l’eternità saranno raggiunte solo da coloro che crederanno nell’infinito.
E’ per questo che Montale consegna prima di morire la sua parte di speranza per colei che ha già intrapreso l’infinito viaggio.